In una giornata di pioggia torrenziale, nella quale il nostro viaggio è accompagnato da bombe d’acqua che si alternano a secchiate rimane piacevole il panorama che ci circonda. L’Irpinia si tinge di giallo, arancio e rosso e le colline mutano e si trasformano mentre arriviamo a Solofra, ospiti quest’oggi de La taverna del principe. La fame ci precederà di diversi minuti ma grazie ad un rapido parcheggio in un centro storico pieno di strade chiuse e vicoli ciechi la raggiungiamo subito.

L’antica dimora del principe (?)
Potrebbe non aver dimorato qui un reale per davvero, questo va messo in conto, ma il locale che ospita La taverna del principe è nella stretta cerchia dei più antichi del centro storico di Solofra.
Ne è una gran prova l’alto tetto di spesse travi di legno, le mura in pietra e il gusto con cui è stato arredato.
Al nostro arrivo, infatti, noto subito all’ingresso un sistema di anticamere riconducibile un po’ a quegli chalet o agriturismi di montagna, anche tipicamente irpini, che ricordo con piacevole nostalgia.
Il nostro tavolo è quello dell’armatura, che fiera e armata di alabarda ci scruta dall’alto.
E’ probabilmente il tavolo più suggestivo e centrale, possiamo anche dire il tavolo migliore.
E’ ora di pranzo, il ristorante è ben frequentato e c’è un familiare chiacchiericcio di fondo.
Ci accomodiamo mentre ci viene subito servito un buon aglianico (Terredora Dipaolo).
Nel mentre scambiamo due parole veramente al volo con il proprietario, prima dell’arrivo degli antipasti.

Antipasti
Partiamo con dei classici: due taglieri di salumi e formaggi.
Tutti locali i diversi affettati, prosciutto, soppressata, culatello, salame…
Tutti ottimi i diversi formaggi, tra cui spicca il Carmasciano, che ritroviamo affettuosamente dopo quella visita deliziosa a Castelfranci. Da segnalare una confettura d’accompagnamento a base di peperoni e lime che è piacevolissima da abbinare a qualsiasi cosa.
Ah, degno di menzione anche un bel grasso bocconcino pregno di latte che per una volta dimostra di aver senso messo lì dov’è (ma se il bocconcino non è bello, grassoccio e pieno di latte…che lo si mette a fare in antipasto?).


A seguire due brillanti tielle, una di mallone e l’altra di fagioli e castagne.
Il mallone è fatto con 15 erbe locali (sulle 41 e passa “ufficiali” che lo compongono). Risulta molto delicato, quasi come fosse frullato (non lo è), diverso da quelle tipologie che lo vedono servito in modo molto grezzo, con le patate quasi a pezzettoni, a mò di insalata, e le foglie intere e ben riconoscibili. Son gusti, son tipologie, in ogni caso il mallone difficilmente non piacerà…
La menzione d’onore però tocca farlo al piatto plebeo…i fagioli con castagne infatti sono fenomenali.
Non so se una parte è stata frullata (anche qui) o semplicemente la lenta cottura ha creato una cremina irresistibile ma fatto sta che li divoriamo. Il loro segreto? Probabilmente il guanciale, che tagliato in pezzetti minuti ha insaporito tutto il piatto. Da leccarsi il cucchiaio.

Arriva anche una parmigianina bianca, anch’essa molto delicata (è tutto molto soave oggi, sarà l’atmosfera principesca che solleva i nostri animi!). In essa spiccano mortadella e pistacchio, e conclude la sessione degli antipasti.
I primi
La taverna del principe varia il suo menu e oggi siamo fortunati, perchè ci becchiamo tre piatti di pasta veramente al top.
Cominciamo con un onesto spaghettone con peperoncino, una sbriciolata di pane, filo d’olio e moquette di cavolfiore.
Molto buono, una variazione sul tema dello spaghetto semplice molto apprezzata.
Nella sua semplicità è un piatto che consiglio e che rimane impresso, a me è piaciuto molto.

Non posso però NON spendere parole di lode per il secondo primo, un primo farcito…
Ripieno di fontina e speck, sepolto da una cenere vulcanica al tartufo e fatto venire apposta dall’Emilia, questa pasta farcita non si sa se sia più bella o più buona.
Dalla forma che ricorda un po’ un cappio o un cappuccio da primo KKK nasconde al suo interno un’esplosione di gusto (e una probabile esplosione di calorie, siccome sazia un casino…)

Conclude la fortunata tris un fusillo avellinese con sugo di pomodoro e tarallo (di Infante) sbriciolato, in una composizione che riprende una versione già nota, ma che è stata adattata alla zona e resa pienamente locale.

La scottona sull’himalaya
Il secondo arriva su una tavola di sale incandescente, stile supermossa finale in una versione alla Tekken di Mosè, con tanto di Dieci Comandamenti scritti col fuoco. Il vitello in questo caso non è d’oro, ma è Scottona, locale, e si insaporisce e cucina lenta (ma manco così lenta) sulla piastra di sale imbrunita.

La piastra di sale permette alla carne di avere una cottura meno drastica e violenta, rispetto a quella in ghisa, è un’altra accortezza molto apprezzata da parte de La taverna del principe.
La sminuzziamo accompagnandola con gli ultimi bicchieri di aglianico, che stranamente era resistito fino alla fine.
La taverna del principe, in sintesi…
Siamo stati accolti benissimo, abbiamo notato gran cura sia nel locale, con diverse scelte stilistiche non fatte a caso, che nei piatti e nel servizio. E’ stato piacevole chiacchierare con personale e proprietario, il quale ne ha anche approfittato per dirci la sua su questo e quel prodotto, sulla scelta del locale e del tipico, senza forzature.
Sulla scelta di proporre ciò che è autentico a costo di perdere il “grande nome” sul menu, a favore del gusto e del cliente. Tutte scelte sulle quali ovviamente concordiamo.
Non voglio, tra le tante cose da dire, dimenticare anche di aver assaggiato un dolcino finale che farà gola a chi è amante del cacao: un tronchetto alle castagne.
Effettivamente il connubio tra cacao e castagne è totale, in questo vellutato dessert di stampo classico e tradizionale, che nasconde al suo interno una bella spinta decisa. Quasi da colpo fatale dopo quei 3 piatti di pasta abbondanti, ma che non potevamo esimerci dal provare.

La taverna del principe, a Solofra (AV), da tornarci. Anche perchè ho sentito che la pasta farcita a volte è a gusto carbonara…e la devo provare!