Santo Stefano del Sole (AV) ha ospitato il 25 e il 26 agosto la 50° edizione della Sagra del vitello podolico intero allo spiedo. Un incredibile traguardo raggiunto con grande abnegazione da parte del paesino dell’avellinese. Un traguardo fatto di volontari, grande lavoro e la voglia di non arrendersi allo spopolamento.

Sagra del vitello podolico intero allo spiedo
E’ sicuramente uno dei nomi più lunghi e ricordati del panorama sagre avellinese, il fatto che la denominazione sia così specifica fa sorridere, ma ci fa anche immaginare quanto si tenga a certe tradizioni. La Sagra del vitello podolico intero allo spiedo infatti riprende con costanza diversi fattori, scandendoli precisamente nel suo nome. Innanzitutto era, è e resta una sagra. Il che significa che tutto il lavoro è fatto principalmente da volontari. Amici e parenti che si raccolgono per mantenere viva una tradizione.

Il vitello è podolico. Questo ci da indizi sia sull’età della bestia, che sulle sue caratteristiche. Non è carne di manzo a caso, è un vitello podolico. E’ intero, ed è allo spiedo. Questi due dettagliucci bastano a stuzzicare la fantasia dell’avventore. Un vitello allo spiedo, intero? E come ce lo mettono?
Ce lo mettono a fatica, perchè il vitellino è una bestia di 280kg (anzi sono due vitellucci, per quasi 600kg in totale!) e soprattutto lo mettono su un marchingegno di stampo Davinciano (che ha praticamente inventato il girarrosto, quindi il tutto calza a pennello) dove la carne gira e si cuoce lentamente, fin dal mattino. Degli addetti coccolano la carne in cottura con aromi (naturali, la carne deve mantenere inalterato il più possibile il suo sapore) e aglianico, finchè non è pronta.


La lunga cottura del vitello
Sezionato in parti, parti molto grosse, il vitello viene man mano smontato e portato nella zona dedicata alla cucina. Siamo rimasti molto sorpresi nel constatare il ritmo della macchina organizzativa nelle retrovie. Parliamo di una 70ina di persone, ognuna con il suo ruolo, incastonate perfettamente in una catena di montaggio ben oliata.

Il tutto comincia con lo sminuzzamento e il taglio. Le diverse parti dell’animale vengono omaggiate agli addetti che si occupano di una specifica parte. Dal vitello, per la sagra, si producono esclusivamente due piatti: il panino e gli straccetti. Per il panino si necessitano fette sottilissime (3/4 mm, a occhio) tagliate finemente da macellai con delicate mani da pittore. Sembrava di vedere un prosciutto sotto un’affettatrice, invece era un esperto macellaio con un coltellaccio e una grossa spalla bovina sul tavolo.
Le fette sottili vengono stese e condite con sale e olio, poi vengono nuovamente ripassate (da un’altra postazione) che gli da il tocco finale atto a certificare il punto di cottura ideale per essere servite alla manifestazione.

Gli straccetti invece, come potete immaginare, sono pezzettoni un attimo più grossi, di carne più fibrosa, che tende quindi a sfaldarsi. Vengono tagliati più spessi, per non disperdersi, ma sono ugualmente delicati. Finita la trafila, che tratta due-tre postazioni diverse, oltre quella d’origine sullo spiedo, ecco che la carne arriva finalmente ai giovanissimi, che si occupano di impiattarla e servirla.

Sagra del vitello podolico intero allo spiedo, l’assaggio
Mentre eravamo in giro a scattare foto e video, attenti a non intralciare la macchina perfetta composta dallo sforzo umano dei volontari, venivamo invitati ad assaggiare qui e lì e a fare dei piccoli test.
Ed è in questo momento che Lina Feola, che ci ha voluti qui ad essere testimoni di questa magia, ci porge le nostre personali porzioni di straccetti e panini. Ci viene proposto anche un bicchiere di vino e nel mentre che si finisce di chiacchierare, prendere posto, fare le ultime foto e riguardare le clip per essere sicuri di non essersi persi niente…passa un bel po’ di tempo. Peccato, pensiamo, ormai sarà freddo.


Procediamo al morso e all’assaggio degli straccetti. Favolosi, non più bollenti ma tenerissimi, gli straccetti hanno la giusta tenacia per essere morsi e dilaniati con facilità. Il sapore è di pura carne, nient’altro, al massimo un po’ di sale. Così semplici eppure così buoni, è anche complesso descriverli senza essere banali. E il panino?
Per me il panino è la vera sorpresa. Panino morbidissimo con fettine di vitello tagliate sottili. Panino non bagnato (o comunque non inzuppato) nei succhi della carne ma che si piega comunque alla tenerezza delle fettine. La mente ricorre ai migliori esempi di carne provata in giro per il mondo, dal buonissimo pastrami del Mogg di Berlino fin alla schiena di bovino bollita e salata servita alle 10 del mattino nei vigneti del Beaujolais, durante le vendemmie settembrine a Villié-Morgon, vicino Lione.

Perchè questi esempi così specifici e altolocati? Perché la mia mente necessita di piazzare questo panino in qualche classifica mentale, e non dimenticarlo. Notate che ho citato un tramezzino fatto da alcuni tra i più raffinati esperti nell’arte del panino, e uno fatto praticamente da vignaioli. Questo perché il prodotto è, in ambedue i casi, un fine ma naturale mix di tecniche e naturale bontà del prodotto.
Vino, luci, balli e santi
C’è voluto grande coraggio e forse un po’ di beata ingenuità, per preservare questo panino nel tempo. Chissà quante mode e quante tendenze ha schivato in 50 anni. Chissà in quanti hanno proposto di arricchirlo, modificarlo, stravolgerlo. I due santi di Santo Stefano del Sole hanno vegliato sulla sua inalterabilità per dieci lustri, come fosse una reliquia.
E a proposito di santi, qui ce ne sono due. Santo Stefano, la figura che da anche il nome al paese, e San Vito Martire, che da il nome al comitato organizzativo. Probabilmente uno di loro ama gli straccetti e l’altro il panino. Passioni in realtà perfettamente conciliabili.

Conciliabili anche a un buon vino (per rimanere in tema ecclesiastico), che proviamo da Domenico Urciuoli, che molto gentilmente ci narra del suo vino e ce lo fa anche assaggiare. Vicino un gusto così delicato io ho scelto un fiano, per me ci stava da Dio (o da Santo Stefano). Chiaramente avete anche l’aglianico e diverse altre scelte. Sono disponibili anche vini di Feudi San Gregorio e Rosa Boccella, a voi la scelta!


50 anni di evento
In 50 anni la Sagra del vitello podolico intero allo spiedo ha subito diversi cambiamenti. Prima era nel piazzale della chiesa, ora per motivi logistici si è spezzettata in due-tre piazzette adiacenti.
C’è quella della chiesa, in alto, alla quale venite condotti da un corridoio di luci, c’è quella centrale dove si ritira il panino/straccetto, dove rotea il vitello sulle braci, e dove sono al lavoro tutti i volontari, e poi c’è quella immediatamente attaccata, dove si prova il vino, il caciocavallo e si prova a trovare un posto a sedere.

L’evento negli anni ha formato nugoli di appassionati. Abbiamo sentito qualcuno sbuffare per le file, vi assicuro che più veloce di così quelle persone non potevano andare. I tempi tecnici sono quelli della carne, e vanno assecondati. A proposito di cose noiose, parliamo anche di prezzi: Il panino viene 6€, gli straccetti 7€.
Quest’anno, eccezionalmente, la prima giornata dell’evento è stata affidata ai tre chef Agnes, Parisi e Mariconda. Questo risvolto è interessante e apre la strada a diverse possibilità. Ogni anno si potrebbe riprendere la sagra classica, e accostargli di fianco un’altra serata nella quale si propone qualche novità, che naturalmente rispetti e non alteri le qualità del pezzo di carne proposto. Ecco, come dicevo ieri, io tra uno straccetto e un panino con fettina…un bel sandwich con cetriolino e un po’ di senape e cipolle rosse lo proverei ben volentieri. Ve lo propongo sotto la benedizione di San Falco (che comunque esiste). O perchè no, in versione terrina? In una mousse? In un patè? C’è un anno di tempo, pensateci!
