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Porcus Festival – Puglianello (BN) – 2023

Porcus Festival – Puglianello (BN) – 2023

Il Porcus Festival di Puglianello (BN) raccoglie l’eredità della ventennale Fest’ du Puorc’ ma oltre il nome cambia ben poco: carni locali, un gruppo organizzativo molto unito ed efficiente ( Nuovo Centro Studi Puglianello ), ricco menu e solito entusiasmo di chi attendeva con ansia questo ritorno dopo la pausa forzata.

Porcus festival, carne di maiale e pappacella
– Una delle protagoniste della serata: La carne e papaur’


La tensostruttura


Per ragioni prettamente climatiche l’evento si tiene solitamente all’interno di una tensostruttura, nulla a che fare con un semplice “capannone”, ma Puglianello ha a disposizione un castello (al momento in ristrutturazione) e una tenuta, Casa Marchitto, che funge anche da museo.

Trovandosi nella provincia di Benevento e tenendosi tra fine Febbraio e le date che ultimamente sono diventate definitive della prima metà di Marzo è facile che il meteo sia inclemente: una delle edizioni finì addirittura sotto la neve.


La tensostruttura resiste alle intemperie, mantiene il calore ed è estremamente ampia (può ospitare turnazioni di 650 persone), le uniche ovvie controindicazioni sono il risentirne dell’acustica (il suono non venendo assorbito da nulla ovviamente rimbomba) e quando si bracia duro e il vento è contro parte del fumo può creare una cappa.


Le tipicità


Tutti i piatti più apprezzati della provincia beneventana sono presenti in menu, il più caratteristico è forse la Carn e papaur, una variante locale della sfrionzola (o viceversa) che presenta una forte nota d’aceto, la presenza delle pappaccelle, che hanno un sapore più carico rispetto al normale peperone, e l’assenza categorica di patate. La versione con patate, nei dintorni, è nota come pentolaccia.
Urge una mappatura della sfrionzola e delle sue varianti.

Porcus festival, carn e papaur
– Che sia chiara l’assenza di patate

Non è da meno, anzi, il fegato int’ a rezza (spero di aver beccato i troncamenti), altra specialità del posto, che viene profumato solo con alloro.

Continuando con le braci a menu sono presenti anche salsiccia, pancetta e fettina.
Piatti classici da Pasquetta campana, sempre di operatori del settore, tutti del posto.
Ci teniamo a sottolineare questo aspetto poiché il festival è anche un modo per esprimere la natura contadina e agricola della città.

I primi


Buona scelta di primi con tre grandi classici: Gnocchi con tracchie e cotiche, Pasta fagioli e cotiche, Rigatoni alla matriciana.

Quello che ci è piaciuto di più (e che risulta anche il più venduto dell’anno) è stato il piatto con gli gnocchi. La carne naturalmente sapida va a sopperire al sale (quando si fanno 1200 piatti di pasta regolarsi con le dosi non è facile) ed è piacevole ritrovarsi nel piatto i pezzettoni di carne tenera e saporita.

Porcus festival, gnocchi
– Una collinetta di sugo di maiale


Al secondo posto di questo podio immaginario inseriamo la pasta fagioli e cotiche.
Interessante variante locale addolcita dalla presenza dei grassi del maiale, ricordava un po’ quella di Riardo (CE), del Calici al Castello. Uniforme, cottura perfetta, un bel piatto.

Puglianello, Pasta fagioli e cotiche
– Un’immagine vale più di 100 calorie


Minestra maritata ed altre specialità


Altro piatto da provare è la minestra maritata, questo sembra uscito direttamente dalle cucine del vostro agriturismo preferito (o da quelle della nonna). Sapidità perfetta, insaporito dalla carne del maiale, preparato alla perfezione anche con i gambi più spessi della pianta che nonostante ciò non sono mai coriacei. Un piatto perfettamente riuscito.

Si accompagnano alla minestra una polenta con broccoli e salsiccia e una zuppa di porri, fagioli e cotechini. Questi due piatti partono da classici della cucina contadina ma si sono evoluti all’occorrenza per completare il reparto dei secondi. La polenta mi è sempre ostica quindi sono di parte, ma la zuppa di porri è molto gradevole ed è un piatto inaspettato che potrebbe far felice l’ospite occasionale che non è avvezzo ai piatti da sagra più violenti.

Sono presenti patatine fritte, per accontentare i più piccoli, e pizza fritta con sugo di maiale.
Il sugo porta la pizza, altrimenti classica, unta il giusto e ben realizzata, su un altro livello di sapore.

Porcus Festival, pizza fritta
– Pizza fritta con sugo di maiale


Vini, taglieri e dolci


Perfino la parte alcolica è completamente del posto.
Vini e birra (artigianale) sono realizzati da aziende locali.
L’Aglianico del Taburno è della tenuta La Fortezza mentre la birra artigianale è prodotta dal birrificio Historia. Ottimi prosciutti sono anche quelli che si possono testare, affettati al momento, nell’angolo riservato ai taglieri. In questo spazio si possono acquistare anche formaggi e insaccati vari da portare a casa come souvenir.

Piccolo spazio a parte per i dolci: Grande varietà in campo quindi potete scegliere quello che vi piace di più ma se vi fidate di noi non potete non assaggiare la sbriciolona con mele e nocciola. Spaventosamente buona.

Sbriciolona
– Sbriciolona con mele e cannella

Un applauso va allo staff, molto disponibile a farci vagare in cucina, a raccontarci lo svolgimento delle varie preparazioni e a girare come un perfetto ingranaggio sia nel tenere in ordine l’ampio spazio con i tavoli sia nell’essere celeri in cucina, non abbiamo mai notato grandi file nonostante la partecipazione.


Il Nuovo Centro Studi Puglianello


Il ritorno, in quest’edizione 2023, è sicuramente un appuntamento riuscito. Il cambio di nome (e la prima collaborazione ufficiale con Il Trono di Sagre) porta bene all’evento che registra numeri soddisfacenti e permette all’associazione di far cassa in vista di diversi eventi culturali che si tengono durante l’anno.
Infatti oltre il Porcus Festival a Puglianello esistono appuntamenti che permettono a laureandi o a talenti locali di mettersi in mostra (ve ne parleremo poi sui nostri portali).

A questo si aggiunge l’immensa disponibilità e gentilezza di Francesco Di Sorbo, col quale siamo ormai in contatto da tre lunghi anni e del presidente Filippo Guarnieri, insieme a quella di tutto il resto dell’associazione.
Al prossimo festival!

– Ceci n’est pas Nuove Centro Studi Puglianello


Falco

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Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

La Tenuta Scorziello, denominata Casa Agricola, si trova a Serre (SA) e si compone di un ristorante, una struttura sul retro con B&B e piscina, un ampio giardino, utilizzato anche per eventi, orti, frutteti e animali in libertà. La quasi totalità di ciò che arriva in tavola è coltivato nei terreni della tenuta o arriva dagli animali da fattoria che la vivono. Il Trono di Sagre ravana sul posto alla scoperta delle specialità locali.

Casa Agricola Scorziello, Pollo alla cacciatora
– Il luccichio del pollo alla cacciatora


Accolti dalle oche


Nel ritorno a sorpresa del freddo marzolino ci troviamo alle 21 nel parcheggio della tenuta accolti da oche (o papere? avevano la testa sotto le ali) che sonnecchiano incuranti della brezza. Sicuramente essere accolti da animali da fattoria è sempre piacevole e trasmette immediatamente una rassicurante atmosfera da km0.

In pieno contrasto con l’aspetto rurale brilla, composta da vetro e ferro, la serra che funge da anticamera al ristorante. Le lucine si riflettono nei vetri e addobbano qualche ulivo, donando un aspetto grazioso all’ingresso volutamente spartano. In questa parte della tenuta si cena all’aperto, quando il tempo è più mite.


L’interno è contraddistinto da un saletta in realtà abbastanza intima (25 coperti circa) che conduce da un lato alla cucina, dall’altro al soppalco, che consiste in un’altra 60ina di coperti. I tavoli, in linea con l’ingresso, hanno il colore di un legno chiaro, tendente al miele. C’è legno ovunque, e questo è bene.
L’interno della scalinata è farcito di libri e di bottiglie di vino, che in realtà non avremo bisogno di aprire perchè ci si stappa un “della casa” etichettato, oltre il dignitosissimo, made in Casa Agricola Scorziello.
Per chi preferisce il bianco, c’è anche quello. Noi consci che si mangerà una bella matassona andiamo di rosso classico, per la precisione Rosso Campago IGP, come recita l’etichetta.

Le note di colore (della sala, non del vino) sono date da una stupenda parete verde petrolio, che hanno ritinteggiato perchè sapevano che è uno dei miei verdi preferiti, un carciofone che si staglia regale su una tela bianca (e che è il simbolo e il prodotto principe degli orti della tenuta) e una gigantografia dei monti che sovrastano Serre e il circondario.


“Eccelliamo nei carciofi”


Mattia Valitutto, gestore delle cucine e del locale, ci accoglie con gentilezza e ci racconta che il prodotto principale è il carciofo. Poi c’è stato spazio per specializzarsi in altro, che ci ritroveremo in tavola, ma non vi faccio spoiler. Mattia ci porta in cucina, dove annusiamo nell’aria un pollo che si crogiola felice nel suo sughetto alla cacciatora, e poi al nostro posto. Ci stappa una bottiglia e ci godiamo la calda atmosfera della sala.

Formaggi e salumi
– Occhi sul formaggio sapido!


La prima portata è un mix di antipasti caldi e freddi, un classico che raramente delude.
L’unico prodotto non locale è un prosciutto di Norcia (eccellente) perché…i maiali erano finiti!
Prima di andarsene però i suini hanno lasciato in dono capocollo e salsiccia, entrambi ottimi.

Si accompagnano ai salumi due tipologie di formaggi, tra cui un pecorino estremamente sapido che alla sola vista comincia a farmi sudare zigomi e tempie, segno che sarà ottimo, e poi una discreta sequela di terrine contenenti le più simildisparate verdure, direttamente dal loro orto.

Partiamo col dire che c’era una bietola e patate, esaltata dal loro olio Bufo, che era di una dolcezza estatica, forse forse la parte dell’antipasto che mi è piaciuta di più.


Non potevano mancare le patane cunzate con crusco briciolato, una verza e fagioli, con crusco trionfante in cima, dei piccolini carciofini sottolio, dei carciofi, caldi, un po’ sminuzzati (buonissimi!).
Dosi umane, non atte a metterci in ginocchio fin dalle prime spiluccate, ma comunque un gran bel set!


Tanto per cambiare…


….una matassa come primo? Perché cambiare se la adoriamo?
La matassa di Casa Agricola Scorziello è made in La Siciliana, once again.
Alla pasta di buona fattura si aggiunge il fagiolo del loro orto e il crusco, ancora lui, sempre di casa.
Peperoni cruschi e matasse, la nostra dieta non cambia.

Casa Agricola Scorziello, Matassa
– Matassa con crusco


Mattia ascolta le nostre richieste e non va oltre i 100gr, per primo.
Si, perchè anche stavolta c’è il secondo primo.
Orecchiette, fatte in cucina a mano, e ve lo scrivo perchè erano perfette e va detto, con carciofi e guanciale. Signora mia.

Incredibilmente tra le due, nonostante la voglia folle di una pasta diversa, continua a vincere (per me) la matassa. L’inestimabile valore della semplicità.

Orecchiette
– Orecchiette perfette


Proviamo anche il secondo, e per fortuna!
Il pollo alla cacciatora lo tenevamo come pensiero fisso quando l’abbiamo sbirciato appena entrati, si rivela all’altezza delle aspettative. Morbido, colmo dei suoi succhi e del suo sughetto, ideale, da mangiarne un chilata con disinvoltura.

Buona anche la sfrionzola. Classica. Patate affettate a mano e fritte, carne di maiale (sempre quelli, giustificatissimi per non averci lasciato anche il prosciutto), peperoni e una generosa dose di aceto.
Per me il secondo ingrediente principe di una gran sfrionzola è l’aceto, quindi approvo felice.

Casa Agricola Scorziello, Sfrionzola
– Sfrionzola classica


Dolce epilogo


Un altro grande classico: la torta caprese. Nonostante un brutto incidente i cui fantasmi mi rincorrono ormai da 17 anni, che mi porta spesso a evitarla, sarebbe un grosso errore in questa occasione farsela scappare. Bassa, tenerissima, dolce il giusto, ottima.

Non da meno la scomposta, il cui dolce tendente al gelato alla crema è perfetto per variare un po’.


Come si sarà capito, di questa nostra serata ci è piaciuto tutto.
Ringraziamo la gentilezza e la disponibilità di Mattia Valitutto e di Antonio Scorziello, che in questa nostra ricerca di tutti i mille sapori che può avere una matassa si sono rivelati fondamentali!


Falco

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


La Country House Felicella è a tutti gli effetti un agriturismo a gestione familiare, situato nel verde di Serradarce di Campagna (SA). Come redazione de Il Trono di Sagre non potevamo volevamo esimerci dal riapprezzarne i caldi (e abbondanti!) piatti e, in occasione della nostra collaborazione con il pastificio La Siciliana, siamo tornati a sederci, camino in vista e vino in tavola, fregandoci le mani. Oggi ci divertiamo!

Zuppa di fagioli
– Non fa più così freddo ormai, ma ad una zuppa contadina non si rinuncia…


Tutto cominciò col castrato


Gianluca Gerardi, che ha accolto con entusiasmo l’idea di questa avventura in combinato tra Il Trono di Sagre, La Siciliana e la sua Country House, ci racconta, nonostante il da farsi che lo vede apparire fugace tra cucina-camino-tavoli-esterno notte, come tutto sia iniziato e proseguito: in famiglia.

“Il castrato lo faceva già mio nonno, identico a come è oggi”

Una fase della realizzazione della celebre matassa, ad opera del pastificio La Siciliana

🔖Via Serroni 23b, Battipaglia (SA)

📞 0828 370802 / 389 789 8502

🔖 Via Galdo, 67, 84022 Campagna (SA)

📞0828 45586



E’ proprio da questo castrato, infatti, che ha origine anche la nota Sagra del Castrato al Ragù cù Maccarun r’ Zit che si tiene ogni anno in Agosto, proprio a Serradarce di Campagna. L’evento non ha più bisogno di presentazioni, dato che è amatissimo dal suo zoccolo duro di appassionati della carne nella salsa e potete apprezzarne tutti i dettagli in pagina, nel nostro calendario eventi e nelle pubblicazioni degli amici di OPERARE, l’associazione che ogni anno rimette in piedi l’evento.


Ad arrivare in tavola però è inizialmente un lungo antipasto, un misto di caldi & freddi.
Per i freddi abbiamo: salumi locali (prosciutto, pancetta…) una zucca lievemente arrostita e tagliata finissima, ottima, da bis, che ovviamente ho fatto. Speciale, sulla bruschetta arruscata alla perfezione che vi servono di fianco.

Per i caldi invece si schierano una parmigiana della mamma che è un piacere. Alta, spugnosa e fritta.
Si smorza con un mix scarole, patate e peperone crusco, ottimo bilanciamento dell’amarognolo anche nella scaletta dei piatti, in contrasto con una ben poco sapida zuppa di fagioli e cotenna.

Rigo a parte per la pizzella al carciofo, ottima, ottima…e l’involtino di verza gratinato, che è stato spettacolare. Si è sentito anche dall’entusiasmo del tavolo di fronte al nostro (“L’involtino di verza? E’ buonissimo!”)

Involtini di verza
– Involtino di verza, tra i miei piatti preferiti della serata


Carboidrati a cascata


La serata scorre gradevole all’interno del locale dall’atmosfera calda, un po’ favorita dal camino, un po’ dal legno alle pareti e un po’ dal chiacchiericcio intorno a noi, anche il vino rosso aiuta. Sta andando tutto alla perfezione, finchè lo staff, rappresentato dall’onnipresente e simpatico cameriere, non decide di end our whole career con una valanga di pasta.

Felicella, Matassa
– Un El Dorado di matassa e fagioli


Fingo impassibilità ma non appena vedo la quantità di matassa so che moriremo lì.
Perchè è bella, e sarà sicuramente anche buona, perchè la mangeremo tutta, e ci manderà KO.

Gianluca ricompare mentendo clamorosamente: “Ma saranno un 200 gr!”, menzogne, si è volati alti oltre i 150 gr a testa. Però…è questa la pasta che ha dato origine a questa serata, pastificio d’origine de La Siciliana, preparata, mantecata, esaltata, nella Felicella Country House, osservata, fotografata, divorata, digerita, da Il Trono di Sagre.
Una gran bella matassa, classica, con fagioli, un po’ di forte e crusco on top.

Felicella, Ziti
– Non fatevi ingannare, sembra una porzioncina ma la foto è stata scattata dal James Webb

Procediamo col secondo primo? Ebbene si, questa notizia, già anticipata nel mio scambio di conversazioni con Gianluca, era quel che più temevo. Per fortuna il quantitativo di ziti sarà inferiore al matassone, vero?
Sbagliato. Uguale, se non di più, piomba a centro tavola questo meteorite sciolto nel sugo, con un sapido che ci risveglia il palato, il castrato, presentissimo, si mescola al pomodoro tiratissimo e al formaggio di pecora. E’ un piatto eccellente. Altri 100gr e passa a testa, Corvo cede di schianto e non parlerà più per il resto della serata, traumatizzato, rivelerà poi al suo psicologo di “vedere la pasta scotta”, nei suoi incubi.

Verza e patate
– Come fa il peperone crusco a essere sempre così buono?


Tutto finì col castrato


Ormai in balia degli eventi, con almeno un’altra porzione rimasta nella tonda pirofila (ci faceva male il cuore a lasciarla lì, ma del resto ci faceva male il cuore anche letteralmente, quindi…) passiamo al castrato, assoluto, protagonista, di nuovo al centro della tavola.

All’interno del piatto, sotto dune di sugo, in trincea, anche delle bracioline.
Nonostante la sazietà raggiunta tre piatti fa è ancora una volta impossibile non lasciarsi risvegliare per un attimo il vulio dal sapore carico del castrato.
Morbidissimo, si taglia col cucchiaio come fosse una ganache al maiale.

Il segreto? Pare essere solo una lenta cottura, ben controllata, per un minimo di 4 ore, in passata paesana, fatta in casa.
Delusi? Al contrario, la semplicità sa sorprendere.
Non c’è bisogno di orpelli quando la materia prima è ottima, è la lezione più vecchia della cucina.

Felicella, castrato
– La rupe dei Re, al sugo

Si può anche uscirne con le ossa rotte, ma lo spazio per il dolcino ci sarà sempre.
E dalla cucina capitombola una torta di crema e amarene. Impossibile capire quale fosse il segreto della sua bontà, nascosto in pieno sole dall’apparente semplicità della stessa.
Crema gialla e avvolgente, non troppo dolce, setosa, con l’amarena spappolata che esplode e da quel tocco finale di dolce e acido, pungente. La frolla, spesso dimenticata, è protagonista quanto il ripieno, delicata, mai pesante, una conclusione eccellente.

– Ottima torta fatta in casa


Alla fine siamo talmente gonfi che c’è tempo solo per un altro mezzo litro di vino e un limoncello per Corvo, che è stato rianimato nel frattempo con i sali terapeutici dello zucchero a velo della torta.
Due chiacchiere con Gianluca e siamo pronti per lasciarci morire in una cunetta appena fuori la tenuta, con uno stranito sorriso sulle labbra.

Troviamo anche il modo per sbagliare 2 volte strada e regalarci un alienante ritorno a casa sotto le pale eoliche, in un buio terrificante.


Falco