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Sagra della lasagna e delle polpette costesi – Costa di Mercato San Severino – 2023

Sagra della lasagna e delle polpette costesi – Costa di Mercato San Severino – 2023


La Sagra della lasagna e delle polpette costesi, di Costa di Mercato San Severino (SA), si terrà dal 23 al 27 Agosto 2023 proprio nella frazione vicina all’Università di Fisciano.


Lasagna protagonista in menu


Sicuramente, come suggerisce il nome, alla Sagra della lasagna e delle polpette costesi il piatto protagonista è proprio la lasagna. Essa viene presentata con all’interno pezzettoni di salame e di polpettine, in un incrocio a tre tra bolognese, napoletana e costese.

La lasagna è molto tenera, modello dolce al cucchiaio, questa è una scelta che può piacere e non piacere.
Personalmente, per quanto apprezzi la crosticina da forno, non mi dispiace neanche questa tipologia qui (che poi è la stessa che realizzo anche io, quindi…)


La lasagna, ricca di sugo e paragonabile per consistenza quasi ad una mousse, mi è parsa più saporita dello scorso anno, e anche più farcita in generale.

Allo stesso tempo però la pasta e fagioli sembra perdere il confronto a distanza con se stessa.
Molto più brodosa di quella dell’edizione 2022, che era si povera di sale, ma che risultando molto collosa e appapocchiata risultava molto soddisfacente da buttar giù. Ricordava una Nennellesca pasta e patane.
Quella di quest’anno sembra non credere molto in sè, anche se bisogna dire che noi abbiamo pescato il primo giro di piatti, mentre è risaputo che una pasta e fagioli da il meglio quando ha il tempo di riposare.

Ho sbirciato i piatti degli altri commensali dopo qualche ora e sembrava già più rappresa. Meglio così.


Le polpette costesi


Altra coprotagonista della serata sono proprio le famose polpette costesi.
Oserei dire che sono il piatto migliore e il più riuscito (apparentemente anche quello più scelto)

L’evento ha avuto diverse difficoltà a partire per problemi logistici. Inizialmente alcune forniture sono arrivate in ritardo, dopo, inoltre, ci sono stati problemi col quadro elettrico. Per fortuna è stato tutto risolto e la friggitrice è ripartita a mille, pronta a soddisfare le tante richieste di polpette, ma questo ha fatto sì che si creasse un po’ di fila e di impazienza.

Ciò non dovrebbe più capitare, assicurando ai restanti giorni dell’evento (fino al 27 agosto), una regolare continuità delle attese.


Anche la polpetta sembra avere un piccolo upgrade. Tanto, tanto pepata, ci è sembrata farcita con più generosità rispetto allo scorso anno.
I pezzettoni di salumi all’interno sono stati una graditissima scoperta.
Ideali per un aperitivo sostanzioso faranno probabilmente impazzire gli amanti dell’oliva all’ascolana, e simili.


I panini


Lo scorso anno esaltammo alcune delle scelte della Sagra della lasagna e delle polpette costesi, tipo quella di inserire, come alternativa al panino classico da festa, quello alla milza.
Complimenti che ci sentiamo di rinnovare. Non siamo esperti di milza alla salernitana ma l’abbiamo mangiata in diverse occasioni.

La milza presentata a Costa durante la sagra risulta poco aggressiva, assolutamente non eccessiva di piccante e neanche pregna d’aceto. Molto tenera, molto umida, si adatta molto al panino inzuppando il giusto la sua mollica. Benché io sia amante di aceto e l’avrei gradita anche più cattiva, devo dire senza molte esitazioni che questo è un tocco del menu decisamente riuscito.


In alternativa potete scegliere i grandi classici di festa: Porchetta e patatine & Salsiccia e patatine.
Fra i due abbiamo scelto quello con porchetta. Sicuramente rispetto alla proposta con la milza questo tipo di panino risulta intuibilmente più secco, consigliamo qualche salsa laida per aiutarlo nella sua discesa nell’esofago.


Altre scelte in menu e intrattenimento.


Con un guizzo potete scegliere volendo anche l’impepata di cozze, ma ancora una volta vi sospingo leggermente verso il panino con la milza, che metto in un ideale tris con la lasagna e le polpette.

Vino rosso o bianco, oppure bibite. Non abbiamo assaggiato il bianco, dedicandoci piuttosto a un doppio-triplo bicchiere di rosso, che comunque si sente tutto.


Per dolci, zeppole e brioche (anche farcite al cioccolato) fritte al momento, che potete gustare pigramente mentre di fronte a voi, sul palco, passa il convegno sulla legalità e l’ambiente, argomento sempre caro al comitato organizzativo. Post convegno, in verità molto breve e conciso, è il momento dell’intrattenimento musicale. Per i più piccoli possibilità di passeggiata a cavallo e qualche giostrina colorata.

La Sagra della lasagna e delle polpette costesi ha un buon pubblico di fedelissimi.
Anche quest’anno abbiamo notato qualche migliaio di persone (2.000 nelle prime ore, ci conferma il comitato organizzativo) sciamare tra la cassa, il ritiro dei piatti e l’abbondante scelta di tavoli (sia nel campetto sportivo ben illuminato sia nello spiazzo di fronte il palco).


Da segnalare invece, e da sottolineare, la gentilezza e disponibilità dei giovanissimi.
Un’educazione sorprendente che è venuta fuori in più di un frangente. Adeguati ai loro ruoli di farcitura panini e consegna polpette, amabili anche a gestire le pressioni di gente col triplo dei loro anni che smaniava per essere servita per prima e puntualissimi anche nella pulizia certosina dei tavoli.
Davvero complimenti.

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La nocciola di Baiano, gusti e segreti – Il Trono di Sagre

La nocciola di Baiano, gusti e segreti – Il Trono di Sagre


Da un buon trentennale Baiano per gli amanti di eventi e sagre significa principalmente Festa della nocciola. Questo piccolo tesoro però condiziona più di quel che si pensa l’intero territorio di Baiano (e non solo). Estendendosi a macchia d’olio nei territori circostanti ne ha, da quando fu “scoperta”, condizionato storia, crescita ed economie, oltre ad allietarne il palato.


Baiano, un po’ di storia, dalla fondazione alla sagra


Baiano è citata per la prima volta in un documento storico del 1129. Con l’Unità d’Italia diventa centro propulsore per l’intero territorio circostante, detto “Baianese”, grazie anche alla costruzione della ferrovia Napoli/Baiano inaugurata nel 1885. Fino al 1923, Baiano è capoluogo del Mandamento e sede della Pretura, del carcere mandamentale e di altri uffici amministrativi.


Agli inizi degli anni 90′ nasce a Baiano la Festa della Nocciola, un evento che si ripete abitualmente ogni Settembre e che scandisce uno dei momenti più importanti dell’anno per tutti gli abitanti del paese irpino. Da sottolineare che dal 2019 la manifestazione è stata riconosciuta dall’Unpli (Unione Nazionale Pro Loco Italiane) quale Sagra di Qualità

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La nocciola di Baiano


La nocciola di Baiano è definita Mortarella. Si tratta di un prodotto tipico della Campania, presente a macchia d’olio su larga parte del territorio regionale. Si tratta di una particolare varietà di nocciola dal gusto intenso e dalla dimensione ridotta. Il guscio della nocciola mortarella è abbastanza sottile, di colore marrone chiaro, con lievi striature di colore più intenso e leggermente schiacciato nella parte inferiore. Il seme è molto aromatico, consistente, di colore bianco-avorio di ottimo sapore.

La Mortarella è coltivata in quasi tutte le aree corilicole campane (ad eccezione del Giffonese) per le sue pregevoli caratteristiche di idoneità alla trasformazione.


L’origine e la tradizionalità della nocciola mortarella in Campania è strettamente legata alla presenza dei noccioleti che caratterizzano il paesaggio della regione nelle aree di origine della produzione.

Ampia e nutrita documentazione prova la tradizionalità della produzione di questa nocciola e la sua storicità è contenuta nelle cronache locali.

– L’Italia è ricchissima di varietà di nocciole


Il territorio della nocciola non si arresta al solo comune di appartenenza, ma comprende anche altri comuni avellinesi come Quadrelle, Mugnano del Cardinale e la stessa Baiano; ma si estende anche a comuni del napoletano come Comiziano e Nola. A Baiano la raccolta delle nocciole è un momento molto sentito che attira i cittadini di tutte le età, i quali si riversano nelle coltivazioni per dare il via alla raccolta che, solitamente avviene a settembre. Un momento di comunità e condivisione per rivivere i ritmi di un tempo ed ascoltare i suoni della campagna. Ma la nocciola, come anticipato, è anche un motivo di festa per i baianesi.

Dolci e creme di nocciole si possono trovare durante l’evento della Festa della Nocciola

Solitamente la location è la villa comunale di Baiano. Questa è addobbata a festa con danze, spettacoli musicali e partite di calcetto. Ma la protagonista assoluta è la nocciola, presente tanto nei dolci quanto nei piatti a base di pasta e persino nei liquori. Una festa all’insegna dei prodotti tipici e del cibo genuino con i sapori di un tempo.


Tecniche di raccolta e coltivazione


Le tecniche di raccolta ormai si sono evolute e la raccolta è quasi tutta meccanizzata, ma in paese è rimasto ancora qualche piccolo agricoltore che raccoglie le nocciole alla vecchia maniera. La raccolta non è solo un periodo di di lavoro ma è un momento per riunire le famiglie, per pranzare tutti insieme in campagna, staccare dallo stress quotidiano e godersi aria pulita.

Per il territorio la nocciola è un prodotto di vanto ed è proprio intorno a questo prodotto che molte aziende focalizzano la loro produzione: come la  pasta di nocciole spalmabili, le nocciole tostate, le nocciole caramellate e il pesto di nocciola. Da oltre vent’anni la Pro Loco Baiano organizza la Festa della nocciola divenuta oramai un evento attesto da tutti. I visitatori arrivano anche da fuori regione, raggiungendo anche i ventimila partecipanti.


Le condizioni ambientali di coltura dei noccioleti destinati alla produzione devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire al prodotto che ne deriva le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono ammesse anche forme di allevamento diverse, quali il “vaso libero”, il “monocaule” (alberello), la siepe, sempre che condotte con raziocinio e nel rispetto comunque delle specifiche caratteristiche di qualità del prodotto. Il numero di piante ad ettaro non può, in ogni caso, superare il limite di 650.


Le nocciole, al momento dell’immissione al consumo, devono presentarsi sane, prive di residui antiparassitari, come per legge; difetti ammessi, riferiti al peso: impurità 0,5%, vuote 1 %, avariate 1 %, raggrinzite 3 %, cimiciato 1%.


Nocciola di Baiano, usi eccellenti al di fuori della sagra


La nocciola campana, probabilmente proprio quella coltivata nel territorio nolano-baianese, viene scoperta nel 1898 dal ristoratore viennese Joseph Manner. Costui fu l’inventore dei “wafer napolitaner“: 5 strati di sottilissima cialda, alternati a crema di nocciola proveniente dalla Campania. Nel giro di alcuni anni i Manner Napolitaner divennero famosi e, confezionati nelle tradizionali confezioni rosa, continuano ad essere uno dei prodotti più venduti dall’azienda austriaca Manner. Successivamente, le nocciole campane interessarono anche un’altro ristoratore che divenne famoso soltanto dopo: Loacker. Alfons Loacker era un pasticciere sudtirolese commercializzò il medesimo wafer con crema di nocciole, ma sotto il proprio marchio. Oggi i suoi wafer Neapolitaner non hanno bisogno di presentazioni. Così come le nocciole campane, da cui deriva la deliziosa crema.


Nocciola di Baiano, piatti tipici e ricette


Durante l’evento viene proposto un menu perfezionato negli anni, ecco alcune delle proposte più note e amate della Festa della nocciola.

  • Polpette e fonduta di nocciole
  • Pasta al pesto di nocciola
  • Straccetti di carne con crema di nocciola
  • Panino gourmet alla crema di nocciola (Panino con hamburger di vitello, provola e crema di nocciola)
– La nocciola si presta benissimo a diventare un saporito pesto per condire la pasta
– Direttamente dalla Festa della nocciola, la ricetta della pasta al pesto di nocciole
– Clicca sull’immagine per visitare il calendario e non perderti neanche un evento!

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Sagra del pomodorino datterino – San Bartolomeo in Galdo (BN)

Sagra del pomodorino datterino – San Bartolomeo in Galdo (BN)


San Bartolomeo in Galdo, piccolo comune del beneventano di 5.000 abitanti, si ritrova per le mani una vera primizia. Un’eccellenza nel campo già pregiato delle colture di nicchia: il pomodorino datterino.
La corrente amministrazione comunale, in vista del marchio De.Co (denominazioni comunali di origine) in arrivo ha scelto di onorare questo prodotto con una giornata ad esso dedicata, la Sagra del pomodorino datterino, appunto, che si è svolta sabato 19 Agosto proprio tra le strade della città.


Sagra del pomodorino datterino ed eccellenze locali


La Sagra del pomodorino datterino esalta la coltivazione tipica del comune di San Bartolomeo in Galdo. Il microclima e la conformazione del terreno di San Bartolomeo permettono infatti la coltivazione senza irrigazione, conferendo al pomodorino datterino particolare dolcezza e un alto grado zuccherino.

Arrivando sul posto infatti ci siamo goduti dall’alto un panorama collinare che si estendeva a perdita d’occhio. Sormontato da delle sceniche pale eoliche che proteggevano con le loro imponenti ombre colture, vigneti e distese dorate di grano.


Nonostante il caldo pressante degli ultimi anni, che perfino San Bartolomeo, nel suo piccolo, sta percependo, la posizione privilegiata permette al paesino di essere amabilmente spazzolato dal vento e di rimanere fresco abbastanza per favorire questo tipo di coltivazioni.

La raccolta avviene rigorosamente a mano e l’inscatolamento vi si succede molto rapidamente, mantenendo così inalterata sia la freschezza che la dolcezza del prodotto.

Povero di calorie, il datterino è ricco di sali minerali, vitamine e antiossidanti salutari per la pelle.

Il suo sapore aromatico e particolarmente dolce è l’ideale per molti piatti a base di pesce ed anche un gustoso condimento per la pasta...


Per disquisire sull’argomento la popolazione è stata invitata dal sindaco Carmine Agostinelli, tra i più convinti fautori dell’idea, ad una tavola rotonda, che in realtà era un palco quadrato, con le figure politiche più influenti sull’argomento. Non sono mancate premiazioni di personaggi locali che con il loro intervento sono riusciti a rendere questo prodotto noto al grande pubblico anche in tempi non sospetti, lontani dalla luce dei riflettori. Tra gli invitati anche il campione del mondo (oggi agricoltore) Francesco Moser.


Sagra del pomodorino datterino, il menu


Per esaltare il raffinato prodotto è stato istituito un menu degustativo dal prezzo puramente simbolico di 10€. Potete fidarvi se parliamo di prezzo simbolico. Di eventi ne giriamo e un menu così non potrebbe costare così poco neanche se fossimo nel meraviglioso, pre-apocalittico, 2019.

Il menu era così composto: Bruschetta (Con pomodorino, olio e origano). Pizzella (Pasta cresciuta fritta con passata di pomodoro datterino, parmigiano, basilico). Cavatello (Uova, Farina, Pomodoro datterino fresco, basilico). Polpetta (D’uova, parmigiano e mollica di pane) e Straccetti (Carne di vitello cotta al burro con pomodoro e basilico).


Per i nostri affezionati lettori della provincia di Salerno segnaliamo che i cavatelli non sono gli stessi nostri ma una variante della tradizione beneventana tra lo scialatiello e le trofie. Tipicissima del posto (e del vicino Molise, che vi dedica più di un evento) la Polpetta cacio e ova, di cui io, da amante folle delle polpette, non ho potuto fare a meno di invaghirmi. Gustosa nella sua semplicità anche la pizzella. Niente più di una montanarina/pizza fritta (a seconda di che provincia campana siete!) cucinata da una simpaticissima signora che nelle retrovie, mentre scattavamo le foto, ci ha ingozzato con due/tre porzioni al volo, ustionanti, tirate fuori dal pentolone a mani nude!


Sagra del pomodorino datterino, i laboratori


In parallelo al convegno e al menu degustazione è stato simpatico seguire i laboratori dedicati ai bambini. In una pace irreale fatta di sorrisi e buonumore veniva insegnato ai più piccoli tutto il processo che va dalla coltura al prodotto finito.


I bambini prendevano i pomodori dalle cassette messe a disposizione, li lavavano e (a fatica) li passavano, separandoli dalla buccia e rendendoli salsa. L’importanza di un antico rituale quasi scomparso, reso estremamente celebre da qualche generazione precedente (tutti avevamo la nonna che faceva le bottiglie!) che viene, per fortuna, ripreso. Un’idea senza dubbio apprezzabile che trasmette l’importanza di un prodotto principe del proprio territorio tramite il gioco.


Nonostante la prima edizione c’è stato un buon successo di pubblico. Già prima della fine del convegno si era formata una temibile fila ansiosa di testare la versatilità del pomodorino datterino di San Bartolomeo e di conseguenza il passo più arduo sembra esser stato compiuto con scioltezza. Alle prossime edizioni il compito di prendere quel che di buono è stato colto, passarlo e renderlo pronto per lo scaffale e la tavola. Il pomodoro è del resto un elemento che si adatta alla perfezione alle tavole di una sagra (figuarsi uno con tutte queste proprietà e qualità). Basti pensare ad eventi simili che hanno già riscosso successo. Penso a Il Bianco e la Rossa, di Rotonda (PZ), a Corbara e il Corbarino, in provincia di Salerno e al successo della Sagra del Pomodoro San Marzano DOP di Striano (NA).


Falco

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Ciccimmaretati – Stio (SA) – 2023

Ciccimmaretati – Stio (SA) – 2023

L’Associazione Culturale Il Punto rimette in scena negli immutati castagneti di Stio (SA) la classica kermesse Ciccimmaretati. Un evento che fluttua amabilmente tra la sagra, la degustazione e la fiera e che trova sempre e puntualmente un fortissimo riscontro nei suoi fan più appassionati.
L’evento quest’anno si terrà dal 17 al 23 Agosto, andiamo a vedere cosa ci aspetta!


Ciccimmaretati, le conferme


Se il 46% dei matrimoni finisce in divorzio ciò non vale per i Ciccimmaretati di Stio (SA) che stretti in un abbraccio più caldo che mai si presentano a rinnovare le loro promesse, ogni anno, nelle stesse date (o quasi) nel posto che li fece innamorare la prima volta.

Costabile Romito, uno degli organizzatori dell’evento, membro dell’Associazione Culturale Il Punto, spiega con inequivocabili parole il succo (o la zuppa) di tutto questo successo: I piatti sono sempre gli stessi.


E se ingenuamente questo potrebbe creare delle perplessità, esse spariscono al primo assaggio.
Escluso il lavoro fatto come Il Trono di Sagre siamo stati all’evento già diverse volte, a distanza di parecchi anni, eppure ritroviamo sempre lo stesso riscontro e lo stesso ottimo sapore, le stesse soddisfacenti sensazioni, ogni volta che ficchiamo le posate in quei cocci lucidi.

Una delle prime volte che venni, ricordo che definii le mulegnane ‘mbuttunatesaldate con la fiamma ossidrica” poiché la resistenza eroica con cui rimanevano compatte, tenendo all’interno tutto il loro caseario ripieno, era invidibiale. Ebbene, anche ieri sera ho notato la stessa cosa. Queste melanzane non sono cotte, sono coniate. Naturalmente il gusto è eccellente, pieno, un piatto che da solo potrebbe sfamarti, assolutamente consigliato.


Ciccimmaretati, rincari sui prezzi?


Mentre in Italia l’inflazione galoppa anche la cartina tornasole più semplice da analizzare da i suoi riscontri: i prezzi sono aumentati (ancora) anche nelle nostre amate sagre (ed eventi) di paese.
Questo ce lo rivela proprio Costabile all’inizio della nostra puntuale chiacchierata.
Ma è davvero così?

Sì è davvero così, però ieri ci siamo messi un po’ col lanternino e abbiamo analizzato la situazione dal lato pratico. Ecco i prezzi:

  • Ciccimmaretati, 7€
  • Grano a’lu furno, 7€
  • Cavatelli, 7€
  • Foglie e patane cu’ lu vicci 7€
  • Mulegnane ‘mbuttunate, 7€
  • Patane a’lu furno, 7€
  • Piatto di formaggi, 6€
  • Zeppole, 4€
  • Struffoli, 4€
  • Frisilli cu’ lu méle, 3€
  • Nu poco re tutto, 5€

Oltre questa lista ci sono una 15ina di vini, ottime etichette, e del vino da tavola, rosso a 4,50€.
Ebbene, noi abbiamo preso tutto il menu, perché naturalmente siamo COSTRETTI ad assaggiare tutto per esprimere un giudizio completo. Eravamo in 4, la spesa totale sarebbe stata di 70€, per un totale di 17,50€ a testa. Con poco più di 15€ quindi mangi tutto il menu (diviso ovviamente, ma tanto da solo non ce la fai mai a superare lo scoglio del Grano a’lu furno, ti sfido personalmente!) e avevamo anche ben 2 piatti di Cavatelli + Acqua (Lete mi pare) e pane (omaggio).
Direi che è un prezzo più che accettabile, per un intero menu…
E si, vi confermo che sazia eccome!


Ciccimmaretati, il gusto inconfondibile


Come prima accennato sono rimasto molto soddisfatto dalle mulegnane, di cui sono personalmente un fanatico, ma ogni piatto era eccellente. L’ottimo bilanciamento del foglie e patate, tra la vellutata patata e la foglia che ogni tanto riemerge e fa notare la sua fibrosità, entrambe accompagnate da un tenerissimo viccio, talmente soffice che non sai se vuoi abbracciarlo o ficcarlo in una zuppa di latte…

Del cavatello ne vogliamo parlare? Ma come fanno a farlo a mano? Sono perfetti, sono callosi, sono al dente (per qualcuno anche troppo, ma io li adoro così) e mescolati col sugo, il formaggio (servito sempre nelle pratiche equivoche monodosi) e il forte sono un piatto che devi e puoi prendere 100 volte.
Come ho dichiarato prima, non è la prima volta che veniamo qui. Ci siamo stufati di provare le stesse cose? NO.

Le patate al forno meriterebbero un capitolo a parte. Altra pietanze difficile da decifrare, perfetta, con la sua crosticina bruciacchiata, morbida dentro e croccante fuori. Saporita, sembra uscita dal menu di un matrimonio del kashmir. Il prezzo sembra elevato per un piatto così, ma poi lo assaggi.
Onestamente non so dire se preferisco queste o le melanzane, e ho detto tutto.

Ottimo anche il sudatissimo e sapido formaggio, che sta li a soffrire sotto le lucine che danno vita alla classica atmosfera calda, da fiaba, e aspetta solo che il vino venga versato, per essere puntualmente dilaniato in un inevitabile supplizio di Prometeo, che si rinnova ad ogni fetta tagliata, ad ogni brindisi.


Castagnimmaretati


Non si può non accennare alla locazione. Il bosco di castagni è una scelta che da Battipaglia, a quasi 2 anni sagra dall’evento (ndF, 1 ora e 15) non sembra ideale. Poi però vengono i pullman dalla Francia e allora zitto e muto. Bisogna inerpicarsi passando da Magliano Vetere e Monteforte Cilento, per raggiungere il boschetto dorato, che però è sempre incantevole da scorgere, non appena si mette piede nell’area dell’evento.


Agghindato a festa protegge sotto la sua aura sbrilluccicante tutti i tavoli (i quali scandendo un ritmo ben preciso continuano a riempirsi, saziare e svuotarsi a oltranza, per tutto il tempo della nostra visita, per tutti i giorni dell’evento, per tutte le edizioni finora avvenute) e invita anche a fare una passeggiata tra i vari fortunati stand esterni, o di aziende amiche/fidate, che vi presenziano.

Al solito abbiamo fatto una capatina e portato a casa qualche souvenir. Carciofini sottolio, zucca, concentrato di peperone o di pomodori secchi. Insaccati, a scelta tra capocollo, pancetta, salame e soppressata, tutti nostrani. Qualcuno ha voglia di amaro o di vino? Potete scegliere tra gusti classici (zenzero, limone, frutti di bosco…) oppure novità sfiziose (amaro al caffè e limone!)


Non manca il classico artigianato. E’ stato piacevole vedere bambini del 2023 giocare con spade di legno e cavallucci con le rotelle. Suggestivo (ancora) osservare i colori delle lampade da scrivania e l’intreccio sia delle bambole fatte a mano che dei cestini di vimini. Rosmarino, miele, sapone, taglieri e bastoni da passeggio. Se avete voglia di un ricordino di Stio, sapete dove trovarlo.


Ah ma…i cicci?


Eh beh, la zuppa di cicci è sempre la solita conferma. A seconda dei gusti potrà non essere il piatto preferito del menu (ragazzi, quelle patate al forno sono roba di un altro pianeta) ma è sempre bello che sia un piatto così “semplice” (almeno in apparenza) e “povero” (almeno in origine) a rappresentare un evento così vincente. Vi ricordiamo che oltre a trovarli già pronti, serviti in tavola, potete portarveli crudi e secchi a casa per prepararli quando più vi và. Graditissimo e originale regalo, pensateci.

Vi lascio con l’augurio di una buona visita a questo gran bell’evento e la descrizione del piatto.
Ci sarà pur qualcuno che viene qui per la prima volta, no?

CICCIMMARETATI

Ingredienti: ceci, fagioli bianchi, cannellini, borlotti, lenticchie, grano, granturco, cicerchie e castagne.

Curiosità: i “ciccimmaretati” venivano preparati dalle nostre nonne il primo giorno di maggio, perché quel giorno avere sulla propria tavola tutti questi ingredienti era segno di abbondanza e si era al riparo da fame e stenti.

Falco

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Sagra del fusillo felittese – Felitto (SA) – 2023

Sagra del fusillo felittese – Felitto (SA) – 2023


La Sagra del fusillo felittese è indubbiamente una delle più note e longeve del vasto panorama di eventi campano. Se non ci fosse stata l’interruzione forzata del noto biennio volerebbe alta verso le 50 edizioni, mentre per ora si ferma “solo” a 46. Andiamo a scoprire cosa ha reso così nota questa sagra.


Il fusillo felittese


Il grande protagonista della Sagra del fusillo felittese è sicuramente il suo fusillo. Filamento lungo e molto sottile di pasta, caratterizzato dall’essere cavo all’interno. Questo perché durante la lavorazione viene velocemente spalmato e arrotolato intorno al tipicissimo ferretto, quello che gli dona la sua forma finale.

La sagra di Felitto è visitata da circa 4.000 persone al giorno (nei suoi 10 giorni classici di sagra, quest’anno dal 12 al 22 Agosto, aperti a pranzo e cena!) e posso assicurarvi che gran parte di queste sceglieranno proprio il fusillo. Per ovviare a questa incredibile richiesta diversi team di massaie e artigiane allenate tirano su tavoloni di legno gomitoli praticamente infiniti di fusilli.


Il fusillo è fin da sempre considerato il simbolo di Felitto ed il principe della sua tavola.
Durante l’evento viene servito principalmente in due modi: Al ragù di castrato oppure al ragù di vitello.

La naturale porosità del fusillo aiuta a trattenere il saporito sugo e il coccio è abbastanza abbondante da permettere tranquillamente a due persone di sfamarsi (anche se per quanto è buono ce la fai tranquillamente anche da solo)


Un vasto menu


Insieme al fusillo abbiamo naturalmente provato tutto il menu. Per provarlo vi basta fare un po’ di fila e poi accomodarvi al tavolo, dove verrà presa la vostra ordinazione. Vi consigliamo di calcolare bene i tempi, questo non è un ristorante e bisogna comprendere che non ci sarà un servizio scattante, poco male, poichè è una sagra e dovreste rilassarvi.

Tolta la classica fettina di vitello arrosto siamo rimasti piacevolmente sopresi dal gusto della salsiccia di maiale (storicamente si usa quella di cinghiale, ma per quest’anno è stata fatta un’eccezione) che arriva accompagnata da patatine fritte di fattura casalinga.


Tipico anche il ciauliello felittese (o comunque cilentano), che è composto oltre ai classici elementi della ciambotta (melanzane, peperoni, patate) anche dalla zucchina. Sorprendente la trota invece.
Presente in menu fin dalle prime edizioni, dai tempi in cui si poteva attingere senza freni dal fiume Calore, è servita cotta alla piastra. Senza impanicarvi potete rimuovere la fitta rete di spine per poi godervi la ricca polpa presente all’interno.


Ad introdurre il pasto ci pensa un antipasto misto di salumi e formaggi, con melanzana grigliata sottolio accartocciata al centro. Tutti i prodotti sono locali, tra cui l’ottimo capocollo. Siccome il sugo di castrato era già nel fusillo come secondo abbiamo preso il vitello al sugo. Morbidissimo, saporito, una delicata braciola. Le enormi ruote di pane paesano viste nelle retrovie hanno assistito tutto il pasto e le varie scarpette.


Borgo e oasi


Prima (sicuramente prima) del pasto è consigliabile fare un giretto anche nei vicoli di Felitto. La Sagra del fusillo felittese si tiene solo in un angolino (con bel panorama) adibito a cucina e tavolate, mentre il resto del paese vi aspetta per essere scoperto.


I vicoletti riportano diversi graffiti e opere reduci da eventi passati, tra cui un’ammirevole collezione di ritratti di gatti, una casa araba (o quel che ne rimane), diverse porte risalenti al medioevo, da cui si ergevano delle vere e proprie torri (di cui oggi rimangono solo le spoglie) e una tenuta che dalla sommità del paese controllava le Gole del Calore, un lungo, verde crepaccio dove scorre l’omonimo fiume e che ha dato vita a tutte le diverse oasi.


E’ possibile e consigliabile visitare le diverse oasi che si affacciano sul fiume Calore. Le oasi sono mete molto amate dal turismo locale ma anche internazionale. Sono sfruttate per campeggiare, per puro relax o per sport più o meno estremi, dal rafting al tranquillo kayaking.


Dalla sommità del Cilento


La Sagra del fusillo felittese, partorita dagli sforzi della Pro Loco, con la complicità del Comune, che le riconosce il grande merito di aver messo Felitto sulle mappe, è dunque un’ottima scusa per visitare un antico borgo rimasto praticamente bloccato nel tempo e purtroppo in avanzata fase di spopolamento. Le gole, inoltre, rendono la sosta in loco degna di essere approfondita. Tutto questo se non vi bastasse già l’ottimo fusillo!

Le possibilità sono tante. La sagra tradizionalmente, tolto qualche esperimento durante la sua lunga carriera, si è svolta quasi sempre con le stesse modalità. Sarebbe bello riuscire a coinvolgere anche tutte le bellezze che circondano Felitto, anche se ci rendiamo conto che è semplice solo a dirsi.


Falco

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Sagra del castrato al ragù – Serradarce di Campagna (SA) – 2023

Sagra del castrato al ragù – Serradarce di Campagna (SA) – 2023


La Sagra del castrato al ragù, di Serradarce di Campagna (SA), meglio conosciuta come Sagradelcastratoalragùcumaccarunrzitultimaserafusilli è un’istituzione del panorama campagnese.
La sua storia è lunga quanto il suo nome completo, andiamo a sciorinarla.


Il primo castrato


35 anni fa, nel 1988, in uno spiazzo un po’ logoro, tra le curve quasi nascoste della verde frazione di Serradarce di Campagna (SA) qualcuno decise che una specialità tutta locale avrebbe meritato un palcoscenico più ampio. Quest’idea che oggi potrebbe essere di facile concezione, in un momento storico nel quale ogni capriccio può essere trasformato in business, non era poi così banale in un contesto locale molto geloso delle proprie tradizioni.

Altro “sgarro” fu cambiare immediatamente il candidato alla castrazione dall’ovino classico al manzo, almeno per quanto riguarda l’involtino. Il manzo, oltre ad avere una preparazione più semplice poteva essere anche più facilmente apprezzabile dai visitatori non locali. La ricetta originale resta però applicata al ragù per la pasta.


La scelta delle date


Si scelsero le date, che rimasero quelle fino a oggi. Dall’8 al 13 Agosto. Si confermò il luogo, il solito spiazzo, un tempo ricoperto di terra e pietruzze, oggi pavimentato e arricchito ogni anno di un espediente che possa rendere la visita dell’avventore più piacevole. I fondi ricavati dalla somministrazione di 30 anni e passa di ragù servono e sono serviti per migliorare tutta la zona.
C’è una chiesetta (oggi sconsacrata) rimessa parzialmente a nuovo e tramutata in uno spazio destinato alle attività teatrali e alla cultura (ma che vedendola dall’interno non ho potuto non immaginare quanto avrebbe reso con un soppalco, birre alla spina, musica e un macello di gente, perché nel mio immaginario la spensieratezza è ancora legata ad un’idea di alcol e casino). Non solo gli stretti dintorni hanno beneficiato di questi lavori, perfino la morfologia della zona è cambiata. La terra è stata smossa e oggi dà vita a dei terrazzamenti ricoperti di verde e staccionate.


Il rito del castrato


Ma da dove ha origine la passione locale per il castrato? Tutto ha inizio da un rito nuziale. In quella che doveva essere una fantastica scena a cui assistere, gli sposi di una volta consumavano un pranzo nuziale proprio a base di ziti e castrato. Tutt’oggi infatti è così che il piatto si prepara. Ecco spiegato il divertente sottotitolo dei “maccarun r zit” (perché gli ziti vengono spezzati a mano, e resi maccheroni, cioè più corti).


La storia dei “fusilli l’ultima sera” è in realtà un tentativo di regalare un’alternativa altrettanto tipica, di un piatto molto in voga anche nel vicino Cilento, i fusilli appunto. Rimane uno sfizio da ultima sera perché i numeri abbondanti di visitatori che l’evento riceve non permettono una totale transizione verso il fusillo o la pasta fresca in generale. Poco male, perché nessuno ha in realtà voglia di stravolgere un piatto che è immutato nella tradizione e nella storia del posto, e che sta benissimo proprio con gli ziti con cui è nato.


La stessa locandina, bianca e rossa, storica e riconoscibilissima, rivela tutto l’atteggiamento e il modus operandi del luogo. E’ didascalica e sembra voler a tutti i costi essere chiara e non fraintendibile, poiché il cambiare una storica ricetta e renderla commerciale attirerebbe le ire dei locali, mai molto permissivi quando si va a sfiorare la propria tradizione. Ecco spiegati i divertenti sottotitoli.


Chili di ziti spezzati a mano


Chi disprezza vuol mangiare, e infatti gira che ti rigira sono proprio i locali che col tempo si sono affezionati tanto all’evento e oggi lo considerano un appuntamento irrinunciabile. E’ proprio grazie ad essi (e ad un’attenzione costante alla qualità del prodotto) che i numeri, in cucina e sulle panche, continuano a crescere nonostante la pandemia ed un’edizione sfortunata e fustigata dalla pioggia, che avrebbe tagliato le gambe a chiunque.


Abbiamo assistito di persona alla catena di spezzaggio che rendeva gli ziti della misura perfetta. Dall’altra parte, dietro una schiera di pentoloni dove il ragù sobbolliva calmo ed inesorabile, si ammorbidiva, lento lento, il castrato. Con una pesca miracolosa dal fondo del pentolone continuavano a uscire pezzettoni di carne grondanti di sugo. Alcuni di essi finiranno ad essere serviti come secondi. Altri, ridotti a pura polpa di carne, arricchiranno il famoso ragù che da il nome a tutto l’evento.


Altro elemento che compone il menu, e che da 33 anni rimane invariato, è la ciambotta.
Anche questa è una versione locale, senza patate, molto carica di melanzane, il che le dona anche un retrogusto pungente, e di friarielli (quelli salernitani, non i napoletani, occhio!)


Il menu completo


Il menu viene proposto completo (al costo di 18€), oppure si può scegliere la singola porzione e pagarla a parte. Molti optano proprio per il menu completo, che permette di assaggiare un’abbondante porzione di pasta (ancora più grande nella versione singola!), il castrato (oppure l’involtino di carne al sugo), la ciambotta, un bicchiere di vino, una pesca (per i veterani che in due colpi alla Goemon la monnano e la ficcano nel vino) e del pane per la scarpetta obbligatoria.


In alternativa, per chi magari sceglie il castrato da 33 anni e ha il guizzo di cambiare, sono presenti anche salsiccia alla piastra (ficcata in un classico panino da festa, con patatine fritte e salse) e gli arrosticini.
Al bar invece birre nazionali e qualche estera (no alla spina), amari, grappe. Vino, disponibile all’acquisto sia nel singolo bicchiere che in bottiglia (solo 4€, ovviamente della zona)

Per l’intrattenimento musicale si alternano radio con speaker e band di musica folk locale.
Lo spiazzo, che può ospitare contemporaneamente 600 persone, è composto da tavoli (ritoccati ogni anno) che però sono stati costruiti con esperienza ben 35 anni fa! Tutto in questo luogo è dedito alla sagra, ed è maturato e…rosolato…con essa proprio come un buon castrato dovrebbe essere.
L’Associazione OPERARE, che ha preso in carico l’onore e l’onere di questa tradizione, al momento presieduta da Sharon Bottiglieri, ci è parsa estremamente accogliente (e di questo non avevamo dubbi) ma anche aperta all’evoluzione di quest’evento in qualcosa di più, che esuli dai limiti imposti da uno spazio si storico e che fa parte della memoria, ma che al tempo stesso contiene a fatica l’energia e la curiosità dei tanti visitatori.

Falco

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Fusllata – Valva (SA) – 2023

Fusllata – Valva (SA) – 2023


Ogni paese ha il suo fusillo“. E’ così che spesso a Valva si comincia a stendere il discorso (e l’impasto), su quel che è la Fusllata. In questi anni di visite frequenti abbiamo capito che banalmente però non è solo questione di acqua, farina e tradizione, dev’esserci anche un’innata voglia di fare, il rispondere a una domanda che nessuno ha posto, un Perchè Sì, squillante e polifonico, che ancora una volta raduni il gruppo (Amico), gli faccia rimboccare le maniche e lasci che le porte di Valva (SA) si spalanchino sulla due giorni di pasta fatta in casa e buonumore.


La Fusllata, cosa fare appena arrivati


Un aspetto che mi piace molto del visitare lo stesso paesino, in occasione dello stesso evento, a distanza di un anno, è che c’è il tempo per scoprire sempre qualcos’altro (e più ne sappiamo, meglio ve lo raccontiamo). A Valva (SA) non scopriamo certo noi la Villa D’Ayala, ma stavolta abbiamo il tempo per visitarla.

La villa dei Marchesi d’Ayala di Valva e l’annesso parco sorgono alle pendici del Monte Marzano, territorio che fu feudo di un signore normanno Gozzolino a partire dall’anno 1108.


La visita nei giardini definiti all’italiana per la loro forma geometrica e per la disposizione di statue e siepi vi porterà via il tempo necessario a rilassarvi, in attesa che la fame cominci a chiamare.
La passeggiata nel fresco percorso fatto di lecci, magnolie ed aceri è un toccasana durante l’estate e la visita alla villa stessa non vi porterà via che qualche decina di minuti (è restituita solo in parte all’antico splendore) a meno che non incrociate Donato Torsiello, una delle due guide assegnate alla villa che sarà ben felice di illustrarvi tutti i segreti del posto.

Un’altra località da scoprire è San Biagio, piccolo promontorio dove sorge una minuta, antica cappella (appunto di San Biagio) e dal quale è possibile osservare un rilassante panorama su Valva e la valle tutta.


Fusllata, gli ultimi preparativi


In un evento come questo, dove tutto è fresco e fatto al momento (come in una smania amish c’è il rifiuto anche di usare un’impastatrice per tutte le centinaia di zeppole che vengono preparate) è normale che fino all’ultimo minuto si abbiano le mani in pasta, letteralmente.

Veniamo portati nel Fort Knox della dolciaria valvese e davanti a noi si distendono schiere di zeppole appena fritte e dorate. Il profumo di zucchero e dell’impasto cresciuto cristallizzano il momento nel tempo. Ci prendiamo qualche minuto, in religioso silenzio per non svegliare le zeppole che riposano, prima di procedere nell’altra stanza dove a sorpresa (?) troviamo un’intera squadra di allegre massaie intente a…impastare zeppole. Si esatto. Perchè, a ragione, la zeppola è richiesta e famosa quanto il fusillo stesso. A quando una Zepplata?


Il menu della Fusllata di Valva (SA) rimane perlopiù immutato, del resto i prodotti tipici e più amati sono gli stessi da sempre. Oltre zeppole e fusilli, ruolo d’onore ricoprono i taralli. Di quattro pastifici differenti, tutti cotti e tostati al forno, tutti con ombra di finocchietto (non invadente) e accompagnati da formaggi stagionati locali. Vi consiglio di prendervi un buon tavolo, una pratica litrata di vino del posto, e di goderveli in religioso silenzio, col venticello.


Spezzatino, Sfrionzola e Frittate


Nell’aria comincia a fare la voce grossa un sentore di aceto, è quello della (s)frionzola che si strugge in padella con i tocchetti di carne di maiale, questo secondo molto comune a tanti eventi del panorama estivo (in realtà va un piacere tutto l’anno) si accompagna allo spezzatino al sugo con piselli.

Quest’ultimo è tutt’altro che comune quindi anche se siete amanti dell’aceto come me magari potete (per una volta!) skippare il peperone in favore delle teneri carni dello spezzatino. Oppure, ancora, vi tenete ben saldo quel tavolo dove vi ho consigliato di scofanarvi qualche tarallo ad inizio articolo e provate entrambi i secondi, che è quel che abbiamo fatto noi.


Fate quel che vi pare ma lasciate un po’ di spazio per le patate saltate in padella, vellutate, quasi ridotte a un puré, rese suadenti e melliflue da un filo d’olio, le cui forme in apparenza porose risultano invece levigate, a ricordare le statue delle Grazie presenti nei giardini della villa (vi invito a picchiarmi dopo questo paragone).

Fate quel che vi pare (parte 2) ma non dimenticate nemmeno le frittate!
Classiche, quelle che vi fanno felici quando vengono tirate fuori a Ferragosto, alte, gialle, giallissime, di peperoni, di patate e di zucchine. Potrei vivere di frittate.


I tre fusilli della Fusllata


Mi sono lasciato per ultimo il piatto forte perché quest’anno, parere strettamente personale, c’è stato un fusillo in particolare che mi ha lasciato basito. Quello in bianco ai funghi.

L’idea era quella di prendere tutti e tre i primi, girandoceli per assaggiarli tutti.
Solo che quando comincio a macinare questo fusillo, con questa cremina, con questo formaggio, con questi funghi…non riuscivo più a staccarmi.

Corvo tronfio si tiene stretto il classico tradizionale al ragù di maiale ma deve ammettere, ammutolendosi al momento dell’assaggio, il trionfo di quello in bianco.


Chiariamo, qui parliamo di fusilli fatti a mano (“Che quest’anno avevano qualcosa di speciale“, ci aveva detto il Presidente, “merito dei grani, quest’anno erano ottimi“, ribadisce. E aveva ragione.), eccellenti in ogni probabile sugo, salsa, cremina (non a caso ce ne siamo portati dietro ben 3kg, crudi, da preparare a casuccia bella per non soffrire troppo di nostalgia), e infatti anche quello al sugo semplice e ovviamente quello al ragù di maiale erano ottimi. Solo che vince il bianco, tocca stacce. Lo reputo facilmente uno dei primi migliori provati quest’anno in tutti gli eventi dove siamo stati, e sono tanti.


Musica in piazza, con percoche


Dato che ormai cominciamo a conoscere Valva e i suoi sweet spots, mettete in lista, magari dopo cena, mentre vi sentite satolli e benevolenti, una piccola sosta nella piazzetta dove sorge il campanile. Qui con mio grade piacere troverete spesso classici della musica leggera italiana, a volume moderatamente alto, cantati ma non urlati, per godervi un momento da classica estate italiana anni 90.

E’ anche la perfetta occasione per un bicchierone di vino con percoche.
Che c’è di meglio, dopo aver cominciato la serata con vino e taralli, concluderla con vino e percoche?


Prima di andar via, classica foto di gruppo che ormai è tradizione. Smontano tutti dalle postazioni per un abbraccio di gruppo, da Gruppo Amico. Anche quest’anno è fatta, la Fusllata si è naturalmente srotolata in un altro piccolo successo.


Falco

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Sagra del mare flegrea – Acquamorta di Monte di Procida (NA) – 2023

Sagra del mare flegrea – Acquamorta di Monte di Procida (NA) – 2023


Ci sono luoghi che sembrano nati per ospitare eventi. Raramente, nonostante le bellezze naturali e artistiche che la Campania mette a disposizione, si riesce ad ottenere una concomitanza di fattori che naturalmente incornicia una festa, una sagra, in una naturale posizione tranquillamente definibile privilegiata. E’ il fortunato caso della Sagra del mare flegrea, l’evento che si ripete da 30 anni ad Acquamorta di Monte di Procida (NA), andiamo a vedere il perché…

Sagra del mare flegrea, panorama 2


Sagra del mare flegrea, panorama, chiesa e porticciolo…


La Sagra del mare flegrea si tiene ogni anno nel porticciolo di Acquamorta di Monte di Procida (NA), il Comune che come suggerisce il nome si arrocca e custodisce il promontorio di fronte l’isola di Procida.
La geografia del luogo permette estatiche esterne estive fin dai suoi stretti dintorni.

Pian piano che ci si avvicina al luogo dell’evento vedremo un accenno dei placidi panorami, della vastità dell’acqua, calma, che pian piano si tinge di arancio e rosa (consigliamo naturalmente di arrivare prima del tramonto, per gustare le due fasi della vista panoramica), del lago Miseno e del porticciolo stesso, che fa sempre un certo effetto a noi che si vive sul mare (circa…).

Approfittando del fatto che la discesa al porto viene chiusa al traffico durante i giorni dell’evento (mentre ci sono a disposizione navette gratuite che fanno su e giù continuamente) si è proposto al pubblico un walking tour molto rilassato (praticamente gratuito) che dal Municipio discende tutto il monte. Tra i pit stop a cura di Monica Carannante abbiamo la Chiesa di Santa Maria Assunta, affezionato luogo di culto e di ritrovo degli autoctoni, diversi murali di street art, viuzze che un tempo ospitavano rioni di mestieranti e mestieri ormai in disuso e cenni storici e goderecci sulle origini di alcuni devi vini tutt’oggi più apprezzati, in Campania e non solo.


Menu del mare flegreo


La Sagra del mare flegrea ci tiene a far sapere che qui le cose si fanno in un certo modo. Seppur alle spalle degli stand ci sia il solito frenetico di caos, dei tanti addetti ai lavori impegnati nelle diverse preparazioni, pronti a soddisfare le precise richieste del pubblico, è impossibile non notare una certa professionalità. Era già chiaro nelle parole di Monica Carannante, che ci ha guidato fin qui, e in quelle di Lucia Mancino, presidente dell’associazione Vivi L’Estate (che organizza l’evento).

E’ ancor più chiaro nello spuntar di cappelli da chef nei nuvoloni di vapore bollente che eruttano dalle tante, tante, postazioni schierate sull’orlo del molo. Se l’abito non fa il monaco, sicuramente il piatto fa il cuoco. Quando in pochi minuti dal nostro arrivo dietro le quinte ci viene servito un piatto di pasta bello già a vedersi, impreziosito da una fogliolina di basilico e incastonato di cozze…capisco subito che stasera ci divertiamo. Il piatto è buono quanto bello. Mi prendo il tempo necessario di fare i soliti video, clip e foto (ma giusto perché in teoria qui stiamo sempre lavorando) e poi non ci sono per nessuno.

Sagra del mare flegrea, primo piatto

Gli organizzatori ci parlano, Corvo ascolta, io fagocito. Buonissimo, c’è anche la granella (oltre i pomodorini gialli, i friggitelli miei adorati, le cozze mie adoratissime) e una cremina che è quasi una glassa e ora basta perché ci stanno 100 altri piatti ma quanto era buono questo!

Perché tanta bontà? Perchè questa postazione, insieme alle altre dedicate ai primi, sono tutte affidate a ristorazione locale, in un fruttuoso esempio di collaborazione. Chef, manovalanza e volontari sfrecciano nelle retrovie e sorprende vedere che piatti riescano a tirar fuori in una situazione che è comunque poco più, per ovvi motivi, di una cucina da campo.

A poco valgono le nostre richieste: “Una porzione diviso 2, per piacere. Dobbiamo mangiare tutto il menu!” perché puntualmente ci vengono portati due piatti di pasta, uno a testa, ad ogni giro.
Ma quanti piatti di pasta ci sono? Almeno quattro. Fatevi due conti.


Menu del mare flegreo, parte 2


Oltre il piatto sopra descritto abbiamo cortecce macchiate al pomodoro con cicale di mare (qui si sentiva molto il mare), una sfiziosa pasta e patate rivisitata con elementi marittimi (sempre soddisfacente come piatto, anch’esso consigliato) e delle mezze maniche al ragù di salmone! (che ho scarpettato quasi a mani nude). Tutti questi primi costano 6€ l’uno. In proporzione è il piatto più economico, vale assolutamente il suo prezzo, gettatevici a capofitto.

Cortecce con canocchie


Pepite d’alghe


Un passo oltre i primi troviamo una scena a metà tra la 1° guerra mondiale e Fantasia della Disney. Intenti a friggere pizzelle di alghe c’è chiunque, dai membri dell’amministrazione comunale a vicepresidenti di associazioni. Essi friggono imperterriti, a ritmo continuo. Ogni tanto una frittella esplode schizzando frammenti di olio bollente. In nessun evento ho mai visto così tante pentolacce sul fuoco, dedicate ad un solo alimento. Si deduce che le frittelle sono molto richieste dal pubblico. Lucia ci conferma la cosa e aggiunge che qui, ancora oggi, sono fatte con vere alghe. Assaggiamo, diciamo addio al nostro palato, scartavetrato a crudo da questo argento fuso che stiamo ingerendo e con le papille gustative che non sono state deflagrate dal calore ci rendiamo conto che si, le pizzelle sono davvero buone. Saporite e fresche, ricche di sapor del mare.

Altro stand altre soprese, a ritmo forsennato si cuociono badilate di cozze per l’impepata. Monte di Procida è famosa oltre i confini per le sue cozze, ci suggerisce qualcuno mentre gironzoliamo intorno ai pentoloni. L’attesa per me è tanta, sono capace di mangiarle a kg (ho i testimoni), a fine tour ci regaleranno una porzione abbondante (professionalità e gentilezza abbondano, ci hanno seguito ovunque come si accudisce un bambino) ma per gran sfortuna ne troviamo molte chiuse, quindi non riesco a soddisfare molto la mia gola.

Pizzelle di alghe


Frittura gigante


Sorvolando lo stand delle cozze e quello dei babà (fateci un salto) arriva la catena di montaggio della frittura di pesce azzurro. Mettiamo subito le cose in chiaro, 7€, ma nulla è lasciato al caso.
Il piatto è veramente grande. Ho visto cuoppi che erano metà di quella porzione essere venduti a quasi il doppio, sulla frittura c’è sempre una grande speculazione, di solito. Oltretutto, veniamo rassicurati, dalla pesca, alla pulizia, alla cottura, ci sono dei mast‘ di fatica che conoscono il mestiere.

Il piatto, molto vario (vedrete da foto e video) è veramente soddisfacente alla vista. A ritmi forsennati si cuoce (con diversi pentoloni dedicati a diverse parti del cuoppo, poiché ognuno ha una sua cottura precisa) e si serve, fino a esaurimento scorte. Consigliamo vivamente di assaltare questo stand per primo, perchè chi primo arriva, più pesce prende. Vi abbiamo avvisato.

Sagra del mare flegrea, frittura

Un altro utile consiglio è quello di munirvi di salviettine e fazzoletti, non fate come noi che praticamente eravamo talmente inzaccherati e appiccicosi che ci siamo praticamente lavati con l’anguria. Non chiedete oltre. Per chi non è un barbaro sono disposte delle simpatiche colonnine un po’ sbilenche (non ci date giù di piede che se vi si rivolta addosso è finita) che dispensano acqua e che sono dotate di sapone. Utilissime! Le trovate all’inizio del molo, quello che poi conduce al palco (durante la nostra visita di stava esibendo la colorita Paranza d’o Tramuntano)

Sagra del mare flegrea, babà


Dolci ed utili consigli


Vi ho accennato all’anguria (buona buona, rossa e succosa, consiglio, solo 1,50€) ma da nominare c’è anche il vino bianco. Una buona scelta per accompagnare il tutto (7€ la bottiglia).
Sotto i menu affissi nei dintorni delle casse e degli stand sono suggerite delle combo da sfruttare assolutamente. Ad esempio il menu cosiddetto San Martino comprende: Primo piatto, Pizzelle d’alghe, Pepata di cozze, bibita, anguria, dolce, caffè e bottiglia di vino. 20€. Dai ragazzi.
L’ultimo consiglio che vi diamo è quello di dare sempre un occhio alla fila per le navette, c’è un orario topico nel quale cominciano naturalmente ad andar via tutti e nonostante le navette siano ben 3 può capitare di dover aspettare anche un’ora. Marinai avvisati!

Sagra del mare flegrea, Panorama

Falco

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Fiume di vino – Castelfranci (AV) – 2023

Fiume di vino – Castelfranci (AV) – 2023


La stagione degli eventi di Castelfranci (AV) continua con Fiume di vino, dal 28 al 30 Luglio 2023.
Dopo essersi lasciati alle spalle la brillante Notte della maccaronara, che ha condotto i visitatori in un passeggio per le viuzze della cittadina, stavolta il paese irpino noto per la produzione di vino ci prende per mano e ci accompagna lungo il fiume Calore, in una suggestiva serata nella frescura di un boschetto attrezzato per l’occasione.


Fiume di vino, dove, come e perché


Fiume di vino è un’iniziativa che già in passato era stata istituita dall’amministrazione comunale, anche se con modalità leggermente diverse. Questa volta, così come nel caso delle Notti della Maccaronara, gli organizzatori si sono fatti furbi e hanno giocato le loro carte migliori.

Cominciamo dal dove: Una deliziosa area attrezzata lungo il fiume Calore, con tavoli in legno, amache, seggioline, lucine, foglioline (che erano già lì) e cantine, si tipo quella del ristorante Il Vecchio Mulino che riprendendo tempo addietro un vecchio mulino in disuso l’ha trasformato in un ristorante di successo (già noto in zona, non lo scopriamo certo noi) e che per l’evento ha aperto le cucine e prestato gli chef alla comune causa.

Appena abbiamo sentito parlare di una cantina ci siamo spinti a curiosare. La meraviglia inizia dopo pochi passi, il locale segue la discesa verso il fiume (e grazie, era un mulino…) e rivela al suo interno un’incantevole muratura. Sorvoliamo i tavoli perfettamente apparecchiati per visitare la cantina sì piccola ma sicuramente colma di interessanti etichette.


Fiume di vino, il menu


Lo stand del ristorante Il Vecchio Mulino si occuperà con il suo staff, compresa la professionale proprietà, che si adopera a mostrarci le retrovie, tra sughi che sobbollono e pasta fatta a mano che giace comoda in grandi contenitori freschi in attesa della bollitura, di un menu tradizionale fatto apposta per l’evento.

Fiume di Vino, pasta
– Immagini che puoi annusare

Oltre la nota maccaronara, che abbiamo trattato a lungo durante il racconto delle Notti della maccaronara insieme alla sua fedela compagna, la sfrionzola, stavolta abbiamo anche dei cecaluccoli.
Parenti locali dei cavatelli, vengono preparati con pomodorino giallo, salsiccia, ricotta salata e basilico.
Il piatto è ottimo, chiudi gli occhi e non diresti mai che non ti trovi in un ristorante.
Perfettamente al dente, saporito, ricco, ve lo consigliamo vivamente.

Altra pietanza proposta è il baccalà fritto. La diffusione del baccalà in paesi montani non è più una sorpresa, ben sappiamo ormai da tempo che la tradizione culinaria italiana prese in prestito dalla cultura del nord Europa l’immensa convenienza di questo pesce che sapeva mantenersi a lungo. Son notizie vecchie di secoli. Anche a Castelfranci, dunque, il baccalà fritto è piatto tipico.
Viene proposto con frittura al bacio, presentato perfettamente asciutto e senza un goccino d’unto (l’ho mangiato con le mani senza ricorrere al minimo uso di fazzoletti vari), schizzato di una cremina al peperone un po’ dolce e un po’ acida che si accompagna perfettamente al neutro ma corposo baccalà. Ottima pietanza anche questa, vivamente consigliata.


Fiume di vino…il vino.


La parola chiave dell’articolo è…VINO. Naturalmente anche in quest’occasione troviamo le migliori proposte del territorio castelfrancino (lo so che non si dice così, ma è più caruccio).
Potete scegliere da soli, se siete navigati bevitori, oppure lasciarvi consigliare in base ai vostri gusti.
E’ probabile che cadiate in piedi. Noi che siamo venuti diverse volte in zona scegliamo due bottiglie già note, Il Rasott di Cantine Boccella e il Badius di Cantine Molettieri.


Vini diversi tra loro, entrambi di nostro gusto. Non mi lancerò in descrizioni perché c’è gente che fa 8 anni di corso per parlare di vini e onestamente non sarei un narratore adeguato. Posso dirvi però da profano che il Rasott ha un che di liquoroso molto più spiccato rispetto al Badius, che si rivela molto più asciutto.
Entrambi sono ottimi, andate tranquilli.

Fiume di vino, lista etichette


Non fidatevi insomma di noi, ma del vostro gusto, o di chi sa consigliarvi.
Le cantine di Castelfranci sono tante e sono buone, sbizzarritevi a provare diverse etichette.

Nel mentre che sorseggiamo il palco comincia a scaldarsi, abbiamo del liscio, abbiamo del folk e abbiamo gruppetti felici che dopo un paio di degustazioni sentono l’esigenza di lanciarsi in pista.
Il clima è fresco e sereno, ben distante dall’incubo delle due bollenti settimane appena passate, e ci sta concedersi un giro on the concrete floor senza il timore di ritrovarsi a grondare di sudore.


Burger, salsicce e caci fumanti


Ritroviamo la stessa postazione presente anche alle Notti della Maccaronara. Se non vi va il piatto di pasta e preferite qualcosa di più disinvolto (hamburger o panino con salsiccia) o di ancora più tradizionale (caciocavallo impiccato, con tartufo o senza) questo è il posto giusto.

Il panino l’abbiamo già provato la volta scorsa e dunque già sapete che ci è piaciuto, però noi siamo degli ingordi e non diciamo mai di no, di conseguenza lo proviamo nuovamente. Purtroppo lo becchiamo ormai freddo. Questo non ci impedisce di buttar giù tutto fino all’ultima briciolina. Neanche stavolta riusciamo a provare il caciocavallo ma siamo abbondantemente sazi, sarà per la prossima.

Caciocavallo
– Qualsivoglia sia l’evento, lui non può mancare


Per tutta la nostra visita, anche se non l’ho ancora citato, siamo accompagnati da Francesco Raffaele, membro del consiglio comunale ed ex Pro Loco, che quindi ci conosce benissimo date le nostre molteplici visite in zona. Francesco ci spiega le origini dell’evento, come sia stata recuperata e ripulita la zona, che ora con i nuovi tavoli in legno, le amache, etc. possa rimanere a disposizione del pubblico, sicuramente un’iniziativa che va sottolineata. Ci accompagna anche nella scelta di un buon bicchiere e ci invita infine a fare una passeggiata nel boschetto illuminato a festa prima di andar via.


Gelato all’aglianico


E’ proprio quello che facciamo. Ma prima va assaggiato il gelato all’aglianico di The Ship, gelateria e pasticceria locale (ma non sono) che sotto dicembre propone anche un panettone all’aglianico che dobbiamo certamente provare…

Il gelatino è consigliatissimo, ci viene spiegato che dato che un gelato ha bisogno di un grande equilibrio il lato alcolico (e divertente) viene molto ammorbidito nel processo, quindi in pratica non vi ci potete ubriacare, però è davvero ottimo, non perdetevelo.

E’ finalmente il momento di addentrarci nel boschetto. Ci sono bambini che scorrazzano nella natura tentando di lanciarsi a vicenda tra fogliame e rami, di intrappolarsi nelle amache come fossero mosche in una ragnatela, un piacevole caos. Adulti e aspiranti tali invece si rilassano con un buon vino facendo qualche chiacchiera nella frescura del boschetto.

Le lucine creano una bellissima atmosfera incantata, in lontananza vediamo il mulino che i faretti illuminano di blu. Se anche tutto l’evento fosse stato una scusa per rimettere a nuovo questo posto, e consegnarlo agli abitanti di Castelfranci, ne sarebbe comunque valsa la pena.


Falco

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Festa della montagna – Sicignano degli Alburni (SA) – 2023

Festa della montagna – Sicignano degli Alburni (SA) – 2023


Sicignano degli Alburni (SA) ha una grande tradizione di eventi goderecci e paesani, ospita infatti, tra le altre, una storica Sagra della castagna. La Festa della montagna era un ambizioso evento itinerante che di picco in picco transitava su Alburni e rilievi vicini. Fu istituita intorno agli anni 50′ ma sfortunatamente non ebbe seguito. La Pro Loco Monti Alburni APS, rappresentativa del comune di Sicignano, ha deciso di ripristinarla, e noi crediamo sia un’ottima idea.

Festa della montagna, cacio


Sul cucuzzolo della Festa della montagna


La festa si tiene in località San Giacomo, con la caratteristica rara in estate di avere un programma quasi esclusivamente mattutino. Visto il caldo non è una cosa che tutte le località possono permettersi ma per fortuna l’altitudine della montagna fornisce (per ora) ancora una discreta frescura.

Parcheggiamo, lasciatoci alle spalle il paese, nel fiorito campetto da calcio dove immediatamente prendiamo la navetta (3€ a/r) e ci godiamo un traballante incantevole panorama mentre percorriamo la strada stretta e sassosa.


La prima cosa che viene naturale fare mentre ci si guarda intorno, prima di mettersi a scoprire tutti i particolari dell’allestimento, è un grande, ampio respiro. Un evento nella natura è sempre caratteristico e unico, passare tra i vicoli bollenti di questa annata ad uno spazio aperto, col vento che intacca lievemente le fronde e i cespugli, è un piacevole cambiamento.

Ci viene subito incontro Carmen Orco, la presidente, con una piccola delegazione della Pro Loco. Più che parlare delle difficoltà avute a trasportare tutto su e a costruirlo da 0 (nonostante palesemente le “costruzioni” siano state tenute all’osso per lasciare il più possibile l’idea di un naturale bivacco) ci colpisce l’entusiasmo col quale ci viene esposto il programma, molto ricco, e le ambizioni dell’evento.


Il ricco programma della Festa della montagna


Il programma si molto ampio colpisce innanzitutto per la sua originalità, abbiamo Il palo della cuccagna, una dimostrazione del processo di cagliata, una gara di carico e scarico muli (con in palio selle, briglie e redini), un’area dove fare tiro con l’arco a cura degli Arcieri del Sele…e poi c’è tutta la parte gastronomica e delle escursioni programmate per il primo mattino.

Il giorno prima è stato anche composto il catuozzo. Il catuozzo è un “capannino” (sono stato già ripreso sul termine “capanno” quindi correggo il tiro) composto a incastro con ciocchi di legno e una solida base.
Dispone di diverse aperture che servono a filtrare e condurre l’aria, la stessa che alimenta il fuoco che viene acceso al suo interno. Il catuozzo viene nutrito di legna e brucia per diverse ore (anche 10, 12) lasciando infine solamente i carboni. I carboni in quest’operazione rappresentano il vero raccolto e il frutto di questo lungo e polveroso lavoro. Gli addetti li raccolgono e separano a seconda del loro stato (più grandi, più piccoli, polverizzati…) e poi sono pronti alla vendita.

Tutto il processo ci viene spiegato live, mentre viene eseguito da questa allegra famiglia che porta avanti questo antico lavoro da generazioni. Ci spiegano che sono rimasti tra gli ultimi a farlo, che si schiatta di caldo, che è pieno di polvere e fuliggine ma che “non è duro“, perché a loro piace, e lo fanno col sorriso.
Tra la polvere si intravede una trascinante allegria, mentre vengono caricati i sacchi una vangata sul terreno alza un muro di polvere che travolge quel che resta del consumato catuozzo, me, la mia intera persona e la macchina fotografica, regalandoci un’iconica scena alla Walter e Drugo intenti a dare l’ultimo saluto al povero Donny.

Festa della montagna, catuozzo


Il delirio del Palo della cuccagna


Dopo il catuozzo necessitiamo di una birra alla spina e col bicchiere appena spillato andiamo a curiosare verso la postazione degli Arcieri del Sele. Non so perchè ma l’arco è sempre stata una delle mie passioni, nonostante abbia scoccato si e no…1 volta? In un luna park in Bulgaria? Tipo ormai 8 anni fa. In ogni caso mi metto in fila nel capannello di bimbi e aspetto il mio turno. 1€, 3 frecce. C’è un piccolo tutorial su come imbracciare l’arco e come tirare. Con una prestazione sufficiente vado vicino al centro, mi bullo della mia prestazione tra i bambini e poi da un fortissimo acuto partito dal microfono sappiamo che sta per cominciare la sfida del Palo della cuccagna.


Una folla si raduna intorna al palo e lo guarda con sospetto. Non riesco a immaginare chi possa lanciarsi in tale impresa senza preparazione. Con immenso coraggio sono proprio le donne della Pro Loco ad andare per prime. Si accartocciano l’una sull’altra riuscendo a raggiungere un’altezza che equivale a quella che avrebbero avuto in piedi senza arrampicarsi. La folla apprezza.

Altri eroi e qualche bambino (almeno quelli che non scoppiano in lacrime pensando che sia una prova di maturità spartana, da vincere pena l’abbandono nel bosco) tentano l’impresa ma nessuno va molto lontano. Gli Acrobati della Cuccagna, il gruppo che direttamente da Bergamo ha allestito il palo e che lo porta in tournée in tutta Italia da una veloce dimostrazione. In pochi balzi raggiungono la cima.
E’ a questo punto che un gruppo di tuttofare (boscaioli, che però conducono anche i muli) decide di prendere in mano la situazione. Con una tecnica da sopravvissuti, attaccati alla vita, al palo, ai loro compagni, alle t-shirt, ai jeans che legati e strofinati al palo raggiungono gli 89° C, in una estenuante scalata che pare disperata fin dall’inizio…riescono finalmente a toccare il prosciutto. La folla esplode.
Non pensavo che avrei visto qualcuno riuscirci oggi.


Un ampio menu


Vedere gli altri soffrire ci ha messo un certo appetito e così dopo il palo cominciamo a provare un po’ i piatti proposti per questa Festa della montagna.
Iniziamo subito da fusilli e cavatelli. I fusilli sono buoni, al dente, col sugo fresco, mangio anche il basilico.
I cavatelli però sono veramente spaziali, in bianco con funghi e salsiccia, siamo quasi alla scarpetta fatta con le dita. Tutti e due i tipi di pasta sono tirati a mano.

Festa della montagna, fusilli

Immancabile sfrionzola, che si conferma anche quest’anno il piatto da noi più assaggiato (e siamo a metà estate!), molto saporita. Anche se la assaggio 100 volte mi piace sempre, grazie alla combo peperone+aceto che non mi stufa mai. Saltiamo il misto di carne e facciamo un assaggino sia di parmigiana bianca di zucchine, sia di ciambotta. Un menu del genere prevederebbe uno sfilatino di accompagnamento. Pieno di succhi, di oli, di sapore…

Altro must have, il caciocavallo impiccato. Di un’azienda agricola locale, risulta veramente cremoso (eh beh, è sciolto) e vellutato, avvolge il palato. Sarà stata l’aria di montagna ma ci è proprio piaciuto.
In tutto questo ammirare fiorellini che si scuotono nel vento saltano altre due birre alla spina e il vino con le percoche. Scelta di menu apprezzatissima. Per ultimo, come dolce, sbriciolona con marmellata.


Relax e tarantelle calabresi


Durante il pranzo, quando è finito il tempo delle urla di incoraggiamento al palo, e rimangono solo quelle per invitarti a prendere il ticket e farti la fila (praticamente inesistente), c’è grande relax. Famiglie e amici si godono il pasto sotto le fronde degli alberi mentre una band folk inneggia tarantelle calabresi e non.

L’evento ci è piaciuto molto. Ci siamo trattenuti volentieri fino alle 15.30, anche quando avevamo finito di fare foto e catturare video, ci siamo trattenuti anche quando non avevamo più niente da fare poiché piacevolissimo era il vivere questa giornata. Abbiamo confidato a Carmen e ai membri della Pro Loco la nostra piena soddisfazione per come si era svolto il tutto, e penso che dalle parole entusiastiche lette fin qui avrete capito anche voi quanto ci siamo divertiti. Onestamente, non vedo l’ora sia annunciata la 3° edizione.


Falco

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