Valle Degli Ulivi | Agriturismo – Contursi Terme (SA) – Tavolo Riservato
In una giornata di grazia concessaci dal clima di questi giorni ci siamo lanciati verso l’agriturismo e maneggio Valle Degli Ulivi, a Contursi Terme (SA) dove, in una vasta tenuta, si avvicendano attività all’aperto e una cucina genuina e molto tradizionale.

Com’era verde la mia valle
Avvicinandosi a destinazione si cominciano a scorgere ambo i lati della strada, che si fa sempre più piccina e tortuosa, avventurosi rigagnoli, che segnalano la presenza del Sele, e una solida e costante crescita di “verde”. Valle Degli Ulivi è infatti, come suggerisce il nome, immerso e incastonato nella sua vallata protetto da una solida muraglia di ulivi che si avvicendano a una serie di vitigni.
In questo florido spazio troviamo diverse attività alla portata di tutti. Dal maneggio, dove riposano i cavalli Maremmani di Nicola, che se ne occupa da 40 anni, alla piscina, passando per il b&b e soffermandosi, naturalmente, alle cucine dell’agriturismo.


Sorpresi dalla bella giornata a cui accennavo prima decidiamo eccezionalmente di non fracassarci immediatamente a tavola ma di fare un giro di perlustrazione sia dentro che fuori, per scattare qualche foto. Una delle cose che più mi colpiscono è il camino. Assopito docilmente al centro della stanza che fa da anticamera, preceduto da un altro forno, quello per le pizze, sembra costituito da levigati menhir e naturalmente è il perfetto punto d’appoggio per scaldarsi un po’ mentre si osservano e scorgono tutti i particolari della grande stanza.



Nonostante questa attività abbia già raggiunto i due decenni di lavoro tutta la struttura sembra restaurata di fresco, nel rispetto dell’opera originale. Apprezziamo molto il tetto in legno, le pareti in roccia e muratura e tutta una serie di dettagli “d’antiquariato” come una bilancia che a occhio sembrava complicatissima da usare e un parco amari purtroppo solo d’esposizione.
Amaro alla crema d’ananas fatto a Nola nel 1976? Come potrei non volerlo assaggiare?

Il menu del giorno
La formula adottata da Valle Degli Ulivi questa domenica è quella del menu del giorno. Questo ci toglie dall’incombenza di ogni macchinazione possibile su cosa scegliere/ordinare e ci lascia nelle mani delle cucine, benissimo così.



Per cominciare un antipasto misto tra caldi e freddi. Tra i freddi & i cool, come me, troviamo un assaggio di salumi locali (ottimo il prosciutto che si fa subito notare nel suo essere tagliato spesso e per la sua dolcezza) e di formaggio fatto direttamente in azienda (Valle Degli Ulivi è intuitivamente anche azienda agricola). Seguono poi due parmigianine (rosse) e delle zucchine all’aceto.

Chiude l’antipasto il vino della casa, naturalmente, e la menesta mmaretata.
La menesta è un piatto tradizionale della cucina napoletana, formato da foglie (cicoria, scarola, verza e volendo anche borragine) e carne di maiale. E’ un piatto tipicamente pasquale e contadino, con una lunga storia alle spalle. Molto saporita, alterna al rinfrancante sapore di minestra di verdure (all’antica ovviamente, con tutte le foglie ben distinte) la sapidità della carne di maiale (principalmente si usano parti della fronte e simili)
Bis di primi
I primi ad arrivare sono i ravioli. Ultimamente penso che abbiamo beccato almeno 10 primi consecutivi a base di ravioli, letteralmente nelle ultime 10 uscite, ma questi si fanno notare per una pasta spessa il giusto (che si sente al morso) al dente (come piace a me) e con un compatto ripieno di ricotta e formaggio. La forma leggermente minuta aiuta a finire il piatto rapidamente, molto apprezzati.

Subito dopo un piatto in apparenza semplice ma che va a colpo sicuro: una pasta e fagioli.
Curiosamente la pasta scelta per accompagnare i legumi è un’orecchietta fatta in casa.
Specifichiamo subito che, come nel caso del raviolo, la pasta fatta in casa è ottima. Si sente subito e spicca per la sua resistenza anche al morso. Nonostante l’abbinamento curioso l’orecchietta si rivela un sicuro giaciglio per il fagiolo e un po’ di forte rifinisce il tutto. Ottimo anche l’olio paesano (anche questo fatto in casa) che rifinisce il piatto.

E’ fondamentale a questo punto aprire una parentesi sulla genuinità di questo menu.
Una cucina spiccatamente casalinga, e fin qui ci siamo, che non ha bisogno di brillare per originalità poiché ha la forza della materia prima. Paradossalmente all’inizio non abbiamo avuto modo di comunicare con nessuno e quindi non sapevamo con precisione quale fosse la particolarità di ogni piatto, ci siamo dunque affidati alle nostre sensazioni e costantemente, in questa e quella portata, il gusto naturale e definito del determinato ingrediente finiva sempre per spiccare o saltar fuori da sé. Vuoi la pasta al dente, vuoi il prosciutto dolce, vuoi la minestra perfettamente bilanciata tra carne e foglie, vuoi il fagiolo carnoso e cremoso, ad ogni cucchiaiata si alzava la testa del piatto per annuire e chiederci retoricamente “Oh, ma sto fagiolo?”, sostituendo di volta in volta il protagonista del piatto e della frase, con mantenuta e costante sorpresa.
Secondo, dolce e frutta, o viceversa
I secondi sono entrambi di carne, anche in questo caso un piatto molto semplice (pollo, taglio di vitello e patate) però ottimo. Il taglio di vitello è profumato, immagino che il metodo di cottura abbia “marinato” la sua stessa carne, mentre il pollo è ben farcito di erbe aromatiche e con precisa personalità.
Mi si permetta una parentesi anche sulle patate: delle pepite.
Ottime, lucide, con una fine corazza croccante che rivela un cuore morbido e una cottura perfetta, complimenti.


Proseguendo, frutta.
Stesso discorso.
Materia prima? Ottima.
Non ho assaggiato la mela ma il mandarino rivelava un interno rosa cipria che lo faceva rassomigliare ad un confetto e si sarebbe rivelato un’ottima bomboniera, nel caso.
Anche il kiwi, succoso, polposo…era inevitabile dare un morso a qualcosa random e dire in modo solenne “Eh ma si vede che questo lo fanno loro”, perchè era evidente.


Come dolce una zuppetta in due. Buona la crema, di un dolce che non stufa e piacevole la “sfoglia”, ancora una volta equilibrata.
L’amaro (limoncello fatto in casa) lo prendiamo chiacchierando con i proprietari, che avviciniamo in un momento di pausa dalle cucine, approfittandone per fare più domande che in un accertamento della Finanza, difatti poco dopo, a pasto finito, veniamo invitati ad “andare a vedere i cavalli”.
Ti intendi di ippica?
Chi avrebbe resistito dal fare un giretto a pancia piena, coccolati dalle fronde degli alberi e da un sole piacione ? Nessuno, soprattutto se intorno a voi, a metà tra una fortunata versione del Bosco Piccolo e dei Musicanti di Brema scorazzano liberi e felici una moltitudine di creature. Gatti, gattini, polli panciuti, cani di 5-6 razze di diverse che coesistono nella pace dei sensi. Una cornice bucolica e paradisiaca. Ci viene da invidiare quei polli che ciarlano tra le radici a vista degli ulivi, o che si nascondono nei cespugli di borragine.



E’ in questo spiazzo che ci raggiunge Nicola, intento a sellare alcuni cavalli per portare in giro qualche bambino ospite della struttura. Ci racconta della sua passione e delle piacevoli passeggiate lungo il fiume, in quello che si prospetta essere il periodo ideale dell’anno (sentito? Affrettatevi.), ci rende edotti sui cavalli, splendidi animali con cui non ho molto feeling e naturalmente, al momento dei saluti, ci invita a tornare, cosa che speriamo di fare presto.

Postilla: Contaminato dalla serenità di questa oasi felice, sulla strada del ritorno, infatuatomi di alcune bianche orchidee selvatiche, mi accosto su una piazzola per coglierne alcune. Never again.
Una muta di cani incazzati come chi in fila alle poste vede arrivare quelli con la prenotazione online salta fuori da un’aia e comincia a bofonchiarmi epiteti intimidatori ai quali con professionalità e coscienza reagisco indietreggiando con rimessa rassegnazione, come si fa a quei posti di blocco che poi finiscono male e che senti in sottofondo a Un giorno in pretura. Ciò non basta. In modo canzonatorio, e aggiungerei anche vagamente sessista, uno dei cani (che tra l’altro ricordava un maestoso Bovaro del Bernese) mi pizzica con un morso il fondoschiena, invitandomi celermente a ritornarmene nella mia cittadina in quello che può essere anche visto come un’osservazione critica al nostro lavoro, ben più pungente, letteralmente, di qualche acido commento sul web.