La locandiera | Locanda – Canale di Serino (AV) – Tavolo Riservato
Su questo portale troverete solo belle storie, riguardo i pranzi/cene in Irpinia (anche perché quelle poche volte che è andata male il racconto era più nello stile del Blu Notte di Lucarelli) e la giornata di oggi non ha fatto eccezione. Ci siamo ritrovati, dietro gradito invito, a La Locandiera, a Canale di Serino (AV), un luogo quasi magico che spunta per caso, incastonato tra le abitazioni della frazione.

Incastonato
Il locale ti sorprende fin dall’inzio, quando svolti l’angolino e ti ritrovi immerse nel sole queste fronde di edera che svolazzano leggermente, e che avvolgono l’intero arco che poi dà nella piazzetta-chiostro.
Muovi i primi passi e trovi l’accesso alle varie cantine, composte ognuna con un tocco diverso e che fungono da sale per il ristorante.


Ogni sala è letteralmente addobbata. La ricchezza di particolari alle pareti (o che pende dalle pareti, come ad esempio i vari ramoscelli e fronde che pendono dal soffitto e che vanno a formare il giardino capovolto, molto suggestivo) è varia e ricca di colori. La sensazione è che niente sia fuori posto e che ogni stanza abbia così una sua distinta personalità. Ogni fogliolina è stata posata personalmente da Laura Rocco, la proprietaria, ideatrice anche di Canalarte. E’ evidente che evento e locanda si influenzino a vicenda. Nelle sale stesse aleggia anche una musica vagamente fabiesca, medievale, ma che non stona mai nè tantomeno risulta eccessiva, anzi accompagna all’interno del viaggio, come ogni dettaglio che compone la locanda.


I piatti
Ci sediamo al nostro tavolo, in posizione ideale per rimanere al fresco, in un fascio di sole rassicurante e ci viene immediatamente portato in tavola l’antipasto.
Due bruschette ai pomodori, una panzanella di pane, l’antipasto della locandiera e uno sformatino.
Visivamente c’è già di che stupirsi, spiccano i colori brillanti dell’antipasto centrale e della panzanella.

Quest’ultima è composta da saporite olive nere, quadrotti di pane, menta, sedano e zucchine marinate.
Questi tre elementi col loro sfizioso solleticare il palato rendevano il piatto gradevolmente estivo e spensierato.

Il tagliere invece contiene questi piccoli scrigni panati: Peperoni e verza ripieni (torna il caratteristico ripieno “dolce” provato anche a Caposele), torta rustica, prosciutto (particolarmente dolce e profumato), involtino di melanzana (buonissimo), crocchetta fredda di patate (ottima), formaggio al tartufo (fantastico), una ricottina aromatizzata al forno con note di limone e di miele (forse!) che non sto manco a dirvi quanto era buona e a chiudere la trilogia di portate…uno sformatino soffice estivo.

Ora, questo sformatino, nonostante la ricchezza degli altri piatti, è stato ciò che per me ha illuminato la giornata, o perlomeno la sezione antipasti. Adagiato su una fonduta di caciocavallo podolico si è rivelato davvero delicatissimo e suadente. L’ho plasmato ricoprendolo della sua stessa fonduta, godendomi ogni vellutato sentore che rilasciava. Fantastico davvero.
I primi
Un raviolo di un verde brillante ci viene portato in tavola. E’ un piccolo gioiello ricoperto di crema ai piselli, con guanciale croccante, tarallo sbriciolato e scaglie di formaggio.
Incredibilmente in teoria in questo piatto ci son ben due elementi che solitamente non apprezzo, cioè la crema di piselli e il tarallo sbriciolato, eppure il piatto è perfettamente bilanciato. La crema non è mai troppo dolce, il tarallo non infastidisce per nulla e la ricotta all’interno è ottima, perfettamente compattata in un raviolino sagacemente al dente.

Il secondo piatto è un abbondante spaghetto alla chitarra al ragù di carne e noci, con prosciutto crudo e olive verdi. Incredibilmente l’accostamento prosciutto crudo & olive è un altro elemento che solitamente tendo a gradire poco (si sottintenda che il mio “gradire poco” significa semplicemente che ci metto 40 secondi più del solito a finire il piatto) e infatti doppio Corvo, mi spazzolo via il piatto e lo lascio completamente intonso, dopo aver scarpettato quel sugo che “non mi piaceva”.
Anche in questo piatto, come nel primo, risalta la pasta molto al dente, particolare che invece gradisco e pure tanto.

Il secondo, con spettacolo
Lo chef ci concede 5 minuti di scuola di cucina quando con nostra apprezzata sorpresa ci raggiunge al tavolo per condire il baccalà. Distende una base di crema di zucchine, ci adagia il merluzzo, che ha subito precedentemente una lieve scottatura/gratinatura, pioggia di zucchine alla scapece e filo d’olio finale, a crudo. Tenta anche di darci qualche dettaglio in più ma viene travolto da due musicanti in filarmonica e tamburello che per qualche minuto creano un piacevole caos nella sala (e del resto, in pieno stile locanda!).

Questo piatto è accompagnato da delle chips (aka patane cu’ a cauzodda) che formano a mio parere un perfetto fish&chips nostrano. Mi diverto infatti a mescolare i vari sapori ricreando io stesso la composizione dello chef, ma in piccolo, sulle patate usate a mò di nachos.
Naturalmente la parte migliore è constatare come i diversi sapori e consistenze stiano perfettamente insieme, in ogni tipo di combinazione.


Dopo il secondo, terminato il vino, terminata la mela annurca e skippato il caffé, dopo delle pigre e compassate forchettate al dolce (una pastierina e un tiramisù della casa, molto particolari) abbiamo continuato a passeggiare tra le stanze della locanda fino praticamente alle 15.30, godendoci sia il sole di una giornata di grazia, sia il silenzio che veniva concesso alla piazzetta dalla sua posizione privilegiata, incastonata nel ventricolo destro di Canale, di Serino.