Tag: matassa

Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

La Tenuta Scorziello, denominata Casa Agricola, si trova a Serre (SA) e si compone di un ristorante, una struttura sul retro con B&B e piscina, un ampio giardino, utilizzato anche per eventi, orti, frutteti e animali in libertà. La quasi totalità di ciò che arriva in tavola è coltivato nei terreni della tenuta o arriva dagli animali da fattoria che la vivono. Il Trono di Sagre ravana sul posto alla scoperta delle specialità locali.

Casa Agricola Scorziello, Pollo alla cacciatora
– Il luccichio del pollo alla cacciatora


Accolti dalle oche


Nel ritorno a sorpresa del freddo marzolino ci troviamo alle 21 nel parcheggio della tenuta accolti da oche (o papere? avevano la testa sotto le ali) che sonnecchiano incuranti della brezza. Sicuramente essere accolti da animali da fattoria è sempre piacevole e trasmette immediatamente una rassicurante atmosfera da km0.

In pieno contrasto con l’aspetto rurale brilla, composta da vetro e ferro, la serra che funge da anticamera al ristorante. Le lucine si riflettono nei vetri e addobbano qualche ulivo, donando un aspetto grazioso all’ingresso volutamente spartano. In questa parte della tenuta si cena all’aperto, quando il tempo è più mite.


L’interno è contraddistinto da un saletta in realtà abbastanza intima (25 coperti circa) che conduce da un lato alla cucina, dall’altro al soppalco, che consiste in un’altra 60ina di coperti. I tavoli, in linea con l’ingresso, hanno il colore di un legno chiaro, tendente al miele. C’è legno ovunque, e questo è bene.
L’interno della scalinata è farcito di libri e di bottiglie di vino, che in realtà non avremo bisogno di aprire perchè ci si stappa un “della casa” etichettato, oltre il dignitosissimo, made in Casa Agricola Scorziello.
Per chi preferisce il bianco, c’è anche quello. Noi consci che si mangerà una bella matassona andiamo di rosso classico, per la precisione Rosso Campago IGP, come recita l’etichetta.

Le note di colore (della sala, non del vino) sono date da una stupenda parete verde petrolio, che hanno ritinteggiato perchè sapevano che è uno dei miei verdi preferiti, un carciofone che si staglia regale su una tela bianca (e che è il simbolo e il prodotto principe degli orti della tenuta) e una gigantografia dei monti che sovrastano Serre e il circondario.


“Eccelliamo nei carciofi”


Mattia Valitutto, gestore delle cucine e del locale, ci accoglie con gentilezza e ci racconta che il prodotto principale è il carciofo. Poi c’è stato spazio per specializzarsi in altro, che ci ritroveremo in tavola, ma non vi faccio spoiler. Mattia ci porta in cucina, dove annusiamo nell’aria un pollo che si crogiola felice nel suo sughetto alla cacciatora, e poi al nostro posto. Ci stappa una bottiglia e ci godiamo la calda atmosfera della sala.

Formaggi e salumi
– Occhi sul formaggio sapido!


La prima portata è un mix di antipasti caldi e freddi, un classico che raramente delude.
L’unico prodotto non locale è un prosciutto di Norcia (eccellente) perché…i maiali erano finiti!
Prima di andarsene però i suini hanno lasciato in dono capocollo e salsiccia, entrambi ottimi.

Si accompagnano ai salumi due tipologie di formaggi, tra cui un pecorino estremamente sapido che alla sola vista comincia a farmi sudare zigomi e tempie, segno che sarà ottimo, e poi una discreta sequela di terrine contenenti le più simildisparate verdure, direttamente dal loro orto.

Partiamo col dire che c’era una bietola e patate, esaltata dal loro olio Bufo, che era di una dolcezza estatica, forse forse la parte dell’antipasto che mi è piaciuta di più.


Non potevano mancare le patane cunzate con crusco briciolato, una verza e fagioli, con crusco trionfante in cima, dei piccolini carciofini sottolio, dei carciofi, caldi, un po’ sminuzzati (buonissimi!).
Dosi umane, non atte a metterci in ginocchio fin dalle prime spiluccate, ma comunque un gran bel set!


Tanto per cambiare…


….una matassa come primo? Perché cambiare se la adoriamo?
La matassa di Casa Agricola Scorziello è made in La Siciliana, once again.
Alla pasta di buona fattura si aggiunge il fagiolo del loro orto e il crusco, ancora lui, sempre di casa.
Peperoni cruschi e matasse, la nostra dieta non cambia.

Casa Agricola Scorziello, Matassa
– Matassa con crusco


Mattia ascolta le nostre richieste e non va oltre i 100gr, per primo.
Si, perchè anche stavolta c’è il secondo primo.
Orecchiette, fatte in cucina a mano, e ve lo scrivo perchè erano perfette e va detto, con carciofi e guanciale. Signora mia.

Incredibilmente tra le due, nonostante la voglia folle di una pasta diversa, continua a vincere (per me) la matassa. L’inestimabile valore della semplicità.

Orecchiette
– Orecchiette perfette


Proviamo anche il secondo, e per fortuna!
Il pollo alla cacciatora lo tenevamo come pensiero fisso quando l’abbiamo sbirciato appena entrati, si rivela all’altezza delle aspettative. Morbido, colmo dei suoi succhi e del suo sughetto, ideale, da mangiarne un chilata con disinvoltura.

Buona anche la sfrionzola. Classica. Patate affettate a mano e fritte, carne di maiale (sempre quelli, giustificatissimi per non averci lasciato anche il prosciutto), peperoni e una generosa dose di aceto.
Per me il secondo ingrediente principe di una gran sfrionzola è l’aceto, quindi approvo felice.

Casa Agricola Scorziello, Sfrionzola
– Sfrionzola classica


Dolce epilogo


Un altro grande classico: la torta caprese. Nonostante un brutto incidente i cui fantasmi mi rincorrono ormai da 17 anni, che mi porta spesso a evitarla, sarebbe un grosso errore in questa occasione farsela scappare. Bassa, tenerissima, dolce il giusto, ottima.

Non da meno la scomposta, il cui dolce tendente al gelato alla crema è perfetto per variare un po’.


Come si sarà capito, di questa nostra serata ci è piaciuto tutto.
Ringraziamo la gentilezza e la disponibilità di Mattia Valitutto e di Antonio Scorziello, che in questa nostra ricerca di tutti i mille sapori che può avere una matassa si sono rivelati fondamentali!


Falco

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


La Country House Felicella è a tutti gli effetti un agriturismo a gestione familiare, situato nel verde di Serradarce di Campagna (SA). Come redazione de Il Trono di Sagre non potevamo volevamo esimerci dal riapprezzarne i caldi (e abbondanti!) piatti e, in occasione della nostra collaborazione con il pastificio La Siciliana, siamo tornati a sederci, camino in vista e vino in tavola, fregandoci le mani. Oggi ci divertiamo!

Zuppa di fagioli
– Non fa più così freddo ormai, ma ad una zuppa contadina non si rinuncia…


Tutto cominciò col castrato


Gianluca Gerardi, che ha accolto con entusiasmo l’idea di questa avventura in combinato tra Il Trono di Sagre, La Siciliana e la sua Country House, ci racconta, nonostante il da farsi che lo vede apparire fugace tra cucina-camino-tavoli-esterno notte, come tutto sia iniziato e proseguito: in famiglia.

“Il castrato lo faceva già mio nonno, identico a come è oggi”

Una fase della realizzazione della celebre matassa, ad opera del pastificio La Siciliana

🔖Via Serroni 23b, Battipaglia (SA)

📞 0828 370802 / 389 789 8502

🔖 Via Galdo, 67, 84022 Campagna (SA)

📞0828 45586



E’ proprio da questo castrato, infatti, che ha origine anche la nota Sagra del Castrato al Ragù cù Maccarun r’ Zit che si tiene ogni anno in Agosto, proprio a Serradarce di Campagna. L’evento non ha più bisogno di presentazioni, dato che è amatissimo dal suo zoccolo duro di appassionati della carne nella salsa e potete apprezzarne tutti i dettagli in pagina, nel nostro calendario eventi e nelle pubblicazioni degli amici di OPERARE, l’associazione che ogni anno rimette in piedi l’evento.


Ad arrivare in tavola però è inizialmente un lungo antipasto, un misto di caldi & freddi.
Per i freddi abbiamo: salumi locali (prosciutto, pancetta…) una zucca lievemente arrostita e tagliata finissima, ottima, da bis, che ovviamente ho fatto. Speciale, sulla bruschetta arruscata alla perfezione che vi servono di fianco.

Per i caldi invece si schierano una parmigiana della mamma che è un piacere. Alta, spugnosa e fritta.
Si smorza con un mix scarole, patate e peperone crusco, ottimo bilanciamento dell’amarognolo anche nella scaletta dei piatti, in contrasto con una ben poco sapida zuppa di fagioli e cotenna.

Rigo a parte per la pizzella al carciofo, ottima, ottima…e l’involtino di verza gratinato, che è stato spettacolare. Si è sentito anche dall’entusiasmo del tavolo di fronte al nostro (“L’involtino di verza? E’ buonissimo!”)

Involtini di verza
– Involtino di verza, tra i miei piatti preferiti della serata


Carboidrati a cascata


La serata scorre gradevole all’interno del locale dall’atmosfera calda, un po’ favorita dal camino, un po’ dal legno alle pareti e un po’ dal chiacchiericcio intorno a noi, anche il vino rosso aiuta. Sta andando tutto alla perfezione, finchè lo staff, rappresentato dall’onnipresente e simpatico cameriere, non decide di end our whole career con una valanga di pasta.

Felicella, Matassa
– Un El Dorado di matassa e fagioli


Fingo impassibilità ma non appena vedo la quantità di matassa so che moriremo lì.
Perchè è bella, e sarà sicuramente anche buona, perchè la mangeremo tutta, e ci manderà KO.

Gianluca ricompare mentendo clamorosamente: “Ma saranno un 200 gr!”, menzogne, si è volati alti oltre i 150 gr a testa. Però…è questa la pasta che ha dato origine a questa serata, pastificio d’origine de La Siciliana, preparata, mantecata, esaltata, nella Felicella Country House, osservata, fotografata, divorata, digerita, da Il Trono di Sagre.
Una gran bella matassa, classica, con fagioli, un po’ di forte e crusco on top.

Felicella, Ziti
– Non fatevi ingannare, sembra una porzioncina ma la foto è stata scattata dal James Webb

Procediamo col secondo primo? Ebbene si, questa notizia, già anticipata nel mio scambio di conversazioni con Gianluca, era quel che più temevo. Per fortuna il quantitativo di ziti sarà inferiore al matassone, vero?
Sbagliato. Uguale, se non di più, piomba a centro tavola questo meteorite sciolto nel sugo, con un sapido che ci risveglia il palato, il castrato, presentissimo, si mescola al pomodoro tiratissimo e al formaggio di pecora. E’ un piatto eccellente. Altri 100gr e passa a testa, Corvo cede di schianto e non parlerà più per il resto della serata, traumatizzato, rivelerà poi al suo psicologo di “vedere la pasta scotta”, nei suoi incubi.

Verza e patate
– Come fa il peperone crusco a essere sempre così buono?


Tutto finì col castrato


Ormai in balia degli eventi, con almeno un’altra porzione rimasta nella tonda pirofila (ci faceva male il cuore a lasciarla lì, ma del resto ci faceva male il cuore anche letteralmente, quindi…) passiamo al castrato, assoluto, protagonista, di nuovo al centro della tavola.

All’interno del piatto, sotto dune di sugo, in trincea, anche delle bracioline.
Nonostante la sazietà raggiunta tre piatti fa è ancora una volta impossibile non lasciarsi risvegliare per un attimo il vulio dal sapore carico del castrato.
Morbidissimo, si taglia col cucchiaio come fosse una ganache al maiale.

Il segreto? Pare essere solo una lenta cottura, ben controllata, per un minimo di 4 ore, in passata paesana, fatta in casa.
Delusi? Al contrario, la semplicità sa sorprendere.
Non c’è bisogno di orpelli quando la materia prima è ottima, è la lezione più vecchia della cucina.

Felicella, castrato
– La rupe dei Re, al sugo

Si può anche uscirne con le ossa rotte, ma lo spazio per il dolcino ci sarà sempre.
E dalla cucina capitombola una torta di crema e amarene. Impossibile capire quale fosse il segreto della sua bontà, nascosto in pieno sole dall’apparente semplicità della stessa.
Crema gialla e avvolgente, non troppo dolce, setosa, con l’amarena spappolata che esplode e da quel tocco finale di dolce e acido, pungente. La frolla, spesso dimenticata, è protagonista quanto il ripieno, delicata, mai pesante, una conclusione eccellente.

– Ottima torta fatta in casa


Alla fine siamo talmente gonfi che c’è tempo solo per un altro mezzo litro di vino e un limoncello per Corvo, che è stato rianimato nel frattempo con i sali terapeutici dello zucchero a velo della torta.
Due chiacchiere con Gianluca e siamo pronti per lasciarci morire in una cunetta appena fuori la tenuta, con uno stranito sorriso sulle labbra.

Troviamo anche il modo per sbagliare 2 volte strada e regalarci un alienante ritorno a casa sotto le pale eoliche, in un buio terrificante.


Falco

Il Castagneto | Agriturismo e cerimonie – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Il Castagneto | Agriturismo e cerimonie – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


Il Castagneto è una struttura storica di Quadrivio di Campagna (SA).
Avendo a disposizione un vastissimo cortile (e anche una sala interna altrettanto capiente) sa mutare agilmente da agriturismo-pizzeria di famiglia a sala per cerimonie ed eventi.

Il menu stesso cambia ed evolve a seconda della richiesta (nel corso della nostra visita, ad esempio, si era intenti a pianificare quello del prossimo Capodanno), ecco cos’abbiamo provato noi.


Menu flessibile


Flessibile è in effetti la parola giusta per definire il menu del Castagneto, al solito essendo ospiti abbiamo lasciato scegliere a Gerardo, nostro riferimento per la serata, il nostro destino.

Si parte da un classico antipasto di salumi molto semplice e a un piatto misto di caldi tra cui una gustosa e alta frittata di patate (sarà solo una frittata, ma a me piace sempre), un assaggio di ciambottina in versione macchiata di pomodoro, pizza di patate, torta rustica con ricotta e verdure grigliate sottolio.


Naturalmente un rosso della casa d’accompagnamento e siamo pronti per l’assaggio di pasta.
Siamo a Campagna (Quadrivio di…) quindi non rimaniamo sorpresi nel vederci recapitare una classica matassa coi fagioli. La matassa è molto cremosa e l’aggiunta di qualche fungo carnoso non può che trasformare il piatto in un apprezzato comfort food ideale in queste serate di primi freddi.

La matassa, fatta in casa, proviene inoltre direttamente dal pastificio La Siciliana (con sede sia a Battipaglia che a Campagna) dove potete in realtà trovare diversi tagli di pasta tipica (e anche pasti già cotti solo da ritirare).


Pizza a sorpresa


Dopo la matassa Gerardo ci propone a sorpresa una pizza alla quale diciamo subito di si (figurarsi…) e che ci viene recapitata qualche minuto dopo. Come Gerardo stesso ci anticipa notiamo come questa pizza si piazzi a metà tra la classica pizza “di paese” lievemente biscottata e una moderna pizza gourmet.

Cornicione bello gonfio, al centro sottile il giusto, ben cotta (sotto era perfetta, senza la minima bruciatura, con una cottura uniforme), con i profumi sempre graditi del forno a legna e con rucola, quadrotti di grana, prosciutto crudo e olio al tartufo. Nella sua semplicità un’ottima pizza. Tanto che chiediamo un bis.

– Cornicione gonfio e cottura perfetta


La seconda pizza che piomba in tavolo brilla di nduja. Insieme al rosso solo lievemente piccante della nduja si mescolano il giallo chiaro del datterino, la cipolla caramellata e degli sbuffi di mozzarella di bufala che spuntano qui e lì nel saporito magma.


Questa seconda pizza, più complessa, lascia immaginare una bella scelta che mi stuzzica volentieri a tornare con qualche amico e una cassa di birra in più per testare qualche altra scelta sul menu…


Braceria ed eventi


Come prima introdotto ci sono altre pietanze commissionabili al versatile staff de Il Castagneto, tipo appunto la sezione riservata alla braceria (di cui posso solo accennarvi, dato che in quest’occasione non l’abbiamo provata personalmente) dalla quale sentivamo sussurrare di Black Angus e relativi carpacci. A tal proposito vi invitiamo a chiamare e chiedere per sincerarvi della disponibilità.

Per festeggiare in sala il vostro Capodanno forse siete già in ritardo (le prenotazioni fioccano!) ma per provare la pizza siete i benvenuti tutti i weekend.


Falco

Nonna Mena | Ristorante – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Nonna Mena | Ristorante – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


In una delle giornate più piovose di questo Novembre 2022 ricomincia la nostra rubrica Tavolo Riservato che si era dovuta fermare in estate per ordine del nostro cardiologo, dando così più spazio agli eventi.
Adesso che il sole cocente ha lasciato spazio ai primi freddi e a qualche rovescio possiamo rificcarci comodi comodi con i piedi sotto la tavola.

Per questo nostro primo ritorno all’assaggio siamo stati da Nonna Mena, piacevole triangolo di forniture di pasta che collega nostre passate visite sia da Mosaico che dalla casa base dei nostri amici di La Siciliana.

Nonna Mena, black angus con provolone del monaco
– Black Angus con provolone del monaco e granella di pistacchio


Nonna Mena, tra terra e mare


Il menu di Nonna Mena è un menu di proposte molto classiche, sparita da tempo la pizza dalle scelte abbiamo una proposta di una decina di primi (che talvolta cambiano, secondo disponibilità) e dei secondi che spaziano un po’ sul lato mare un po’ sulla braceria.

L’intenzione è quella di offrire un prodotto fresco, da fornitori locali e ormai conosciuti (l’attività è in piedi da decine di anni) con un occhio alle nuove tendenze (la mortadella arrostita con granella nell’antipasto e la sezione dedicata al Black Angus tra le carni) e le certezze che piacciono al cliente classico e affezionato, come lo spaghetto con le vongole o la tradizionale matassa (ricordiamoci che siamo a Campagna!)


Il nostro primo incontro è quello con due lunghi taglieri, divisi tra caldi e freddi.
Abbiamo da un lato un classico mix di salumi con un po’ di zucca sottolio, spicchi di frittata (buona, soffice), formaggi, una bruschetta calda con un po’ di pancetta e aromi, tarallini e salsiccia paesana.

Dall’altro il tagliere dei caldi con scarola, olive e peperone crusco che a dispetto di quel che si potrebbe pensare non era affatto sapida, delle patate sulla scia del cunzato (soddisfacenti, piccolo bis per me) e delle parmigianine di spessa fattura.


Primi e secondi

Per tutta la cena abbiamo accompagnato i bocconi con del vino della casa (ma è presente una scelta di etichette). Un aglianico rosso piacevole, senza solfiti, che si è ben prestato a tutti i piatti proposti, compresa la pasta.

Per la sezione primi Angelo sceglie di farci provare la corteccia al sugo con salsiccia e funghi.
Il piatto è saporito, aiutato dalla grattugiata di formaggio con cui si presenta e il sugo molto tirato (come piace a me). In menu tra i primi volendo trovate anche ravioli e paccheri, oltre ai classici citati prima.

Nonna Mena, cortecce
– Cortecce, notevole il formaggio ridotto a cremina


Una profumata pietra ardente annuncia l’arrivo della sezione carni.
Black Angus in due versioni, da un lato una proposta più classica con pomodorini, rucola e scaglie, dall’altra, al passo coi tempi, trancetti di carne con provolone del monaco e granella di pistacchio.
Azzeccata la scelta dell’angus col provolone del monaco, tutto il piatto assume un vago aroma di affumicato che richiederebbe da solo un’altra bottiglia di vino rosso d’accompagnamento.

Nonna Mena, Black Angus con rucola
– Black Angus in versione più classica


Nonna Mena, in sintesi…


Per la parte finale della nostra cena proviamo una pasticella (castagnaccio, calzoncello, etc.) delicata (altrimenti l’avrei lasciata lì, visti i miei dissidi col cacao troppo invadente) e dalla sfoglia sottile e un bis di limoncello.

Tratteniamo Angelo per qualche piacevole chiacchierata. L’impressione è che Nonna Mena resista all’evolversi della ristorazione di Quadrivio (con tanti locali che si rinnovano, ma anche tanti che chiudono) con un suo passo cadenzato e senza farsi stravolgere dalle mode del momento.
Dal locale, che si è svecchiato col tempo, sono sparite sia le tv che le pizze, per proporre un menu più gestibile e di conseguenza più fresco. Non sono stati abbandonati i grandi classici che piacciono al cliente locale ma sono allo stesso tempo presenti scelte al passo coi tempi e soprattutto un’onestà sui prezzi che non ha subito i folli rincari che si vedono in giro, dove in più di un’occasione si è osservata una pura e semplice speculazione.

Nonna Mena, pasticella
– La pasticella che professionalmente abbiamo scordato di fotografare prima


Falco

La Tettoia | Matasseria – Campagna (SA) – Tavolo Riservato

La Tettoia | Matasseria – Campagna (SA) – Tavolo Riservato


La visita di oggi è davvero particolare poiché abbiamo avuto l’occasione di conoscere Giuseppe Cricchio, il cui nome a Campagna ricorda immediatamente una cosa sola, anzi un lungo filamento di pasta: la Matassa. A La Tettoia, infatti, Giuseppe conduce dal ’98 una “battaglia” dall’interno delle sue cucine per dare il giusto lustro e riconoscimento a un piatto di pasta identificativo e storico per l’intera città.


Una lunga introduzione / L’Antipasto


Appena entrati siamo avvolti da un calduccio rassicurante, le pareti dipinte a festa cominciano a raccontare una storia a chi qui non c’è mai stato. Ogni mensola, angolino, scultura in legno e pantalone tirolese attaccato a una trave sono un lato della colorata personalità del nostro ospite del giorno.

Il nostro tavolo è da 6, anche se siamo in 3, perché oggi Giuseppe ha una sola e unica missione, quella di metterci K.O. . In realtà, prerogativa della serata sarebbe assaggiucchiare il più possibile, per poi potervene parlare con cognizione di causa, ma anche noi, di fronte ad una tavolata imbandita, lasciamo perdere ogni barlume di professionalità e accettiamo la sfida: oggi ci strafoghiamo.


La carrellata di piatti che arriva a tavola ha dell’inquietante, solo alcune porzioni sono “”diviso 3″”, altre sono piatti interi, da centrotavola, e insieme ad essi un’unta orda d’oro di verdurine che, dopo la 6° varietà di foglia di verza, ho smesso di cercare di catalogare. Ecco un breve elenco di ciò che era in tavola:

Parmigiana rossa, Patane cunzate con peperone crusco (quest’ultimo in versione più molla e meno croccante del solito, che io ho comunque apprezzato), una TIELLA di salsiccione, cotenna, carne in umido e foglie che da sola era un secondo intero, Chiodini & Champignon sott’olio, due salamoni d’annata a centro tavola per chiunque si sentisse in vena di affettarli (onore e onere a me concesso), una delicata e ingannevole zuppa di zucca molto delicata e almeno 4 diverse varieta di verza, scarola, bietola, broccolo e diversi stand del reparto ortofrutticolo della piana del Sele saltati in padella.

E questo era l’antipasto.


L’otre di MATASSA


Ancora in pieno controllo delle nostre facoltà mentali, dopo aver dovuto fare bis di diverse porzioni per completare tutta la fase iniziale della cena, ecco che arriva il piatto forte de La Tettoia e anche della città di Campagna stessa, la benedettissima Matassa.

Giuseppe ci porta in tavola un suggestivo pentolone colmo della sua pasta delle meraviglia di puro grano duro (come lui stesso specifica, il grano duro permette di avere una pasta sì meno elastica, ma anche più digeribile). E’ una matassa di concezione antica e più simile possibile al concetto originale, non il lungo gomitolo che abbiamo osservato in altre occasioni (tipo quella di Caposele, che trovate qui e che è una evoluzione (?) dell’originale campagnese).


Non contento, vi rovescia sopra un’incandescente spadellata di peperone crusco (stavolta molto croccante e anche molto abbrustolito, in qualche caso anche troppo) e olio bollente. La formula è corretta, la pozione è realizzata. La pasta è una crema. Carnosa, sguscia via nel piatto adagiandosi su un letto di crema creatasi naturalmente tra fagioli, amido e olio. E’ davvero un piatto fantastico.

Anche qui “assaggino” implica 2 porzioni a testa, si comincia a vacillare.

– Ravioli aggressivi


Ci restano da assaggiare i ravioli, cominciamo a pregare che ce ne porti giusto 2 a testa, perché sarebbe il terzo piatto di pasta e oltre, che divoriamo nel giro di 25 minuti.
Sono due a testa, ma sono grandi come un cazzotto.
Devo dire che sono colpito da questo scrigno di ricotta sul quale il nostro ospite spolvera una valanga di polveri manco tanto sottili, sotto forma di ricotta salata.
Il sapido risveglia le papille gustative e così, tirato in barca un Corvo alla deriva, avanziamo desiderosi di sopravvivere in questo naufragio calorico, un raviolo dopo l’altro.


I secondi di carne, al plurale.


E’ tutto divertente finché dalla cucina non cominciano ad arrivare i secondi.
Anche un occhio poco attento si rende conto che i piatti sono più di noi, di conseguenza ci stiamo affacciando ad un’altra Pearl Harbor, o se preferite una disfatta yankee più consona alla situazione, ad un’altra Hamburger Hill.

Soffritto, ‘gnumareddi (involtini di intestino al sugo), salsiccione e una porzione di sfrionzola fuori dalla grazia di Dio, che già da sola è per più di tre persone. Giuseppe gioca sporco e ha deciso che vuole ucciderci: per farlo non avrà bisogno di una pillola di cianuro, basterà sottovalutare una buccia di peperone sfritto e presto saremo a terra schiumanti.

– Perchè, Giuseppe, perchè?

Giuseppe viene a farsi una foto con i suoi trofei di caccia, prima di passare al dolce.

Molto gentilmente ci mette a disposizione una bottiglia di grappa che, mi vergogno di dire, non apriamo nemmeno. Eravamo davvero al limite e il solo sentore di distillato ci avrebbe provocato un sicuro aneurisma. Rinfrancanti invece i dolci, una delizia al limone molto buona e un babà rivestito di cioccolato, con coccarda di crema in cima. Strano non aver trovato al loro interno altro soffritto a sorpresa.


La Tettoia, in sintesi…


La Tettoia per me è un patrimonio, è uno di quei locali che resistono strenuamente. Uno dei pochi posti dove puoi unire il mangiare a sazietà con il mangiar tipico, una concessione che oggi è più unica che rara.
Vuoi per i costi crescenti della ristorazione, vuoi per il cambio di mentalità che fortunatamente ha anteposto la qualità alla quantità e vuoi anche per una lenta ma inesorabile perdita delle tradizioni, ma tutto questo a Giuseppe Cricchio non interessa. Lui continuerà a inondare di matassa fumante tavolate di giovani che non sanno cosa gli aspetta, e nel frattempo volerà tra New York e Las Vegas (true story!) a insegnare come si usa davvero il grano duro, e a diffondere il verbo, il complemento oggetto e un menu lungo, infinito, soddisfacente e soprattutto autentico. Grazie per questa esperienza, e complimenti.

Falco

– Link alla pagina FB de La Tettoia
A’ Bersagliera | Cantina – Campagna (SA) – Tavolo riservato

A’ Bersagliera | Cantina – Campagna (SA) – Tavolo riservato


A’ Bersagliera è un locale, anzi una cantina, storica. Stavolta non vi sveliamo nulla di nuovo, semplicemente diamo il giusto lustro a una tipologia di ristorazione destinata purtroppo a scomparire…
Tradizionale, economica, casalinga, tipica.
Potranno le nuove generazioni godersi realtà del genere? Non lo sappiamo, nel frattempo ce le godiamo noi. Sigla!

La bersagliera, Alici, olive e pappacelle
– Fuori dagli schemi, un piatto con alici, olive e pappacelle


A’ Bersagliera, un menu storico…


Sfogliando la tavolozza che compone il menu de A’ Bersagliera si compie un viaggio nel tempo, primi, secondi, contorni e specialità sono tutti estremamente tradizionali e tipici, radicati sul territorio.
E’ praticamente una sagra su ordinazione.
Ci sentiamo, dopo tanto tempo, nel nostro.

Anche se molto indecisi, data la presenza di fusilli, ravioloni e porcini, decidiamo comunque di rimanere nostalgici ordinando una bella Matassa e fagioli centrale. Tipicissima del campagnese (e di Caposele! Se ricordate ne parlammo qui in occasione della visita al mercatino natalizio!) si compone, come il lettore esperto saprà, di un luuuungo e unico filamento di pasta fresca accompagnato da fagioli.
Non scappa l’aggiunta di un po’ di forte locale, qualche goccia di tintura arancio per colorare il tutto, e una cascata generosa di parmigiano.

La bersagliera, Matassa e fagioli
– La grande matassa


I secondi


Scegliamo un secondo a testa, da mettere al centro.
Gnumarilli, Costariccia e patate, Soffritto, Patate e porcini, Patate e peperoni, Agnello e un’Alice con pappacelle e olive fuori dagli schemi.

Gli Gnumarilli si compongono di intestini di vitello ripieni di interiora (anche se la ricetta potrebbe variare di zona in zona) e ci vengono serviti in un sugo favoloso dove più e più volte io e il buon Corvo pucciamo cinici un fin ad allora innocente fettona di pane. Esausta dal waterboarding di sugo grasso e lavico viene poi avidamente ingurgitata.
La mollica assiste esterrefatta all’infame crimine.
Ho gradito molto il piatto, che potrebbe rivelarsi ostico per la natura tenace degli intestini e anche per una sensazione al palato sicuramente non canonica. Ma è un piatto tipico, e poi quella fogliolina all’interno che fa il paio con l’aglietto ricordava tanto la braciolina al sugo della nonna…

Altra chicca è il soffritto. Trito grossolano di fegato ed altro, anch’esso servito al sugo.
Semplice, con il suo tipico retrogusto forte, ben più forte del rotolino di interiora di prima, ugualmente saporito.
Anche il suo sugo (più denso!) è saggiato e scarpettato come si deve.

La bersagliera, Gnumarilli
– Un’eccellenza locale, gli Gnumarilli


Costariccia, patate e aceto


Il minimo comune denominatore è l’aceto. E’ ovunque. Molto bene!
Una pappacella qui, un puparuolo lì e ogni volta il palato viene sgrassato per bene da questo colpo di spugna che ti spalanca gli occhi.
La costariccia è un must have, la carne è leggermente più delicata delle due porzioni provate prima ma conserva il suo gusto arcigno e paesano.
Piena di ossicine, va sgranocchiata per bene.

Le patate sono fritte, ma sono fatte in casa, grossi pezzettoni unti per bene che risultano alleggeriti o dal porcino o dal peperone e la sua bomba all’aceto nascosta nei pantaloni.

Nel mezzo di questo viavai di pietanze siamo perfettamente rilassati, protetti dal fresco delle mura in pietra, che incombono su di noi, con questo vinello rosso tendente al nero oblio (della casa, naturalmente).
Purtroppo nel caos va perduto l’agnello, una terribile mancanza che piangiamo tutt’ora.

Altro sapore che non pensavamo di rimpiangere è l’aceto, che viene sostituito dal sapidissimo piatto di alici con pappacelle e olive. L’alice si scioglie in bocca, mentre l’olivetta si concede solo dopo una lunga scassinatura e un discreto lavoro di mascelle. Piccina picciò si abbraccia forte al suo nocciolo ed è ostica da spolpare.

La bersagliera, Soffritto
– Soffritto. Guardate quei pezzettoni!


A’ Bersagliera, in sintesi…


Prima di congedarci col conto facciamo in tempo a prendere una ricotta e pera (che non c’entra un bel culo di niente col tipico e col tradizionale, però avevamo il volio), a provare l’amaro alle erbe della casa e a degustare PERCHE’NO la grappa della casa, e fatta in casa, sia in versione morbida che barricata. Entrambe, inaspettatamente, gentili.

Il conto per 50 cl di vino della casa, 2 bottiglie d’acqua, 2 Matasse e fagioli, 1 Costariccia e patate, 1 Soffritto, 1 Gnummarilli, 1 Patate e porcini, 1 Patate e peperoni, 1 Alice con pappacelle e olive, 4 amari, 3 grappe, 3 Ricotta e pera e 1 Delizia al limone, con coperto di 1,50, è di…70 euro. 17 euro e 50 a testa. Manco la pizza mangi più a sto prezzo, e la chiudo così.


Falco

I Fucanoli – Campagna (SA) – 2019

I Fucanoli – Campagna (SA) – 2019


Ieri, 17 Gennaio, si festeggiava una delle mie feste preferite di tutto il panorama sagre-feste patronali-eventi: I Fucanoli di Pro Loco Campagna, per il giorno di Sant’Antonio.

Matassa e fagioli
– Una delle tante deliziose matasse de I Fucanoli


La fiumana del progresso


E’ un appuntamento al quale non manco mai, così anche quest’anno mi carico in macchina i giovani e optiamo pure per la partenza intelligente, alle 20.30 infatti siamo belli carichi e decisi ad evitare il mega-ingorgo che si crea puntualmente all’ingresso della cittadina.

E invece…dopo aver dribblato con gran stile una serie di posti di blocco con scuse fallaci veniamo ricondotti all’inizio del percorso per prendere obbligatoriamente la navetta.

Perchè volevo evitare la navetta? Perchè la parte migliore dei Fucanoli è quando razzoli perso nei tuoi pensieri, post 2 di mattina, mentre si smontano stand, si braciano le ultime salsicce, si saltano le caldarroste sopravvissute, esce quel piatto extra di matassa che si è azzeccata talmente tanto che se la spiattelli in faccia a qualcuno devono rimuovertela chirurgicamente tipo il facehugger di Alien…e dovendo sottostare ai tempi della navetta finisci inevitabilmente per perderti tutto l’after, appunto.

Eppur ci tocca.
Dopo aver parcheggiato giriamo l’angolo per fare il biglietto per la sopracitata e lo spettacolo che ci si pone davanti è uno spettacolare mix tra il finale di “Ivan il Terribile” del 44′ (SPOILER!) e “La guerra dei mondi”.

Una fiumana di sfollati converge su una casetta in legno dove trincerati all’interno un uomo che smitraglia 800 biglietti al minuto come la miglior Maschinengewehr 42 resiste eroicamente all’orda di avventori smaniosi di un posto sul minibus.

Il clima è quello delle evacuazioni di massa più simpatiche, c’è una rilassata consapevolezza stile rastrellamento del ghetto di Varsavia e un’accettazione del proprio fato ammirevole, qualcuno spera di rivedere un parente perduto al terzo snodo della fila, a qualcuno basta che sia rimasto un piatto di pasta.


Un break ogni 3 metri


Come scialuppe di flanella di un moderno Titanic finalmente giungono le navette, sono forse ormai le 22 e siamo a Campagna!
Tempo 30 secondi e il nostro gruppo di una buona dozzina di anime si sfascia, noi non resistiamo e ci blocchiamo al primo portone, qualcuno ha detto matassa e vino?

E sia, è ottima, viene divorata in pochi secondi.
Sottolineo che dovevo fare a metà con Corvo, che invece avidamente mi lascia solo qualche bistrattato straccetto di amido…

Avanziamo, di circa 3 metri. Secondo capannello, minestra (verza) e fagioli? Ci piace, aggiunga svariati bicchieri di vino, messere.

Il viavai è leggero e piacevole, nonostante la massa di gente che però tende a raggrupparsi a imbuto nelle strettoie, tolta però qualche sbracciata si avanza tranquillamente.

Finalmente raggiungiamo anche il gruppo, che sta divorando matassa in uno dei tanti pit stop che la rendono disponibile, proviamo anche questa, è ottima!
Massiccia presenza di fagioli borlotti, alto tasso di cremosità tendente al brodoso e pasta anche al dente, qui c’è del mestiere.

Corvo si lancia rapace su una porzione di fagiolata, poi intervalla con una messicana, al quarto bicchiere di vino in 20 minuti realizzo con orrore che ho lasciato tutti i miei soldi sul fondo del fiume Sand Creek.

Minestra e fagioli
– Minestra e fagioli, tanto saporita quanto bollente


Si sfiora il default


Nella smania di passare succo d’uva ho lasciato tutto il resto su una cassa a inizio paese, val la pena tentare, ed è qui che accade la magia.
Senza probabilmente neanche ricordarsi di me, di chi sono, delle mie ambizioni e dei miei sogni, la gentil ragazza alla cassa crede alla mia storia strappalacrime, che non mi avrebbe più permesso di continuare a bere a suon di 50 cent lo shot, e mi ridà tutto il resto.

Tu, signorina, che campeggiavi di fronte il bar NOIR Campagna sappi che ti sei procurata riconoscenza a vita, contattaci in privato se ti riconosci nella descrizione, non si dica mai che io volti le spalle al karma.

Felice di aver riavuto il mio soldino ricomincio a spenderlo in vino, poi dopo un rapido pit stop, durante il quale qualcuno prova una fetta di pane light con uovo e pancetta, ci dirigiamo verso il super-falò di San Bartolomeo, quello su in vetta.


Fino alla vetta


Ora, la salita è considerevole, dopo 2 piatti di matassa, fagiolata e un numero sconsiderato di bicchierucci di rosso vi assicuro che la affrontiamo con un pò di palpitazioni, però ne vale la pena: 180 quintalate di legna bruciano altissime nella notte e, capolavoro, degli omini distribuiscono salsicce omaggio.
E’ il paradiso? La salita era il purgatorio?
Corvo come San Tommaso, se non bracia non crede, e si ingolla il salsiccion. Torniamo giù.

L’elenco di ciò che abbiamo mangiato continua in ordine sparso: caciocavallo impiccato, lagane ceci e porcini, un soffritto talmente carico e autentico che avrebbe reso blu senza truccarsi anche un William Wallace cresciuto a lattuccio e huggies, un’ennesima matassa, un’altra fagiolata, poi ho perso il conto.

Putroppo non riusciamo a goderci il privè perchè fattasi l’1 e 15 parte “l’ultima navetta”, che è stavolta, non come le precedenti che hanno cominciato ad abbandonarci 40 minuti prima, davvero l’ultima.

Presumibilmente la peggior navetta possibile, dove incroci di dialetti dal guatemalteco all’altavillese si mescolano con cadenze alticce a profumi e sapori di un vin brulè umano che ci conduce finalmente all’auto, che ci conduce finalmente al baretto, dove si brinda a un finale come volevamo noi, a 15 minuti dall’alba, a suon di Montenegro.

Che belli i Fucanoli.


Falco


La pagina degli organizzatori:

Pro Loco Campagna


Scopri il post originale su FB!

– La recensione originale dei Fucanoli di Campagna (SA)