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Nonna Mena | Ristorante – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Nonna Mena | Ristorante – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


In una delle giornate più piovose di questo Novembre 2022 ricomincia la nostra rubrica Tavolo Riservato che si era dovuta fermare in estate per ordine del nostro cardiologo, dando così più spazio agli eventi.
Adesso che il sole cocente ha lasciato spazio ai primi freddi e a qualche rovescio possiamo rificcarci comodi comodi con i piedi sotto la tavola.

Per questo nostro primo ritorno all’assaggio siamo stati da Nonna Mena, piacevole triangolo di forniture di pasta che collega nostre passate visite sia da Mosaico che dalla casa base dei nostri amici di La Siciliana.

Nonna Mena, black angus con provolone del monaco
– Black Angus con provolone del monaco e granella di pistacchio


Nonna Mena, tra terra e mare


Il menu di Nonna Mena è un menu di proposte molto classiche, sparita da tempo la pizza dalle scelte abbiamo una proposta di una decina di primi (che talvolta cambiano, secondo disponibilità) e dei secondi che spaziano un po’ sul lato mare un po’ sulla braceria.

L’intenzione è quella di offrire un prodotto fresco, da fornitori locali e ormai conosciuti (l’attività è in piedi da decine di anni) con un occhio alle nuove tendenze (la mortadella arrostita con granella nell’antipasto e la sezione dedicata al Black Angus tra le carni) e le certezze che piacciono al cliente classico e affezionato, come lo spaghetto con le vongole o la tradizionale matassa (ricordiamoci che siamo a Campagna!)


Il nostro primo incontro è quello con due lunghi taglieri, divisi tra caldi e freddi.
Abbiamo da un lato un classico mix di salumi con un po’ di zucca sottolio, spicchi di frittata (buona, soffice), formaggi, una bruschetta calda con un po’ di pancetta e aromi, tarallini e salsiccia paesana.

Dall’altro il tagliere dei caldi con scarola, olive e peperone crusco che a dispetto di quel che si potrebbe pensare non era affatto sapida, delle patate sulla scia del cunzato (soddisfacenti, piccolo bis per me) e delle parmigianine di spessa fattura.


Primi e secondi

Per tutta la cena abbiamo accompagnato i bocconi con del vino della casa (ma è presente una scelta di etichette). Un aglianico rosso piacevole, senza solfiti, che si è ben prestato a tutti i piatti proposti, compresa la pasta.

Per la sezione primi Angelo sceglie di farci provare la corteccia al sugo con salsiccia e funghi.
Il piatto è saporito, aiutato dalla grattugiata di formaggio con cui si presenta e il sugo molto tirato (come piace a me). In menu tra i primi volendo trovate anche ravioli e paccheri, oltre ai classici citati prima.

Nonna Mena, cortecce
– Cortecce, notevole il formaggio ridotto a cremina


Una profumata pietra ardente annuncia l’arrivo della sezione carni.
Black Angus in due versioni, da un lato una proposta più classica con pomodorini, rucola e scaglie, dall’altra, al passo coi tempi, trancetti di carne con provolone del monaco e granella di pistacchio.
Azzeccata la scelta dell’angus col provolone del monaco, tutto il piatto assume un vago aroma di affumicato che richiederebbe da solo un’altra bottiglia di vino rosso d’accompagnamento.

Nonna Mena, Black Angus con rucola
– Black Angus in versione più classica


Nonna Mena, in sintesi…


Per la parte finale della nostra cena proviamo una pasticella (castagnaccio, calzoncello, etc.) delicata (altrimenti l’avrei lasciata lì, visti i miei dissidi col cacao troppo invadente) e dalla sfoglia sottile e un bis di limoncello.

Tratteniamo Angelo per qualche piacevole chiacchierata. L’impressione è che Nonna Mena resista all’evolversi della ristorazione di Quadrivio (con tanti locali che si rinnovano, ma anche tanti che chiudono) con un suo passo cadenzato e senza farsi stravolgere dalle mode del momento.
Dal locale, che si è svecchiato col tempo, sono sparite sia le tv che le pizze, per proporre un menu più gestibile e di conseguenza più fresco. Non sono stati abbandonati i grandi classici che piacciono al cliente locale ma sono allo stesso tempo presenti scelte al passo coi tempi e soprattutto un’onestà sui prezzi che non ha subito i folli rincari che si vedono in giro, dove in più di un’occasione si è osservata una pura e semplice speculazione.

Nonna Mena, pasticella
– La pasticella che professionalmente abbiamo scordato di fotografare prima


Falco

Cucina Settantuno | Ristobraceria – Battipaglia (SA) – Tavolo Riservato

Cucina Settantuno | Ristobraceria – Battipaglia (SA) – Tavolo Riservato


Serata alquanto inedita quella che ci si offre nelle ampie e colorate sale di Cucina Settantuno, ristorante e braceria con presenza record di persone con maglione a collo alto per m2, molto apprezzato a Battipaglia (SA). Difatti, compresi nell’invito non ci saremo solamente noi ma un ampio palco di amanti del “food”. Per l’occasione, infatti, avremo modo di conoscere una tavolata di food blogger, noi, che in fondo siamo sempre #sagrateller. Come sarà andata? Ma soprattutto, che abbiamo provato?

Cucina Settantuno, Polenta
– Polentina con funghi


L’invito


Prima di addentrarmi nell’elenco succoso dei piatti vorrei approfondire un po’ sugli ospiti che ci hanno accompagnato in quella che rapidamente è passata da una serata di lavoro ad una conviviale cena con confronto molto simpatico di opinioni sul cibo, preferenze e approcci al mondo social.
Per me, che amo il confronto e il prendere sempre nuovo spunto, è stato un appuntamento molto soddisfacente. Ma vado a presentarvi i compagni di tavolata: organizzatore fondamentale della serata, Luca Fresolone, con la sua Cucina del Presidente (e 1000 altre iniziative), a seguire un conosciuto nome del foodbloggin’ campano, lo dice il nome, Campania Food Blog, accompagnato da un competente e simpatico amico e chef. Prosegue il tavolo e abbiamo l’istrionico Cucina di Fabiuccio e Castalfood.
A mediare e unire i fili alcuni amici e collaboratori di Luca, Aldo ed Emiliano.

Adesso possiamo parlare di cibo.


Si stappa la prima di 3 o 4 bottiglie di Merlot, di cui una finita tra una chiacchiera e l’altra principalmente dal sottoscritto, con molta disinvoltura, mentre la sfilza di antipastini comincia ad atterrare in tavola.

Notiamo una carrellata di antipasti tipicamente campani serviti con la cura e la qualità che han fatto sì che Cucina Settantuno diventasse negli anni, e nelle sue evoluzioni costanti (l’arredamento e il menu cambiano spesso, sempre con gran gusto), un punto fermo della Battipaglia che mangia bene, nello specifico: Pizzelle al pepe nero come starter, poi, polentina a grana finissima con funghi, parmigiana sia rossa che bianca, polpetta di verdure, una delicata mozzarella in carrozza, foglie con salsiccione.


Il battuto e le carni


I vari antipastini erano tutti di gran gusto, mi hanno particolarmente colpito però sia le “foglie” con salsiccione e pane fritto, che si sono rivelate una non-variazione sul tema che ha reso un piatto di una semplicità disarmante una portata dal gusto speciale (ci ho fatto bis e tris, nonostante l’abbondanza presente in tavola), la polpetta di verdure che era di un soffice stile soufflé, con la sua base di fondutina di formaggio e la mozzarella in carrozza perché è veramente raro che me ne piaccia una. Da non amante del fritto a tutti i costi ho il disgusto facile quando si tratta di pietanze inzuppate nell’olio, in questo caso però non c’era traccia di unto, il fritto era perfetto, non grondante e mai eccessivo, mi ha ricordato molto la delicata cucina indonesiana e il suo olio di cocco sempre presente.

Cucina Settantuno, foglie
– XXX con salsiccione e pane fritto


Una vera chicca è stata il battuto. Non troppo fine, aveva la consistenza giusta per essere masticato ed esplorato in tutte le sue sfumature di olive, capperi e tartufo. A donargli una spallata di gusto e pienezza un tuorlo marinato e leggermente fritto. Ideale la fettina di pane che lo accompagnava, l’ho trovato un piatto completo in tutti i suoi aspetti. Lo consiglio principalmente a chi abbia voglia di una variazione sul battuto canonico, Corvo invece, che è estimatore di quest’ultimo, l’avrebbe preferito in una versione più classica.

Cucina Settantuno, il battuto
– Il battuto


Strascinati ai peperoni, Pasta e patate


Prima di passare ad una delle signature dish del locale abbiamo il tempo di sorvolare un paio di assaggi di primi. Uno strascinato con peperone e guanciale che non presentava particolari picchi di sapore ed una pasta e patate classica con virate accorte invece molto apprezzate.
Ne ho apprezzato molto la consistenza, la pasta volutamente non troppo al dente si mescolava senza spappolarsi con le patate in 2 consistenze, una più cremosa unita principalmente alla pasta e l’altra a grana più fine (sullo stile di una vellutata) che aspettava sul fondo del piatto. Tocco finale qualche scaglia di tartufo piovuta dall’alto.


Si arriva a grandi falcate ad una delle specialità del locale, le carni.
Luigi sceglie di farci assaggiare 2 tagli distinti, una Sashi Finlandese e una Retinta Spagnola.

La Sashi aveva un gusto più marcato, con 40 giorni di frollatura, di cui ho apprezzato molto il carattere (mi sto riscoprendo man mano grande fan del dry-aged) mentre la Retinta, più grassa, è stata una scoperta da annotare sul taccuino, non avendola mai provata prima. Non dimentichiamo le sempre bistrattate patate: crosticina eccellente, fragranti fuori e morbide dentro, cottura perfetta, molto saporite.


Cucina Settantuno, la filosofia…


Credo che lo stile e il pensiero di Cucina Settantuno siano, come prima accennato, facilmente intuibili fin dal primo passo all’interno del locale. Ho personalmente apprezzato le scelte molto personalizzate di arredamento e colore, a volte tenue, a volte elettrico, abbinato con gusto, non banale, non eccessivo, perfettamente funzionale ma allo stesso tempo puramente bello.


Adeguato allo stile del locale è il menu, con piatti che non subiscono stravolgimenti ma che sono invece dosati con cura e perfezionati o proposti non per stupire o essere instagrammabili (brr…) ma per una scelta di gusto coerente e precisa, che mi sembra di aver colto e apprezzato.

Finale con tocco delicato di tiramisù al bicchiere, molto molto cremoso e soffice, mi è piaciuto molto e sono comunque riuscito ad affogarmi con la polvere di cacao (ma questa è una piaga che ci tramandiamo in famiglia) e sulla stessa linea anche l’amaro finale alle erbe & spezie.

E’ stata una serata piacevole, ringraziamo Luigi e Sofia per l’ospitalità e Luca per l’iniziativa, ma adesso “non facciamo che non ci vediamo più!”.


Falco

– Link alla pagina FB di Cucina Settantuno
Il Mosaico | Country House – Olevano sul Tusciano (SA) – Tavolo Riservato

Il Mosaico | Country House – Olevano sul Tusciano (SA) – Tavolo Riservato


Mosaico è la nostra destinazione di oggi, non ci spostiamo molto, arrivando presto nella vicina Olevano sul Tusciano (SA) per provare pizza, pasta e tutto ciò che Mirco e Guido, i due cuochi e proprietari, hanno da mostrarci.

Fritti
– Sfilza di crocché e frittatine fatte in casa


Cominciamo dal tagliere


Ora, Mosaico è uno di quei locali in cui se non ci sei stato non sai esattamente cosa scegliere.
Abbiamo accennato di pasta e pizza, ma in allegato con la pasta chiaramente ci sono contorni e antipasti, e insieme alla pizza naturalmente ci sono i fritti. Non a caso il “sottotitolo” di questo posto non è né Pizzeria né Ristorante, bensì…Country House!

Quindi cosa ordinare? Noi ci siamo semplicemente lasciati trasportare dalla corrente dando libero sfogo alla fantasia della cucina, eravamo affamati e pronti a tutto, ed ecco quel che abbiamo provato…


Per cominciare ci sono stati portati dei fritti d’assaggio. Crocché di patate e mozzarella panati in semi di grano e delle piccole frittatine cacio e pepe. I fritti sono freschi e fatti da loro e dipendono dalla disponibilità degli ingredienti, difatti a seconda di quando si vada è possibile trovare anche le frittatine ai friarielli!

Falco con proprietari Guido e Mirco
– Il Falco come pezzo mancante del mosaico, tra Guido e Mirco i due proprietari/cuochi/pizzaioli/ingegnieri/professori


Subito dopo è arrivato un lungo e inaspettato tagliere e abbiamo capito che ci saremmo dovuti alzare da tavola con l’aiuto di un gancio da traino. La serata sarebbe stata lunga e calorica.

Il tagliere farcito di sgargianti salumi e colorati formaggi si componeva di interessante mortadella di cinghiale, pancetta, prosciutto crudo, capocollo…tutti molto teneri e freschi, si percepiva al primo assaggio.
Per curiosità chiediamo qualche informazione in più sui prodotti e si scopre che sia i salumi che i formaggi sono estremamente locali, quasi sotto il km. Provengono tutte da aziende di Olevano o nei brevi dintorni, ma non si esce dalla provincia, fantastico! Sono rimasto particolarmente sorpreso anche dai formaggi, molto colorati e diversi tra loro, tra cui uno giallo come il sole, profumato alla curcuma.


Come se non bastasse col tagliere sono arrivate anche delle porzioni di mallone, foglie e ceci e una verza morbida come il burro, ideali per accompagnare.


Pasta o pizza?


Pasta! O meglio, capiamo che si tratta di pasta quando, con una banale gag evitiamo di abbuffarci di taralli per rimanere bassi di carboidrati (si, certo) e ci viene risposto che era una scelta saggia, dato che sta per arrivare la pasta. Ma qui non dovevamo mangiare pizza? Ci arriveremo, calma.

Per fortuna la pasta è un generoso assaggio e non un piatto pieno ciascuno altrimenti saremmo in coma glicemico.
Devo dire però che è amore a primo sguardo quando viene servita questa lagana e ceci che brilla di luce propria, che sguazza nella sua cremina, carnosa, perfetta.

In aggiunta, per renderla ancora più speciale, sono stati inseriti saggiamente funghi (from Acerno) e tartufo.

Mosaico, Lagane e ceci
– Lagane e ceci SPETTACOLARE!


Spazzolata via in pochi secondi la laganella è il momento di stappare la seconda bottiglia di Aglianico, di Cantina Firosa, altra nostra conoscenza locale, e di prenderci qualche minuto per riflettere prima della nuovo carico di cibo da smaltire.


Stavolta pizza


Le porte della cucina si spalancano ed ecco arrivare in tavola la Due Fratelli, pizza un po’ simbolo di tutta la country house. La pizza è un insieme di tante cose, ha partecipato a un concorso regionale con un gran piazzamento, è creata dai due fratelli pizzaioli, proprietari e cuochi (ogni capitolo si aggiunge una nuova qualifica) e per assurdo è così colorata da sembrare un vero mosaico. Il cerchio si chiude.

E su questo cerchio appena sfornato troviamo una miriade di ingredienti: Cipolla caramellata, pomodoro datterino, noci, pachino, burrata…un carnevale!

Mosaico, Due Fratelli
– La coloratissima Due Fratelli


Senza pensarci troppo arriva anche la seconda pizza, con un gusto molto più tradizionale e stagionale.
Una bianca classica con zucca su cui spiccano blu di bufala e speck. Veramente ottima anche questa.

Mosaico, pizza con zucca
– Una perfetta pizza invernale


Per concludere un limoncello fatto in casa, molto molto gentile e apprezzato e un piccolo buffet di dolci.
Come saprete ormai io posso mangiare anche 3 pizze di seguito ma non sono un fanatico degli zuccheri quindi a questo punto della serta spilucco qui e lì assaggiando giusto un po’ di tutto, ormai eravamo gonfi non solo di pasta e pizza, ma anche di vino.

Dei piccoli babà in versione granata al rum, che esplodono e ti ubriacano al primo morso, una devastante torta snicker, veramente cremosa, ma che potrebbe risultare fatale se mangiata da una sola persona, per la quantità di creme e caramello…e un finire sul classico con degli straccetti di impasto fritto con nutella & granella.


Mosaico, in sintesi…


Quando si va da Mosaico, quindi, per rispondere alla domanda ad inizio articolo, cosa si deve ordinare?
Sinceramente? Quel che ti pare.

Abbiamo constatato che non ci sono mancanze in ogni sezione della ristorazione da loro sorvolato.
I fritti erano sfiziosi, non stucchevoli nella loro semplicità, il tagliere era ricco e sorprendente, per queste scelte locali ma completamente inedite. Ai contorni che gli vuoi dire? Verza, Mallone e compagnia bella sono stati tutti apprezzati e spazzati via rapidamente.

La pizza? La pizza non è quella gourmet/napoletana/canotto/nuvola che tanto va di moda “”ma”” porta a casa il risultato. La scelta degli ingredienti funziona, sono buoni (il blu di bufala sulla seconda pizza provata era ottimo) e caserecci, esattamente come devono essere e come mi aspetterei dal posto.

La pasta è perfetta. Io vi consiglio caldamente di informarvi quando prenotate per sapere il primo del giorno (se c’è, difatti a differenza della pizza che è sempre presente, la pasta è optional o comunque dipende dalla spesa giornaliera) e fiondarvi sulla sedia senza pensarci troppo se si accenna ad una lagana e ceci coi funghi.

Insomma, a noi è piaciuto tutto, e sottolineiamo anche la gentilezza dello staff e dei proprietari che si sono assicurati più volte che tutto andasse per il meglio al tavolo, cosa molto semplice nel nostro caso considerato che potrebbero anche servirci ghiande e saremmo contenti comunque…

Segnalo anche che in estate c’è ampia disponibilità di posti a bordo piscina, se interessa!

Falco
– Il Falco artiglia un pezzo di pizza attirato dai colori sgargianti


Falco

La taverna del principe | Ristorante – Solofra (AV) – Tavolo Riservato

La taverna del principe | Ristorante – Solofra (AV) – Tavolo Riservato


In una giornata di pioggia torrenziale, nella quale il nostro viaggio è accompagnato da bombe d’acqua che si alternano a secchiate rimane piacevole il panorama che ci circonda. L’Irpinia si tinge di giallo, arancio e rosso e le colline mutano e si trasformano mentre arriviamo a Solofra, ospiti quest’oggi de La taverna del principe. La fame ci precederà di diversi minuti ma grazie ad un rapido parcheggio in un centro storico pieno di strade chiuse e vicoli ciechi la raggiungiamo subito.

La taverna del principe, fagioli
– Il gusto di questo piatto “povero” è sorprendente.


L’antica dimora del principe (?)


Potrebbe non aver dimorato qui un reale per davvero, questo va messo in conto, ma il locale che ospita La taverna del principe è nella stretta cerchia dei più antichi del centro storico di Solofra.
Ne è una gran prova l’alto tetto di spesse travi di legno, le mura in pietra e il gusto con cui è stato arredato.
Al nostro arrivo, infatti, noto subito all’ingresso un sistema di anticamere riconducibile un po’ a quegli chalet o agriturismi di montagna, anche tipicamente irpini, che ricordo con piacevole nostalgia.

Il nostro tavolo è quello dell’armatura, che fiera e armata di alabarda ci scruta dall’alto.
E’ probabilmente il tavolo più suggestivo e centrale, possiamo anche dire il tavolo migliore.
E’ ora di pranzo, il ristorante è ben frequentato e c’è un familiare chiacchiericcio di fondo.

Ci accomodiamo mentre ci viene subito servito un buon aglianico (Terredora Dipaolo).
Nel mentre scambiamo due parole veramente al volo con il proprietario, prima dell’arrivo degli antipasti.

La taverna del principe, Armatura
– Il principe è un tipo tutto d’un pezzo


Antipasti


Partiamo con dei classici: due taglieri di salumi e formaggi.
Tutti locali i diversi affettati, prosciutto, soppressata, culatello, salame…
Tutti ottimi i diversi formaggi, tra cui spicca il Carmasciano, che ritroviamo affettuosamente dopo quella visita deliziosa a Castelfranci. Da segnalare una confettura d’accompagnamento a base di peperoni e lime che è piacevolissima da abbinare a qualsiasi cosa.

Ah, degno di menzione anche un bel grasso bocconcino pregno di latte che per una volta dimostra di aver senso messo lì dov’è (ma se il bocconcino non è bello, grassoccio e pieno di latte…che lo si mette a fare in antipasto?).


A seguire due brillanti tielle, una di mallone e l’altra di fagioli e castagne.
Il mallone è fatto con 15 erbe locali (sulle 41 e passa “ufficiali” che lo compongono). Risulta molto delicato, quasi come fosse frullato (non lo è), diverso da quelle tipologie che lo vedono servito in modo molto grezzo, con le patate quasi a pezzettoni, a mò di insalata, e le foglie intere e ben riconoscibili. Son gusti, son tipologie, in ogni caso il mallone difficilmente non piacerà…

La menzione d’onore però tocca farlo al piatto plebeo…i fagioli con castagne infatti sono fenomenali.
Non so se una parte è stata frullata (anche qui) o semplicemente la lenta cottura ha creato una cremina irresistibile ma fatto sta che li divoriamo. Il loro segreto? Probabilmente il guanciale, che tagliato in pezzetti minuti ha insaporito tutto il piatto. Da leccarsi il cucchiaio.

La taverna del principe, mallone

Arriva anche una parmigianina bianca, anch’essa molto delicata (è tutto molto soave oggi, sarà l’atmosfera principesca che solleva i nostri animi!). In essa spiccano mortadella e pistacchio, e conclude la sessione degli antipasti.


I primi


La taverna del principe varia il suo menu e oggi siamo fortunati, perchè ci becchiamo tre piatti di pasta veramente al top.

Cominciamo con un onesto spaghettone con peperoncino, una sbriciolata di pane, filo d’olio e moquette di cavolfiore.
Molto buono, una variazione sul tema dello spaghetto semplice molto apprezzata.
Nella sua semplicità è un piatto che consiglio e che rimane impresso, a me è piaciuto molto.

Spaghettone


Non posso però NON spendere parole di lode per il secondo primo, un primo farcito…
Ripieno di fontina e speck, sepolto da una cenere vulcanica al tartufo e fatto venire apposta dall’Emilia, questa pasta farcita non si sa se sia più bella o più buona.
Dalla forma che ricorda un po’ un cappio o un cappuccio da primo KKK nasconde al suo interno un’esplosione di gusto (e una probabile esplosione di calorie, siccome sazia un casino…)

Primo farcito

Conclude la fortunata tris un fusillo avellinese con sugo di pomodoro e tarallo (di Infante) sbriciolato, in una composizione che riprende una versione già nota, ma che è stata adattata alla zona e resa pienamente locale.

Fusillo avellinese con tarallo


La scottona sull’himalaya


Il secondo arriva su una tavola di sale incandescente, stile supermossa finale in una versione alla Tekken di Mosè, con tanto di Dieci Comandamenti scritti col fuoco. Il vitello in questo caso non è d’oro, ma è Scottona, locale, e si insaporisce e cucina lenta (ma manco così lenta) sulla piastra di sale imbrunita.

La taverna del principe, scottona
– La piastra di sale bollente e imbrunita insaporisce la carne durante la cottura


La piastra di sale permette alla carne di avere una cottura meno drastica e violenta, rispetto a quella in ghisa, è un’altra accortezza molto apprezzata da parte de La taverna del principe.

La sminuzziamo accompagnandola con gli ultimi bicchieri di aglianico, che stranamente era resistito fino alla fine.


La taverna del principe, in sintesi…


Siamo stati accolti benissimo, abbiamo notato gran cura sia nel locale, con diverse scelte stilistiche non fatte a caso, che nei piatti e nel servizio. E’ stato piacevole chiacchierare con personale e proprietario, il quale ne ha anche approfittato per dirci la sua su questo e quel prodotto, sulla scelta del locale e del tipico, senza forzature.
Sulla scelta di proporre ciò che è autentico a costo di perdere il “grande nome” sul menu, a favore del gusto e del cliente. Tutte scelte sulle quali ovviamente concordiamo.

Non voglio, tra le tante cose da dire, dimenticare anche di aver assaggiato un dolcino finale che farà gola a chi è amante del cacao: un tronchetto alle castagne.
Effettivamente il connubio tra cacao e castagne è totale, in questo vellutato dessert di stampo classico e tradizionale, che nasconde al suo interno una bella spinta decisa. Quasi da colpo fatale dopo quei 3 piatti di pasta abbondanti, ma che non potevamo esimerci dal provare.

La taverna del principe, saluti
– Stranamente per i saluti finali si entra ancora nei cappotti


La taverna del principe, a Solofra (AV), da tornarci. Anche perchè ho sentito che la pasta farcita a volte è a gusto carbonara…e la devo provare!


Falco

Link al locale
Syncronia | Ristorante – Salerno – Tavolo Riservato

Syncronia | Ristorante – Salerno – Tavolo Riservato

Syncronia è un ristorante di nuova concezione aperto di recente a Salerno. La particolarità che contraddistingue il locale è indubbiamente un sistema idraulico a conduzione elettrica che permette a un pannello di calare dall’alto con in dono i piatti prescelti. Questo però non è l’unico dettaglio degno di attenzione, siamo stati lì ieri per notarli tutti.

– Gnocchi ripieni di caciocavallo, con pomodorini gialli, pancetta e fiori di zucca


Il tablet, il pannello e il muschio


Syncronia si presenta di un candido bianco che fa tanto stazione spaziale, con quegli inserti arancio che ricordano The Martian, e quel “muschio” alle pareti che sembra proprio quello di The Expanse. Se tre indizi fanno una prova allora il magico oblò che veglia sul tavolo è indubbiamente l’indiziato principale della nuova impronta che potrebbe da oggi prendere il mondo della ristorazione.


Prima di essere aggredito lasciatemi specificare che quello non è “muschio” ma Verde Stabilizzato, un materiale interamente naturale e fonoassorbente, che personalmente gradisco anche come elemento di puro design.

Il ristorante è pieno di queste chicche e accortezze.
Dal tavolo con piedone centrale che non ostacola le vostre sgambate durante la cena (io ho cenato tutto il tempo con le gambe fieramente accavallate, occupando più spazio possibile!), passando per gli inserti smaltati color zucca che realizzati appositamente sorreggono tovagliolo, posate e pane. Senza dimenticare i fori adibiti al vetro delle bottiglie d’acqua o vino che sceglierete di avere in tavola. Arrivando poi finalmente al protagonista della serata: il tondo pannello.

Un silenzioso

pannello

accompagna

i piatti dalla cucina

direttamente al

tavolo!



L’idea del pannello che cala lento e inesorabile fa molto fantascienza, e le ordinazioni che facilmente si inviano alle cucine tramite tablet completano l’opera. Il tutto è però anche frutto dei tempi che viviamo.
Sicuramente sono un fan del progresso tecnologico, e a prescindere quest’idea ha il mio seal d’approvazione, ma capita effettivamente a fagiolo nel momento in cui la persistente pandemia ci ha impedito e limitato il contatto umano.
Quale asettico e igienico futuro può esserci più di quello in cui l’unica relazione al tavolo è quella che avviene tra i commensali, senza inserimenti esterni se non quello di un bianco e rassicurante pannello? Appunto.

Come funziona però il tutto? E’ molto semplice, come accennato prima dal tablet (che si inserisce a scomparsa direttamente nel tavolo) si sfoglia il menu e si fa l’ordinazione, essa giunge dritta allo schermo presente in cucina, che detta i tempi delle portate scelte allo staff. Una volta pronte la pietanza dalle cucine al piano di sopra si sistemano i piatti sul pannello ed esso ve le accompagna dolcemente in tavola. Ritirati i piatti, il cerchio magico risale e si sigilla, in attesa del prossimo piatto. Semplicissimo! Per sparecchiare invece il processo è naturalmente inverso.


Il menu


Il menu, che cambia stagionalmente, è diviso nelle classiche sezioni di un pranzo canonico: Antipasto, Primo, Secondo e Dolce. Questo è ciò che abbiamo scelto noi!

Innanzitutto abbiamo iniziato con un Savarin di alici e scarola con stracciata di bufala e un Polipetto alla luciana con crostini.
Il Savarin si presenta con una corona di alici sorretta da scarola e olive di volta, che tengono su l’intera struttura.
E’ sormontato da un imperiale corno crusco color rubino e picchiettato ai lati da tanti leggeri soffi di paprika (che vi suggerisco di implementare nel vostro boccone al momento dell’assaggio).
All’interno, malcelata, la stracciata, che però risulta molto neutra e praticamente mai prevale sul sapido delle alici.
Come on, stracciata, puoi essere più coraggiosa e dire la tua burrosa opinione quando vuoi, credi in te!

Con più personalità si presenta il crostino al finocchietto dell’antipasto gemello, quello alla luciana.
In un sughetto saporito riposano i moscardini, a misura di cucchiaio, pronti per essere provati.


Il momento dei primi


Tra una risalita e l’altra il magico pannello ci porta sempre indietro dei doni, neanche fosse il protagonista a sorpresa di un racconto di Saint-Exupéry. Con questa coppia di primi l’asticella comincia ad alzarsi, più veloce del pannello.

Abbiamo scelto degli Ndunderi al cuore di mare e degli Gnocchetti con zucca, caciocavallo e fiori di zucca.
Il piacevole contrasto tra due piatti tradizionalissimi come lo ndundero che ha addirittura origini romane antiche e il locale fantascientifico fa anche sorridere, ma non cozza, chi ha mai detto che per amor del futuro avremmo sacrificato il gusto tradizionale? Assolutamente nessuno. E difatti…

L’amico ndundero è delicatissimo, farcito di erbette e ricotta sguazza nel sughetto di pesce con, incredibile a dirsi, gamberetti, cozze e lupini a fargli da silenzioso contorno. Il protagonista però rimane lui, rilassato sul suo triclinio con la sua tronfia consistenza setosa, assorto nella contemplazione delle sue ceramiche tipiche della costiera, è inamovabile. Ed è davvero ottimo.
Se non si fosse capito è veramente buono.


In quanto a gusto non gli è da meno lo gnocchetto, che è in questo caso però è preso a spallate competitive dal caciocavallo, mentre la zucca fa da paciere fra i due e rimette le cose a posto.
Anche in questo caso abbiamo un piatto assolutamente tradizionale. E ci sta benissimo.

Come avrete notato c’è un bel po’ di zucca nei vari piatti, sintomo, come prima accennato, di un menu stagionale, che cambia e si rinnova al passo col prodotto fresco del momento. Apprezziamo.


I secondi


Ancora una volta due secondi in teoria opposti. Una guancia di vitello con sformatino di zucca e patate ed un baccalà con pancetta e vellutata di zucca.

Comincio io tagliando a metà la guancia e godendomi la vista su questo strato marmoreo e purpureo che si rivela al suo interno. Assaggio e rimango stupito! Nonostante mi avessero già avvertito sulla particolarità del piatto non si può non avere un attimo di positiva esitazione al momento della verità.
Il vitello è diventato, grazie alla cottura di 9 ore, praticamente una mousse.
Una gelatinosa mousse di stufato che non perde mai il suo sapore di carne e che risulta più delicata (arieccoci!) del tortino patate e zucca che la accompagna. Chicca da non perdere sono le salsine pungenti e leggermente acide che contrastano benissimo con l’uniformità della guancia. Un piatto che sicuramente non trovate ovunque.

Altro assaggio, altra sorpresa. Il baccalà.
Qui forse ci rimani ancora più di sale quando ti rendi conto del sapore che assume il merluzzo, noto ai più per la sua tendenza ad essere scialbo, quando si lascia corrompere dalla pancetta.
Premetto che io non sono assolutamente un estimatore del baccalà impancettato, di solito.
Non ci troviamo però di fronte al vecchio trucco del rendere tutto gradevole a suon di pancette e guanciali, come sembra essere di moda oggi, ma ad un perfetto connubio, sagacemente dosato e non improvvisato che però risulta così naturale da farti pensare per un attimo “Ehy sembra quello di un fast food!”, nel senso frizzante del termine, ovviamente.


I dolci


In ordine didascalico preciso arrivano anche i dolci. Altra goduria.
Il mio Cremoso al caffè ricoperto al caramello è…parola del giorno, delicato.
Soffice, sembra cristallizzato e invece anche qui rivela una mousse (quasi più delicata di quella del vitello!) tra caramello e caffè con la quale tampino Corvo costringendolo all’assaggio.

La cena è stata un grandioso crescendo. Come un’attività che si rispetti qui non si viene per rimanere affascinati solamente dall’ambiente, il menu è di pari importanza e la mente umana compete con la macchina per garantire efficienza e gusto.


Parte migliore della serata resta per me sempre il confronto con i proprietari, che gentilmente ci hanno concesso l’invito a questa serata. Li conosciamo tra una portata e l’altra, ci spiegano e ci mostrano come tutto il concetto di Syncronia sia una loro visione. Sia nel senso di percezione del progresso, sia estetica che caratteriale.
Ogni scelta presente nel locale è legata ad un loro modo personale di vivere la ristorazione, soprattutto da clienti.
Da persona capricciosa e con tanta immaginazione mi fa sempre piacere trovare qualcuno con idee chiare e il coraggio di metterle in pratica. E’ piacevole passare la serata a degustare nelle idee di qualcuno, soprattutto se poi te le spiega.


Syncronia, in sintesi…


In sintesi si è già detto praticamente tutto. Oltre tutto quello che ho provato mi ha fatto piacere l’essere portato per mano da Rosanna e da suo marito anche nelle cucine, dove abbiamo potuto apprezzare il pieno funzionamento di tutto il macchinario e, anche se sembrerebbe strano a pensarsi, è probabile che le collaborazioni con Il Trono di Sagre, esperto del tradizionale, e Syncronia, proiettato verso il futuro, non siano finite qui.
Anche perchè questa rubrica si chiama Tavolo Riservato, no?


Falco

Paisà | Ristorante – Olevano sul Tusciano (SA) – Tavolo Riservato

Paisà | Ristorante – Olevano sul Tusciano (SA) – Tavolo Riservato


In un tranquillo mercoledì settembrino, mettendocisi forzatamente alle spalle l’estate, i suoi deliri e i suoi gamberoni arrostiti incalziamo a passo felpato verso l’autunno.
Verso la braciola, il vino rosso, il cavatello al sugo e verso Paisà.

Paisà, taglieri
– Tris di formaggi e tris di salumi


Antipasti? Fate voi


Fuori c’è un vento gelido, a supportare la nostra tesi e a planarci di pancia su un menu tutto di terra, menu che in realtà , almeno in cartaceo, non vedremo mai, perchè non appena ci sediamo ci viene chiesto: “Dell’antipasto ce ne occupiamo noi?”
Sarebbe meglio dire che ci viene detto, più che chiesto, ma a noi sta bene così, le nostre facoltà mentali sono tutte rivolte a dividere saggiamente un vasetto di percoche monnate che ci viene portato in accompagnamento a un vino rosso dolcino (per qualcuno troppo dolcino, per me ci poteva stare).

Al primo brindisi piovono 2 taglieri di salumi e formaggi.
Tris di formaggi di diversa stagionatura, qualcuno suggerisce che provengono da pastori locali.
Di fianco, tris di salumi (Capocollo, pancetta e prosciutto crudo, un classico).
Qualche gonfio bocconcino, delle confetture per i formaggi, del pane a dadoni abbrustolito, unto il giusto e profumato d’origano e infine le portate calde.

Tra piatti che arrivano da tutte le parti segnalo volentieri una mulignana a varchetella massiccia, una triremi solida da guidare in battaglia contro Cartagine e una spettacolare verza e salsiccia talmente corposa da darmi l’erranea sensazione di star masticando funghi. Tranquillamente inseribile nelle top 3 verza all time.

In caso dobbiate dare una manco di bianco alle pareti del vostro stomaco ecco un purè massiccio con punte di peperone crusco (mi è sembrato) e per smaltare milza ben condita.

Il vero trionfo? Una costariccia morbida come il burro il cui segreto è la maiala prima (selezionata) e la cottura lenta.
Spazzolata via in pochi secondi, una delizia.

“C’è chi viene apposta”, si dice.


Bis di primi


Siamo un po’ sfortunati (o salvati dal destino?) e oggi invece del solito tris ci viene presentato un bis.
Cortecce con funghi e guanciale & Lagane e ceci (e guanciale).
Decidiamo di provarli ovviamente entrambi, per sperimentare quanto influisca davvero il guanciale in piatti diversi + altre futili scuse.

La prima pirofila (anzi le prime due) di cortecce inondano la tavola, allo sguardo hanno un luccicore antico e perduto nei meandri degli anni 80, è la panna.
A sovrastare la panna un sapore di aglio, riscontrabile in un grosso iceberg che naviga a vista.
L’uso o meno di aglio in queste pietanze è questione di tradizione, c’è poco da discutere…

Chi ci segue si ricorderà che la lagana e ceci provata in diverse sagre aveva ogni volta delle piccole variazioni.
L’abbiamo trovata infatti con erbette e peperoncino, molto cremosa, verso il salernitano, sia a Macchia di Montecorvino Rovella sia a Rufoli (dove scomparivano le erbette) e al contrario l’abbiamo scoperta molto brodosa, senza crema, e ricca di aglio a Giungano.
Di conseguenza è questione di tradizioni e preferenze.

Onoriamo la tavola senza troppi pensieri e in men che non si dica le cortecce sono un ricordo.

Paisà, Cortecce


Piomba su di noi un panfilo di lagane e ceci (e guanciale) e fin dal primo sguardo si comprende chi sia il vero boss di fine livello. E’ chiaramente la lagana, e noi abbiamo ancora giusto un paio di vite.
Mentre il nastro di pasta viene distribuito giunge al tavolo la quarta bottiglia di vino, la percoca nel mio bicchiere, dopo 8 refill, è ormai una gemma dell’infinito.

Si aggancia all’ugola, rugosa, callosa, ruvida, da affrontare in battaglia, moderno Kraken spunta dal piatto e ti sfida ma non ha scampo, perchè è assai buona.
I ceci sono chicchi di grandine di Chialamberto e il croccantissimo guanciale dona allo spartito la nota croccante che completa la sinfonia. E’ un gran bel primo, cioè un secondo-primo, e noi siamo contenti.


Durcetiello


Annuendo al vuoto con le mani sui fianchi attendiamo il colpo di grazia.
Un via vai di cameriere ci tenta e ci punzecchia con proposte oscene tipo fare un misto di carne, ma noi pasteggiamo col vino rimasto e optiamo per passare al dolce e agli amari.

I dolcini consistono in delicati cantucci, non di quelli odiosi che sono strasecchi o di quelli infami che ti si attaccano al palato, ma in cantucci fatti bene, che sanno di casa, con una sorpresa di fianco.
Difatti c’è un altro dolcetto, un bignè farcito.

Non sono un grande fan del bignè perchè quando mai ne trovi uno fatto bene?
Invece questo merita, lo butto giù in un sol boccone come fosse un bocconcino (esempio sbagliato?) e poi aggredisco l’amaro. Provo (leggasi, do un devastante colpo alla bottiglia) il limoncello e poi passo all’amaro alle erbe.

Un bel finale. E complimenti ancora per il cantuccino.


Paisà, in sintesi…


Paisà ci è piaciuto. Atmosfera di casa da piccolo agriturismo, poche chiacchiere e porzioni abbondanti.
Vino che è arrivato in porzioni + infinito, chicche graditissime come i dolcetti di cui ho parlato poco sopra, il parco amaro messo a disposizione, gli abbondanti antipasti (ripeto, costariccia) con portate particolari che ha fatto piacere riprovare, tipo la milza, e una lagana over the top.

Tutto questo, più un paio di pinte e altre cose dimenticate nel caos della mangiatoria, per 25 euro a testa.
Io ce torno.


Falco