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Osteria dall’Oste | Osteria slow food – Pellezzano (SA) – Tavolo Riservato

Osteria dall’Oste | Osteria slow food – Pellezzano (SA) – Tavolo Riservato

In un mondo della ristorazione basato sul frenetico, sul riciclo di tavoli e sulla fatturazione (sennò altrimenti come campi?) c’è un’isola felice due passi sopra Salerno, a Pellezzano.
L’Osteria dall’Oste, ridondanza voluta e cercata, perché le cose vanno messe in chiaro fin da subito, sembra fare un percorso inverso a tutti gli altri. Una naturalezza nella quale vien voglia di immergersi e una proposta gastronomica più che all’altezza. Vediamo nello specifico come è andata la nostra serata…

– Un’anteprima del tagliere


L’osteria dell’oste


Appena entrati, con un rapido colpo d’occhio ci si può fare già un’idea di come sarà la nostra serata.
Sulla sinistra si alternano prodotti biologici di alta qualità, un occhio attento (da alternare a quello “rapido” di cui sopra) riconoscerà sicuramente più di una marca nota. Davanti a noi invece c’è il cucinino dove si erge L’OSTE, Fabrizio. Un timido cenno del capo, un sorriso accennato sotto la mascherina, un ciao con la manina (manona!) e ritorna a concentrarsi sui fornelli mentre veniamo scortati al tavolo dal figlio. Uno dei figli, perché qui si fa tutto in famiglia.


L’interno è quello di una classica taverna (giusto per non ripetere ancora…osteria) con tovaglie a quadrettoni bianche e rosse (sono nate prima loro o le taverne?), degli interessanti tavoli che si sviluppano in lunghezza e dei paralumi ricavati da pentole in rame e bottiglie maxi di vino.
Altro particolare interessante è lo spiazzo di fronte il ristorante che lascia ben sperare all’arrivo delle prime calure estive. Non si combatte il caldo in un modo migliore che sedendosi all’aperto con un litro di vino, mi dicono.


Le proposte


Da navigati mangiatori ci dileguiamo con un “Fai tu”. Lasciamo tutto nelle gentili mani dei nostri ospiti, fiduciosi che al solito saranno di larghe maniche, o anche di mezze maniche, che comunque con un sughetto fatto bene ci stanno sempre. Non dobbiamo aspettare molto, in tavola arriva il tagliere.


Ha la sua presenza scenica. Ricavato praticamente dal tronco di un albero, con tanto di corteccia, occupa un coperto al tavolo. E non è l’ideale per chi ha una lavastoviglie da monolocale.
Su di esso troviamo una pancetta timidissima che suda già al primo occhiolino, diversi assaggi di soppressate, formaggi e quella che è la prima chicca dell’offerta Slow Food del locale, la mozzarella ind’à murtedda. La ricorderete sicuramente anche per l’omonima sagra di Novi Velia (SA).


Accompagnano il tagliere diverse damigelle sottolio in abiti di coccio. Da una mulignana a fungetiello molto apprezzata nel suo tipico pizzicore, ad un carciofo tenerissimo accompagnato da patate. Una zuppa di fave con la quale ho accompagnato la qualsiasi e dei peperoni friggitelli sporcati di sugo.
Dirvi tra questi qual era il migliore è veramente scelta ardua.
Forse le fave, per amore personale, ma ho fatto il bis di tutto, eccellenti, davvero.

– Mortadella alla brace


Conclude la lunga scelta di antipasti una mortadella arrostita con stracciata e pistacchio.
Considerato che ormai non puoi uscire di casa senza che qualcuno ti costringa a ingozzarti di burrata/stracciata & pistacchio va al tempo stesso sottolineato l’aromatica sfumatura di brace assunta dalla mortadella. Mi avessero detto qualsiasi panzana a proposito di come era stata profumata, con legni e braci d’altura, ci avrei creduto. Quell’aroma ne rappresentava l’intera identità.


Candele (anzi candelotti)


Siamo sul fotofinish per quanto riguarda la prima bottiglia di vino ormai praticamente andata (un blend di Barbera, San Giovese e Cabernet Sauvignon). Non mi dilungherò non avendone le competenze, ma mi ha piacevolmente sorpreso col suo corpo si leggero ma anche perfettamente amabile (no, non sto ricopiando quello che c’era scritto sull’etichetta), proveniente dalla nota Castel San Lorenzo (SA) ; e nel mentre giunge in tavola la genovese.


All’entrata c’erano delle candele grandi come i ceri della Madonna il giorno dell’Immacolata, con gran piacere ora riesco anche ad assaggiarli. Su di esse questa genovese fatta in casa con “12 ore di cottura e Cappello del prete incluso” (una parte eccellente del bovino, ideale per questo tipo di cotture) che chiede solo di essere mangiata. “Ai clienti piace”, ci apostrofa il nostro gentile cameriere e…come dargli torto?

Sarebbe stata buona in qualsiasi versione, su dei crostini, a cucchiaiate tipo gelato, ottima.
Se vi serve un punto di riferimento per un’ottima genovese, beh questa fa al caso vostro.
Siamo ancora estasiati quando ci viene detto che avremmo provato anche la carne.


L’osteria punta soprattutto sulla sua sezione alla brace (ma vi confido che tutte le proposte erano ottime, quindi che sia tagliere, che sia un primo…cascate in piedi) e ci tiene a farci provare qualche taglio.

Non fingiamo neanche di pensarci. Nel gran piatto centrale compaiono una scottona italiana (servita rigorosamente al sangue, decide Fabrizio, e io annuisco), un capocollo di maiale e salsiccia.
Complice il fatto che eravamo già un po’ satolli e che la carne tende facilmente a riempire, la mia lucidità e il mio linguaggio forbito sono andati scemando morso dopo morso, così come la complessità di queste descrizioni. Posso mettervi la mano sul fuoco a fiamma alta sulla qualità della scottona.
Insieme alla carne, delle patate tagliate e fritte a mano “con pacienz'”, come recita il menu.


Dolce e chiacchiere


Al solito, a fine serata, dopo un assaggio di dolce (tiramisù da me apprezzato perché ci va cauto con la dolcezza, anzi) Fabrizio riesce a liberarsi dalle efestiane fucine/cucine e ci raggiunge per un solare confronto. Ci racconta la sua idea di ristorazione, che mi pare molto chiara. Con un’osteria (era parecchio che non lo scrivevo) aperta 10 anni fa, portata avanti con tutta la famiglia (un piacere per gli occhi vedere l’intesa fra padre, figli e figlie acquisite) e concepita per chiunque voglia venire a concedersi una cena (ma occasionalmente sono aperti a pranzo, controllate i loro social, che linkerò più sotto) rilassata, dove godi non solo di ciò che mangi, ma del tempo che impieghi a farlo, e della convivialità di cui ti circondi nel durante. Abbiamo visto coppie, amici, famiglie con bambini (tra cui uno che simpaticamente mi spoilera urlando il risultato della partita registrata, con uno strillo tale che mi ricorda immediatamente di rinnovare l’appuntamento con quella vasectomia), tutti perfettamente in sintonia con l’ambiente.


Slow food


Ah, è importante, ma mi sono dilungato talmente tanto parlando di fave (“That’s what she said”) che non ho accennato alla scelta Slow Food. Immediatamente post pandemia sono state adottate diverse pietanze e vini che aderiscono a questa associazione di idee su una ristorazione sostenibile.
Conoscete sicuramente il marchio Slow Food e cosa implica, ma andava sottolineato!


Falco

– Link ai social del locale
Taverna degli antichi sapori | Cibo di qualità – Controne (SA) – Tavolo Riservato

Taverna degli antichi sapori | Cibo di qualità – Controne (SA) – Tavolo Riservato


Oggi torniamo naturalmente, visto dove ci troviamo, a parlare di prodotti estremamente tipici e locali del panorama salernitano. Per l’occasione volgeremo nuovamente l’occhio al fagiolo di Controne (SA), una prelibatezza nota in tutta Italia e che per nostra fortuna è presentata in tavola alla perfezione dalla Taverna degli antichi sapori.

Taverna degli antichi sapori, pasta fresca
– Pasta fresca con fagiolo di controne, soddisfacente cremina naturale


Accompagnati da un vento secco…


La giornata è particolare, siamo in missione ad ora pranzo, cosa rara, e al freddo insolito degli ultimi giorni è subentrato un vento afoso e difficile da decifrare. Ci accompagna per il lungo tragitto rigonfio di verde. Controne è un po’ deserta, del resto è ora di pranzo, e il vento la spazza via a piccole folate mentre ci dirigiamo al locale.

Veniamo subito accolti da Donato, che con grande entusiasmo fin da quando ci siamo sentiti la prima volta si è dimostrato disponibile a mettere in tavola tutti i sapori della sua taverna, a cominciare da un vino della casa molto particolare, decisamente amabile. Un mix di uve dove spiccano Merlot, Aglianico, Barbera e anche uve bianche.


Al tempo delle presentazioni subentra quello del tagliere, ormai un rito irrinunciabile delle nostre sessioni.
Lardo, capocollo bello spesso, soppressata (in diverse versioni) e un formaggio stagionato.
Stranamente a dispetto di un prodotto per me spesso troppo aromatico (al quale preferisco il dolce del salume classico) il pezzo migliore è proprio la soppressata.

Al tagliere seguono rapidamente delle patane cunzate con peperone crusco spezzettato, dei broccoli dal sapore quasi orientale (con pomodori secchi), un primo assaggio di fagioli bianchi con crostini (e un olio extravergine che picca da quanto è puro) e un caciocavallo al tegame con una coriandolata di tartufo.

Quasi superfluo dire che nella sua semplicità il fagiolo-con-crostino è probabilmente il piatto migliore, sicuramente l’aggiunta di EVO è un’ulteriore raccomandazione difficile da ignorare. Ogni piatto però è degno di un ottimo antipasto composto, vario, non pesante.

Ad esempio, anche il caciocavallo in tegamino, che solitamente si rivela un chiodoterrificante, è alleggerito dalle scaglie di tartufo. Come? Non vi risulta che il tartufo alleggerisca fettone di cacio? Beh, può essere.


Assaggi di primi


Assaggi, al solito, per modo di dire. Donato ci propone una classica pasta fatta in casa, tra la reginella e la lagana, che accompagna naturalmente col fagiolo locale.
Piatto egregio nella sua semplicità, ancora una volta, che si gongola nella sua cremina al naturale di fagioli che la cottura ha ridotto ad una farinosa purea. Classico e sempre piacevole.

Successivamente, scarola e fagioli con peperone crusco.
Qui ci dobbiamo fermare un secondo perchè il fagiolo si scansa un attimino lasciando le luci dei riflettori per un non-protagonista da oscar. Sto parlando del peperone crusco, che posso dire uno dei migliori che abbia mai provato in vita mia.

Un pochino amarognolo, come le più buone radici di liquirizia, lucido e brillante come un rubino, croccante, è uno snack ideale al punto che mi concentro per diversi minuti solamente su di lui.
Donato ce ne porta un altro paio come fossero dei buoni cubani, in un piattino a parte, e noi li sfumacchiamo allegramente. I venti caldi e il sole non troppo forte sono perfetti per far fiorire questo gioiello locale, che vi consiglio caldamente. Non c’è bisogno di dire poi che anche la scarola e fagioli, bella fusa in una crema perfetta (ma consistente, mai liquida, facilmente distinguibile) risulti ottima.

Taverna degli antichi sapori, Scarola e fagioli
– Peperone crusco spettacolare!

Inaspettatamente come secondo primo arrivano delle italiche coccarde alla Italo Balbo farcite alla ricotta.
Hanno su di noi lo stesso effetto della contraerea in quel sbadato giorno di Giugno del 40′.
Anche se siamo già un po’ semideambulanti, storditi dal sordo frastuono del fagiolo e dai fumi del peperone crusco, il raviolo (di quello parlavo) è vincente per via di un sugo bello sapido e carico (un ragù di carne di maiale), che macchia un candido velo di pasta alla ricotta con nevicata abbondante di ricotta salata. Molto buono, ho una mia teoria sui ravioli e questo per me è vincente.

Taverna degli antichi sapori, ravioli
– Ravioli macchiati di ragù di maiale, con ricotta & ricotta salata


Ancora qualcosina…


In teoria ci si potrebbe anche fermare, ma perchè farlo?
Ritorna in grande spolvero nuovamente il fagiolo, che ormai accetta più contratti di Nicolas Cage, stavolta nelle vesti di una fagiolata locale con salsiccia.

In pochi colpi, aiutati da Corvo che dopo il KO del raviolo ritorna magicamente alla vita con cucchiaio tra le mani, il piatto è terminato e possiamo passare al dolce.

Una scomposta poco dolce, al vin cotto, neutrale sulla stessa riga dei piatti al fagiolo, e molto gradevole soprattutto per chi come me mal sopporta il troppo dolce, il troppo zuccheroso, che tende a stancarmi molto velocemente. La accompagniamo con un mirto della casa.

Scomposta al vin cotto
– Particolare l’uso del vin cotto, consigliata!

Il tempo di una foto insieme e anche questo pranzo si è concluso.
C’era molto da dire, vista la ricchezza dei piatti, ma vorrei anche sottolineare che la Taverna degli antichi sapori spicca anche per una grande disponibilità e attenzione, nei confronti del cliente.

In modo mai pedante siamo stati sempre seguiti, consigliati, indirizzati e siamo stati trattati con i guanti.
Un’attenzione quasi d’altri tempi e che è la norma in questo locale, non l’eccezione.

Vi salutiamo con una foto di gruppo, e a presto!

Foto di gruppo
– Il Trono con i nostri gentili ospiti de La taverna degli antichi sapori

Falco

– Link alla pagina FB de Taverna degli antichi sapori