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Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

Scorziello | Casa Agricola – Serre (SA) – Tavolo Riservato

La Tenuta Scorziello, denominata Casa Agricola, si trova a Serre (SA) e si compone di un ristorante, una struttura sul retro con B&B e piscina, un ampio giardino, utilizzato anche per eventi, orti, frutteti e animali in libertà. La quasi totalità di ciò che arriva in tavola è coltivato nei terreni della tenuta o arriva dagli animali da fattoria che la vivono. Il Trono di Sagre ravana sul posto alla scoperta delle specialità locali.

Casa Agricola Scorziello, Pollo alla cacciatora
– Il luccichio del pollo alla cacciatora


Accolti dalle oche


Nel ritorno a sorpresa del freddo marzolino ci troviamo alle 21 nel parcheggio della tenuta accolti da oche (o papere? avevano la testa sotto le ali) che sonnecchiano incuranti della brezza. Sicuramente essere accolti da animali da fattoria è sempre piacevole e trasmette immediatamente una rassicurante atmosfera da km0.

In pieno contrasto con l’aspetto rurale brilla, composta da vetro e ferro, la serra che funge da anticamera al ristorante. Le lucine si riflettono nei vetri e addobbano qualche ulivo, donando un aspetto grazioso all’ingresso volutamente spartano. In questa parte della tenuta si cena all’aperto, quando il tempo è più mite.


L’interno è contraddistinto da un saletta in realtà abbastanza intima (25 coperti circa) che conduce da un lato alla cucina, dall’altro al soppalco, che consiste in un’altra 60ina di coperti. I tavoli, in linea con l’ingresso, hanno il colore di un legno chiaro, tendente al miele. C’è legno ovunque, e questo è bene.
L’interno della scalinata è farcito di libri e di bottiglie di vino, che in realtà non avremo bisogno di aprire perchè ci si stappa un “della casa” etichettato, oltre il dignitosissimo, made in Casa Agricola Scorziello.
Per chi preferisce il bianco, c’è anche quello. Noi consci che si mangerà una bella matassona andiamo di rosso classico, per la precisione Rosso Campago IGP, come recita l’etichetta.

Le note di colore (della sala, non del vino) sono date da una stupenda parete verde petrolio, che hanno ritinteggiato perchè sapevano che è uno dei miei verdi preferiti, un carciofone che si staglia regale su una tela bianca (e che è il simbolo e il prodotto principe degli orti della tenuta) e una gigantografia dei monti che sovrastano Serre e il circondario.


“Eccelliamo nei carciofi”


Mattia Valitutto, gestore delle cucine e del locale, ci accoglie con gentilezza e ci racconta che il prodotto principale è il carciofo. Poi c’è stato spazio per specializzarsi in altro, che ci ritroveremo in tavola, ma non vi faccio spoiler. Mattia ci porta in cucina, dove annusiamo nell’aria un pollo che si crogiola felice nel suo sughetto alla cacciatora, e poi al nostro posto. Ci stappa una bottiglia e ci godiamo la calda atmosfera della sala.

Formaggi e salumi
– Occhi sul formaggio sapido!


La prima portata è un mix di antipasti caldi e freddi, un classico che raramente delude.
L’unico prodotto non locale è un prosciutto di Norcia (eccellente) perché…i maiali erano finiti!
Prima di andarsene però i suini hanno lasciato in dono capocollo e salsiccia, entrambi ottimi.

Si accompagnano ai salumi due tipologie di formaggi, tra cui un pecorino estremamente sapido che alla sola vista comincia a farmi sudare zigomi e tempie, segno che sarà ottimo, e poi una discreta sequela di terrine contenenti le più simildisparate verdure, direttamente dal loro orto.

Partiamo col dire che c’era una bietola e patate, esaltata dal loro olio Bufo, che era di una dolcezza estatica, forse forse la parte dell’antipasto che mi è piaciuta di più.


Non potevano mancare le patane cunzate con crusco briciolato, una verza e fagioli, con crusco trionfante in cima, dei piccolini carciofini sottolio, dei carciofi, caldi, un po’ sminuzzati (buonissimi!).
Dosi umane, non atte a metterci in ginocchio fin dalle prime spiluccate, ma comunque un gran bel set!


Tanto per cambiare…


….una matassa come primo? Perché cambiare se la adoriamo?
La matassa di Casa Agricola Scorziello è made in La Siciliana, once again.
Alla pasta di buona fattura si aggiunge il fagiolo del loro orto e il crusco, ancora lui, sempre di casa.
Peperoni cruschi e matasse, la nostra dieta non cambia.

Casa Agricola Scorziello, Matassa
– Matassa con crusco


Mattia ascolta le nostre richieste e non va oltre i 100gr, per primo.
Si, perchè anche stavolta c’è il secondo primo.
Orecchiette, fatte in cucina a mano, e ve lo scrivo perchè erano perfette e va detto, con carciofi e guanciale. Signora mia.

Incredibilmente tra le due, nonostante la voglia folle di una pasta diversa, continua a vincere (per me) la matassa. L’inestimabile valore della semplicità.

Orecchiette
– Orecchiette perfette


Proviamo anche il secondo, e per fortuna!
Il pollo alla cacciatora lo tenevamo come pensiero fisso quando l’abbiamo sbirciato appena entrati, si rivela all’altezza delle aspettative. Morbido, colmo dei suoi succhi e del suo sughetto, ideale, da mangiarne un chilata con disinvoltura.

Buona anche la sfrionzola. Classica. Patate affettate a mano e fritte, carne di maiale (sempre quelli, giustificatissimi per non averci lasciato anche il prosciutto), peperoni e una generosa dose di aceto.
Per me il secondo ingrediente principe di una gran sfrionzola è l’aceto, quindi approvo felice.

Casa Agricola Scorziello, Sfrionzola
– Sfrionzola classica


Dolce epilogo


Un altro grande classico: la torta caprese. Nonostante un brutto incidente i cui fantasmi mi rincorrono ormai da 17 anni, che mi porta spesso a evitarla, sarebbe un grosso errore in questa occasione farsela scappare. Bassa, tenerissima, dolce il giusto, ottima.

Non da meno la scomposta, il cui dolce tendente al gelato alla crema è perfetto per variare un po’.


Come si sarà capito, di questa nostra serata ci è piaciuto tutto.
Ringraziamo la gentilezza e la disponibilità di Mattia Valitutto e di Antonio Scorziello, che in questa nostra ricerca di tutti i mille sapori che può avere una matassa si sono rivelati fondamentali!


Falco

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Felicella | Country House – Serradarce di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


La Country House Felicella è a tutti gli effetti un agriturismo a gestione familiare, situato nel verde di Serradarce di Campagna (SA). Come redazione de Il Trono di Sagre non potevamo volevamo esimerci dal riapprezzarne i caldi (e abbondanti!) piatti e, in occasione della nostra collaborazione con il pastificio La Siciliana, siamo tornati a sederci, camino in vista e vino in tavola, fregandoci le mani. Oggi ci divertiamo!

Zuppa di fagioli
– Non fa più così freddo ormai, ma ad una zuppa contadina non si rinuncia…


Tutto cominciò col castrato


Gianluca Gerardi, che ha accolto con entusiasmo l’idea di questa avventura in combinato tra Il Trono di Sagre, La Siciliana e la sua Country House, ci racconta, nonostante il da farsi che lo vede apparire fugace tra cucina-camino-tavoli-esterno notte, come tutto sia iniziato e proseguito: in famiglia.

“Il castrato lo faceva già mio nonno, identico a come è oggi”

Una fase della realizzazione della celebre matassa, ad opera del pastificio La Siciliana

🔖Via Serroni 23b, Battipaglia (SA)

📞 0828 370802 / 389 789 8502

🔖 Via Galdo, 67, 84022 Campagna (SA)

📞0828 45586



E’ proprio da questo castrato, infatti, che ha origine anche la nota Sagra del Castrato al Ragù cù Maccarun r’ Zit che si tiene ogni anno in Agosto, proprio a Serradarce di Campagna. L’evento non ha più bisogno di presentazioni, dato che è amatissimo dal suo zoccolo duro di appassionati della carne nella salsa e potete apprezzarne tutti i dettagli in pagina, nel nostro calendario eventi e nelle pubblicazioni degli amici di OPERARE, l’associazione che ogni anno rimette in piedi l’evento.


Ad arrivare in tavola però è inizialmente un lungo antipasto, un misto di caldi & freddi.
Per i freddi abbiamo: salumi locali (prosciutto, pancetta…) una zucca lievemente arrostita e tagliata finissima, ottima, da bis, che ovviamente ho fatto. Speciale, sulla bruschetta arruscata alla perfezione che vi servono di fianco.

Per i caldi invece si schierano una parmigiana della mamma che è un piacere. Alta, spugnosa e fritta.
Si smorza con un mix scarole, patate e peperone crusco, ottimo bilanciamento dell’amarognolo anche nella scaletta dei piatti, in contrasto con una ben poco sapida zuppa di fagioli e cotenna.

Rigo a parte per la pizzella al carciofo, ottima, ottima…e l’involtino di verza gratinato, che è stato spettacolare. Si è sentito anche dall’entusiasmo del tavolo di fronte al nostro (“L’involtino di verza? E’ buonissimo!”)

Involtini di verza
– Involtino di verza, tra i miei piatti preferiti della serata


Carboidrati a cascata


La serata scorre gradevole all’interno del locale dall’atmosfera calda, un po’ favorita dal camino, un po’ dal legno alle pareti e un po’ dal chiacchiericcio intorno a noi, anche il vino rosso aiuta. Sta andando tutto alla perfezione, finchè lo staff, rappresentato dall’onnipresente e simpatico cameriere, non decide di end our whole career con una valanga di pasta.

Felicella, Matassa
– Un El Dorado di matassa e fagioli


Fingo impassibilità ma non appena vedo la quantità di matassa so che moriremo lì.
Perchè è bella, e sarà sicuramente anche buona, perchè la mangeremo tutta, e ci manderà KO.

Gianluca ricompare mentendo clamorosamente: “Ma saranno un 200 gr!”, menzogne, si è volati alti oltre i 150 gr a testa. Però…è questa la pasta che ha dato origine a questa serata, pastificio d’origine de La Siciliana, preparata, mantecata, esaltata, nella Felicella Country House, osservata, fotografata, divorata, digerita, da Il Trono di Sagre.
Una gran bella matassa, classica, con fagioli, un po’ di forte e crusco on top.

Felicella, Ziti
– Non fatevi ingannare, sembra una porzioncina ma la foto è stata scattata dal James Webb

Procediamo col secondo primo? Ebbene si, questa notizia, già anticipata nel mio scambio di conversazioni con Gianluca, era quel che più temevo. Per fortuna il quantitativo di ziti sarà inferiore al matassone, vero?
Sbagliato. Uguale, se non di più, piomba a centro tavola questo meteorite sciolto nel sugo, con un sapido che ci risveglia il palato, il castrato, presentissimo, si mescola al pomodoro tiratissimo e al formaggio di pecora. E’ un piatto eccellente. Altri 100gr e passa a testa, Corvo cede di schianto e non parlerà più per il resto della serata, traumatizzato, rivelerà poi al suo psicologo di “vedere la pasta scotta”, nei suoi incubi.

Verza e patate
– Come fa il peperone crusco a essere sempre così buono?


Tutto finì col castrato


Ormai in balia degli eventi, con almeno un’altra porzione rimasta nella tonda pirofila (ci faceva male il cuore a lasciarla lì, ma del resto ci faceva male il cuore anche letteralmente, quindi…) passiamo al castrato, assoluto, protagonista, di nuovo al centro della tavola.

All’interno del piatto, sotto dune di sugo, in trincea, anche delle bracioline.
Nonostante la sazietà raggiunta tre piatti fa è ancora una volta impossibile non lasciarsi risvegliare per un attimo il vulio dal sapore carico del castrato.
Morbidissimo, si taglia col cucchiaio come fosse una ganache al maiale.

Il segreto? Pare essere solo una lenta cottura, ben controllata, per un minimo di 4 ore, in passata paesana, fatta in casa.
Delusi? Al contrario, la semplicità sa sorprendere.
Non c’è bisogno di orpelli quando la materia prima è ottima, è la lezione più vecchia della cucina.

Felicella, castrato
– La rupe dei Re, al sugo

Si può anche uscirne con le ossa rotte, ma lo spazio per il dolcino ci sarà sempre.
E dalla cucina capitombola una torta di crema e amarene. Impossibile capire quale fosse il segreto della sua bontà, nascosto in pieno sole dall’apparente semplicità della stessa.
Crema gialla e avvolgente, non troppo dolce, setosa, con l’amarena spappolata che esplode e da quel tocco finale di dolce e acido, pungente. La frolla, spesso dimenticata, è protagonista quanto il ripieno, delicata, mai pesante, una conclusione eccellente.

– Ottima torta fatta in casa


Alla fine siamo talmente gonfi che c’è tempo solo per un altro mezzo litro di vino e un limoncello per Corvo, che è stato rianimato nel frattempo con i sali terapeutici dello zucchero a velo della torta.
Due chiacchiere con Gianluca e siamo pronti per lasciarci morire in una cunetta appena fuori la tenuta, con uno stranito sorriso sulle labbra.

Troviamo anche il modo per sbagliare 2 volte strada e regalarci un alienante ritorno a casa sotto le pale eoliche, in un buio terrificante.


Falco

Il Castagneto | Agriturismo e cerimonie – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato

Il Castagneto | Agriturismo e cerimonie – Quadrivio di Campagna (SA) – Tavolo Riservato


Il Castagneto è una struttura storica di Quadrivio di Campagna (SA).
Avendo a disposizione un vastissimo cortile (e anche una sala interna altrettanto capiente) sa mutare agilmente da agriturismo-pizzeria di famiglia a sala per cerimonie ed eventi.

Il menu stesso cambia ed evolve a seconda della richiesta (nel corso della nostra visita, ad esempio, si era intenti a pianificare quello del prossimo Capodanno), ecco cos’abbiamo provato noi.


Menu flessibile


Flessibile è in effetti la parola giusta per definire il menu del Castagneto, al solito essendo ospiti abbiamo lasciato scegliere a Gerardo, nostro riferimento per la serata, il nostro destino.

Si parte da un classico antipasto di salumi molto semplice e a un piatto misto di caldi tra cui una gustosa e alta frittata di patate (sarà solo una frittata, ma a me piace sempre), un assaggio di ciambottina in versione macchiata di pomodoro, pizza di patate, torta rustica con ricotta e verdure grigliate sottolio.


Naturalmente un rosso della casa d’accompagnamento e siamo pronti per l’assaggio di pasta.
Siamo a Campagna (Quadrivio di…) quindi non rimaniamo sorpresi nel vederci recapitare una classica matassa coi fagioli. La matassa è molto cremosa e l’aggiunta di qualche fungo carnoso non può che trasformare il piatto in un apprezzato comfort food ideale in queste serate di primi freddi.

La matassa, fatta in casa, proviene inoltre direttamente dal pastificio La Siciliana (con sede sia a Battipaglia che a Campagna) dove potete in realtà trovare diversi tagli di pasta tipica (e anche pasti già cotti solo da ritirare).


Pizza a sorpresa


Dopo la matassa Gerardo ci propone a sorpresa una pizza alla quale diciamo subito di si (figurarsi…) e che ci viene recapitata qualche minuto dopo. Come Gerardo stesso ci anticipa notiamo come questa pizza si piazzi a metà tra la classica pizza “di paese” lievemente biscottata e una moderna pizza gourmet.

Cornicione bello gonfio, al centro sottile il giusto, ben cotta (sotto era perfetta, senza la minima bruciatura, con una cottura uniforme), con i profumi sempre graditi del forno a legna e con rucola, quadrotti di grana, prosciutto crudo e olio al tartufo. Nella sua semplicità un’ottima pizza. Tanto che chiediamo un bis.

– Cornicione gonfio e cottura perfetta


La seconda pizza che piomba in tavolo brilla di nduja. Insieme al rosso solo lievemente piccante della nduja si mescolano il giallo chiaro del datterino, la cipolla caramellata e degli sbuffi di mozzarella di bufala che spuntano qui e lì nel saporito magma.


Questa seconda pizza, più complessa, lascia immaginare una bella scelta che mi stuzzica volentieri a tornare con qualche amico e una cassa di birra in più per testare qualche altra scelta sul menu…


Braceria ed eventi


Come prima introdotto ci sono altre pietanze commissionabili al versatile staff de Il Castagneto, tipo appunto la sezione riservata alla braceria (di cui posso solo accennarvi, dato che in quest’occasione non l’abbiamo provata personalmente) dalla quale sentivamo sussurrare di Black Angus e relativi carpacci. A tal proposito vi invitiamo a chiamare e chiedere per sincerarvi della disponibilità.

Per festeggiare in sala il vostro Capodanno forse siete già in ritardo (le prenotazioni fioccano!) ma per provare la pizza siete i benvenuti tutti i weekend.


Falco

La vecchia cantina | Cantina – Castel San Lorenzo (SA) – Tavolo Riservato

La vecchia cantina | Cantina – Castel San Lorenzo (SA) – Tavolo Riservato


A Castel San Lorenzo Gigi e Cynthia hanno rivalutato la vecchia cantina del Podere Donna Irene in un ristorante di cucina casalinga estremamente tradizionale.
L’ospite dunque potrà continuare a usufruire dei servizi del Podere (B&B e non solo) con l’aggiunta di un ristorante dedicato dove svolgere un pasto completo, La vecchia cantina.


La tavola imbandita de La Vecchia Cantina


Il 90% di questo articolo potrebbe limitarsi ad una semplice descrizione una per una della infinita sequela di pietanze che in serata ci siamo trovati di fronte.
Il cuoco infatti ha attinto a tutto il repertorio della cucina cilentana (ma espressamente caratteristica di un certo ramo di essa) a patto che fosse stagionale.

La stagionalità è stata una delle prime tre cose che ci sono state dette al nostro arrivo.
La prima erano i saluti da parte di Luigi e di Cynthia, gentilissimi padroni di casa, l’altra era un’offerta di prosecchino da loro prodotto che detto tra noi mi è piaciuto tantissimo.

– La Ncantarata


Cerchiamo di ragionare discernendo nel carnevale di sapori e vediamo che salta fuori.
A memoria ricordo una buona parmigiana di melanzane, metodo classico, di cui ho avuto il barbaro coraggio di fare il bis (io e Corvo ci siamo alzati tre volte per rifornirci al buffet, senza vergogna) e un’insalata un po’ alla greca con olive nere giganti e sapidissima cacioricotta fresca (anche qui bis per me)

– Lo spettacolo di quei pani fatti in casa e farciti, stupendi.


Le patate le ho provate in due versioni, sia al forno con buccia che in modalità classica lessate con i fagioli lardari. Nella prima delle due modalità le ho molto apprezzate, benché qui interviene molto il gusto personale siccome erano (volutamente) indietro di cottura. Nella seconda un po’ meno poiché risultavano molto dolcine (sicuramente influenzate dal gusto neutro dei lardari)


La tavola imbandita de La Vecchia Cantina, parte 2


Qui va aperta una parentesi. E’ ben più che evidente, come accennato nelle prime fasi dell’articolo, che a La Vecchia Cantina ci sia una cucina di casa (“Una cucina di casa di 50 anni fa” annuncia Luigi prima dell’apertura del buffet) il che da un lato garantisce genuinità, un prodotto preso letteralmente nell’orto sotto casa e la sicurezza che alle spalle vi sia meno manipolazione possibile (prendiamo i friarielli [quelli “nostri”] arrostiti, erano letteralmente presi, arrostiti, serviti) ma dall’altro sottopone un gusto molto personale, insomma quello de mamma tua, cioè sua!

Un gusto che ti piace perché l’hai sempre mangiato così, ma ogni casa ha le sue ricette e paradossalmente la stessa cosa è completamente diversa a seconda del focolare che la concepisce.


Cerchiamo di essere più chiari con un esempio lampante: i ravioli.

I ravioli erano di un bello da incorniciare, gonfi, finemente ricamati, sembravano cuscini.
Al gusto si scindevano in…dolci e salati. Ravioli dolci? Ebbene si, ma gli unici sorpresi eravamo noi perché agli altri tavoli i locali avevano tutti riconosciuto la ricetta. In alcune parti dell’estesa provincia di Salerno è cosa nota servire questi ravioli la cui ricotta è addolcita dallo zucchero (e a volte un po’ di buccia di limone) che va a formare un contrasto agrodolce col sugo di pomodoro fresco.

Per noi che però veniamo dall’altro lato della provincia, quello della Piana del Sele, era una discreta novità! E credetemi, noi giriamo per la Campania da anni, di sagra in sagra, e non me li ero mai trovati davanti. Il raviolo salato era quindi più nelle mie corde, ma solo perché vi ero più abituato siccome l’avevo sempre mangiato così a partire da casa mia e da qui il discorso sulla cucina di casa.

Certo, preferisco 100 volte sbalordirmi di un piatto che credevo di conoscere a menadito, invece di mangiare sempre le stesse cose.


Salumi e tutto il resto


Tornando ai meri elenchi, menzione d’onore per il caciocavallo dell’emigrante che ho provato in diverse forme e che non mi soddisfa quasi mai. Qui invece ho fatto immediatamente notare quanto fosse buono, penso il migliore mai provato. A filotto lo seguivano tutti gli altri salumi, capocollo e soppressata fresca.

Saltellando qui e li, andando avanti e indietro col menu, siamo rimasti colpiti anche dalla tenerezza della carne che accompagnava gli ziti spezzati (a giudicare dalla circonferenza forse erano candele).
In un sugo che più classico non si può, nella concezione più positiva del termine.

– Presentazione regale di salumi


Da amante di polpette non ho potuto non apprezzare le compattissime polpette di carne al sugo. Speziate e rese frizzanti da abbondante prezzemolo e aglio q.b., le inserisco tra i piatti che mi sono piaciuti di più.

Pensate che in tutto questo marasma non sono riuscito ad assaggiare (ma semplicemente perché ero saturo) il coniglio alla cacciatora o il pollo con le patate (ero già al terzo piatto di patate, ormai avevo le sembianze di un purè).


Gli esterni


Vi ho parlato solo di tavolate ma in realtà abbiamo apprezzato molto la composizione de La Vecchia Cantina. Poche stanze, numero limitato di tavoli, spiazzo esterno che da sulla vigna da un lato e su una grande quercia dall’altro. Interni semplici ma eleganti con scaffali in legno scuro al muro, qualche frase colorata alle pareti e per quel che mi riguarda un arredamento di gusto diverso dal casalingo annunciato prima. Perfettamente in tono e abbinato all’ambiente e all’idea di ristorazione.


Girovagando in esterna abbiamo anche notato un forno per le pizze, un paio che invece erano chiaramente dedicati a panificazioni e carni (diverse altezze, diversa potenza di fuoco) e uno “da terra” bassi, di quelli dove sotto vi si riempe di braci e ci cuoci di tutto.

Questa serie di forni lascia spazio all’immaginazione e a serate-evento a carattere conviviale.
Del resto era proprio questa l’idea che i proprietari ci hanno lasciato, l’idea di una veranda con cucina annessa dove al ritorno da mare (facciamo da fiume) ti fermi a rilassarti e a chiacchierare con tutti, chiedendo quel che la cucina ha disponibile nella giornata e abbondando con vino e prosecco della casa (molto apprezzato, ripeto) mentre il sole tramonta, sorge, poi ritorna, se ne va e tu sei affacciato dal tuo tavolo, verso l’orizzonte, senza fretta alcuna.

– Pesca sciroppata con panna che imita un uovo fritto, sfiziosissimo


– Falco

Riserva 24 | Dispensa selezionata – Serino (AV) – Tavolo Riservato

Riserva 24 | Dispensa selezionata – Serino (AV) – Tavolo Riservato

Questo sarà per fortuna un articolo un po’ atipico, perché “differenti” sono le circostanze che animano Riserva 24. Partiamo col dire che questo crogiolo di prodotti attentamente scelti lo trovate a Serino (AV) e che Fiore è l’uomo che deciderà le sorti della vostra serata.
Al che o starete al gioco o presumibilmente vi accomoderete all’esterno, e non nel senso che cenerete all’aperto.

– Non avete idea di quel che vi aspetta oggi.


Accoglienza


Prima di cominciare va spiegato un minimo come vengono scelti i locali dove decidiamo di andare.
Fondamentalmente o veniamo invitati dai proprietari o ci vengono consigliati direttamente da clienti vicini, per passione o amicizia, al locale. La terza via è quella dove per una pura casualità qualcosa ci colpisce, quasi sempre una foto, o un concetto espresso tramite social (del locale) ed è proprio così che è stato cerchiato di rosso Riserva 24.

Va premesso anche che per mia indole, curiosità, esigenze lavorative e gola la lista dei posticini da provare è decisamente più lunga di quella di Buoni&Cattivi di Babbo Natale, e si accresce ogni giorno.



Detto ciò una volta entrati è proprio Fiore che si palesa da un antro del ristorante e ci tiene a mettere immediatamente le cose in chiaro.
In un discorso tra l’Hartmaniano (“[…]qui vige l’uguaglianza e non conta un cazzo nessuno.”) e la tragicità del Riccardo III ci viene subito precisato che si fa volentieri a meno di critici, esaltazione da web e opinioni inconsistenti che non arricchiscono il dialogo (sul cibo).

La sensazione iniziale è di smarrimento ma quella che da uno sconosciuto può essere fraintesa per arroganza è in realtà un desiderio di voler essere più chiaro possibile.
Grazie alle dosate pause del suo discorso d’introduzione capiamo molto velocemente che Fiore ci sta spiegando le regole del suo regno. Un regno da lui creato (insieme a pochi collaboratori capaci) a sua immagine e somiglianza, un regno di cui fondamentalmente non ha bisogno e che dunque può permettersi il lusso di gestire un po’ come diavolo gli pare. Come sempre poi sarebbe bello che fosse.


Assaggi


La sua idea di ristorazione è una ed è precisa, e se superi una serie di test che non sapevi di star facendo (perchè tu ingenuotto pensavi di essere uscito per cena, e invece!) la capisci anche abbastanza facilmente: Materia prima eccellente, manipolazione minima essenziale, conoscenza, buon senso.

Da Riserva 24 dunque non c’è il menu, perché la stagionalità è fondamentale (“Il menu lo decide la natura”) e in realtà non c’è neanche la carta dei vini (nonostante le 500 etichette presenti!), però c’è Fiore, ci sei tu che sei un ospite e c’è un concetto che si sciorina via via nelle portate, che è il caso di cominciare a descrivere altrimenti famo notte.

Si comincia con una intro semplice semplice, castagna infiocchettata da guanciale.
Niente fronzoli, castagna sbucciata, lessata, contenuta in atmosfera controllata finché non arriva il suo momento, al che cappio di guanciale e via sul patibolo.
Buona, essendo servita calda potete ben immaginare come il grasso del guanciale avvolga la castagna e favorisca un naturale insaporirsi della sua trama farinosa.

A seguire una delle mie pietanze favorite, la ricotta.
Ci viene servita piastrata e caramellata con un accompagnamento di sette differenti pomodori.
I pomodori sono tutti diversi, alcuni hanno consistenze mai provate prima, alcuni molto carnosi, altri, come ti aspetteresti, molto “rinfrescanti” e ricchi di succo. Vi verrà naturale punzecchiare i pomodori uno alla volta per scoprire le tantissime differenze. Vi verrà naturale anche aggredire quel pane scuro e morbidissimo, di cereali, che vi verrà proposto: una bontà.

– Semplice ma perfetto. I pomodorini colorati sono una chicca, la ricotta è da mettersi a piangere.

Subito dopo, tagliere di verdure (peperoni, melanzane, cipollotto) grigliati alla brace.
Su alcune pietanze, a seconda del messaggio che doveva arrivare in tavola, a volte non c’era neanche il sale. Altre volte, ancora, c’era un determinato olio. Di semi, d’oliva, extravergine…
A seconda del sapore che in quel momento dovevi cogliere era presente un condimento.


La bruschetta

Al momento dell’arrivo della bruschetta ci viene fatto intendere che il percorso (per noi) è praticamente finito e sgomenti come quando la mamma ti veniva a tirar via dalla piscina di palline ci apprestiamo un po’ sconsolati all’ultimo boccone.

Si apre il cielo. “Ma che cazzo c’è su questa bruschetta?” Pane e pomodoro? Impossibile. E’ troppo buona.
E la verità è che oltre quei 2 ingredienti in più c’era una fogliolina di basilico e un filo d’olio. Stop.
Addirittura ci è stato portato del sale a parte, indicato (e OVVIAMENTE selezionato) per condirla, ma non ho voluto sapere ragioni, per me era perfetta così e i 5 minuti seguenti sono stati tra noi che ci facevamo spallucce a vicenda, interrogandoci su come fosse possibile che una cosa così semplice fosse così perfetta. (“Materia prima eccellente, manipolazione minima essenziale, conoscenza, buon senso.”)

– La bruschetta migliore della mia vita.

A questo punto dovremmo andar via, ma la curiosità ha il sopravvento, così inizia la serata vera e propria.
Ci rechiamo all’esterno dove Fiore è intento a piastrare e grigliare, su un apposito braciere poco convenzionale ma estremamente pratico, di fianco a una padella gigantesca dove si poteva mantecare un essere umano e ad un erbario enorme e vario.

Qui finalmente abbiamo modo di esprimere la nostra natura curiosa, di persone che fanno questo lavoro sia per passione, sia perché ritengono di avere qualcosa da dire. Rimaniamo fuori a chiacchierare fino all’1, quando ormai tutti i clienti sono andati via ed è a quel punto che, rimossi i pregiudizi e i dubbi, finalmente le difese vengono abbassate e quel che rimane è una chiacchierata amichevole tra golosi.


Conclusioni


Ci sarebbe ancora così tanto da dire…
Dalla concezione di tutta la cultura della carne (il locale dispone di un’ottima selezione, ovviamente), al valore del prodotto, al valore del lavoro, all’evoluzione del concetto di ristorazione. Si è parlato per ore.

– L’innocenza genuina di questo dolce mi ha ricordato il riz au lait francese.
Concepito per bambini, data la sua delicatezza, ideale per me visti i sentori di vaniglia e ricotta che personalmente adoro.

Per fortuna più si parlava e più continuavamo a mangiare, nutriti ad asparagi, improfumati di strutto di cinta senese, omaggiati con un dolce fantastico.
Ricotta, vaniglia (dal baccello), mentuccia, limone, nocciola. Servito in un calice, la bontà.
Non contenti, anzi si, proviamo anche il suo caffè, con dello zucchero artigianale, grezzo, umidiccio, bruno.

Ci sarebbe davvero tantissimo da dire ancora, non ho avuto il tempo di parlarvi della libreria di prodotti che ruotano intorno a voi all’interno del locale, tutti scelti per una ragione, e che sono disponibili all’acquisto, se vi va. E non ho avuto modo neanche di ringraziare chi ha lavorato in sala e in cucina, la cui gentilezza e disponibilità si è percepita in ogni momento, quando ci hanno seguito intorno al tavolo, all’esterno, in cucina, in dispensa, ovunque ci portasse la nostra curiosità.

L’articolo devo concluderlo per forza, perché è già infinito, e per ripicca, siccome ci è stato un po’ ironicamente detto di non pubblicare nulla, perchè si parla anche troppo, l’ho fatto più lungo possibile per dimostrare che anche noi abbiamo qualcosa da dire. E anche perchè questo è il mio, di regno!


Falco

– Link alla pagina FB del locale
La magione del capitano | Agriturismo – Montecorvino Pugliano (SA) – Tavolo Riservato

La magione del capitano | Agriturismo – Montecorvino Pugliano (SA) – Tavolo Riservato

Nell’articolo di oggi, più che una recensione troverete una storia. La storia di Nicola Grimaldi, un mai domo 75enne che ci ha voluti fortemente nella sua “magione”, a Montecorvino Pugliano (SA), per mostrarci la sua personale idea di vita e ristorazione.

– Nicola ci illustra le sue idee in giro per la tenuta


L’ingresso della magione


E’ una buona giornata di metà Maggio e da poco è possibile, scampoli di tempo permettendo, andare in giro a maniche corte, o in camicia; L’idea di un bel pranzo fuori per cominciare la serie di lunghe inaugurazioni che danno il via all’estate ci rincuora e fa venire già un po’ di fame.

L’ingresso della tenuta è ampio e ben visibile, avviandoci all’interno sorpassiamo sulla sinistra una prima vigna e pregustiamo l’idea della quantità di vino disponibile. Facciamo due passi nel cortile cominciando a notare tutti i particolari. Come l’imponente albero di gelsi, un giardino laterale con altalena, fiori, qualche tavolo e un grande braciere per grigliate all’aperto.

A questo punto ci raggiunge Nicola e immediatamente comincia a parlarci della sua visione.
In dono di benvenuto ci porta due lucidi calici di Fiano freddo, che lui stesso produce. Molto profumati, leggerissimamente frizzanti, e ci conduce alla seconda vigna, quella più in basso.
Nei giorni a venire in questa zona sorgerà un suggestivo angolino con tavoli e lanterne per cenare direttamente in vigna. Perfetta per le sere d’estate che verranno.

Successivamente osservando il potenziale di ogni angolo, spiazzo, forno a legna (per pizze) e lastre per braciare ci avviamo verso l’interno per cominciare il nostro pranzo di oggi. Dopo una rapida visita alla cucine e l’aver stappato un rosso (sempre di produzione propria) ci accomodiamo a tavola.


Il menu del giorno

Come funzionano le cose alla Magione del Capitano? E’ molto semplice. Un menu alla carta non esiste, perchè il menu dipende dalla clemenza del clima e dai frutti che la terra circostante regala. Di conseguenza proverete l’ebrezza di un passo indietro nella storia (della ristorazione), quando si andava per taverne e agriturismi (i primi, quelli veri….) e si poteva provare specificatamente ciò che quella proprietà o azienda agricola produceva, e nient’altro di “esterno” ad essa.

Fanno eccezione i salumi, che provengono da Acerno (SA). In tavola troviamo pancetta, prosciutto crudo, spianata piccante, salame, soppressata e un altro salame, ma aromatizzato al Barolo.


Insieme al tagliere di salumi viene servito anche uno dei signature dish dell’agriturismo, e cioè un piattone di bruschette, che sono un attimo differenti dalla bruschettina scrocchiarella con instabili pomodorini che trovate in ogni ristorante. Si tratta di ceffoni di pane alti modello fiorentina, con sottoli prodotti da Nicola stesso. Zucchine alla scapece, melanzane e peperoni. Il pane, fatto in casa in forno a legna, si inzuppa dell’olio buono, extravergine e di produzione locale, e sarà inevitabile e piacevole ungersi dita, mani, polsi e 3/4 della faccia mordendolo avidamente, nella sua untissima consistenza soffice e cedevole.

Diciamo che se hai dalla tua una bella giornata di sole e ti sistemi nel prato con bruschettone e Fiano freddo sei già a buon punto della tua nuova, felice vita.


Un pacchero molto estivo


Come primo Nicola ci propone un pacchero in bianco, con verdure dell’orto, perfetto anche quando si va a mare e si vuol far finta di stare leggeri. Il bluff di fondo è la pancetta, che viene ridotta a minuta dadolata e che insaporisce pomodorini e rucola, la quale viene colta in tempo reale di fronte a noi.
Il nostro ospite si reca letteralmente in giardino e torna con in braccio questo trofeo composto da piccoli rubini succosi e rucola selvatica.

Il piatto, nella sua semplicità, con una spolverata di grana finale, è perfetto così com’è.

– Il pacchero estate 2022

Specifico, ancora una volta, che questo sarà il mood anche in cene e pranzi ufficiali. Ogni giorno sarà disponibile in tavola quel che l’orto offre, fino ad esaurimento scorte. L’idea, che io avallo, è quella di una ristorazione calma e sostenibile, rilassante e moderata. I tempi, dilatati, impongono che ci si lasci servire mentre senza preoccupazioni ci si può alzare per due passi in vigna, o mentre i bambini giocano sul prato, o ancora mentre si osservano i tentativi del gattone Bussola di introdursi all’interno per sgraffignare qualcosa.

Per secondo agnello e patate novelle. Anche le patate, naturalmente, sono di produzione propria.
Vengono selezionate dalla cesta, ripulite, pelate e servite.
A Nicola piacciono tagliate in spicchi grassocci e precisi, i quali giacciono in forno, insaporiti da filo d’olio e rosmarino, e vengono portati in tavola quando sono diventati dorati e croccanti fuori e molto morbidi dentro.

– L’agnello che si cuoce con calma sulla piastra

L’agnello invece continua la sua cottura su pietra lavica, al centro della tavola, fino a sopraggiunta cottura desiderata. Ad accompagnare il secondo un peperone farcito, ma vegetariano. Molti dei piatti infatti, per loro natura, sono consigliati anche ad un pubblico vegetariano (e anche vegano) o a chi cerca disperatamente qualcosa privo di glutine.


Dolce, amaro e mela annurca


Nei lunghi tempi che seguono una portata e l’altra è piacevole alzarsi e andare un po’ in esplorazione.
Questa volta ne approfittiamo per andare a osservare gli alberi di melograni e more, che circondano la seconda vigna e che secondo Nicola sono i primi responsabili del sapore fruttato del suo vino.

Prima di passare al dolce ci viene servita anche una simpatica mela annurca, produzione locale…che te lo dico a fare! Molto frolla all’interno, ci fa da naturale sorbetto. Per dolce invece c’è il classico salame di cioccolato con nocciole, accompagnato da uno sciroppo alle more.
Solitamente non sono fan dei dolci al cioccolato puro ma stavolta si coglie molto più il sapore delle nocciole e lo sciroppo regala un lontano ricordo di Sacher che è sicuramente apprezzabile.

Gli amari (di produzione propria x3) sono al Basilico, al Rosmarino e alla Ruta (erba medicinale, io non la conoscevo!) e sono molto molto delicati. Il sentore di alcol non è mai aggressivo e vi invito a provarli, tutti, di seguito.


La magione del capitano, conclusioni…

A pranzo finito abbiamo continuato un po’ il tour e siamo andati di sopra a vedere le stanze (6, con letti matrimoniali, singoli o adatti ad ospitare una famigliola) e ci siamo concessi un paio di minuti a fantasticare al sole su quello che potrebbe essere.

Come tutti gli amanti del cibo anche noi fantastichiamo spesso su quanto bello (e complicatooooo!) sarebbe avere una nostra piccola tenuta dove si cucina rigorosamente locale. Ecco, in attesa di quel momento mi fa piacere che Nicola condivida parte di questo sogno, con spesso e volentieri la medesima volontà di fondo. E’ bello sapere che c’è ancora chi vuole sfidare i grandi numeri e le affluenze con una cucina lenta, che non vuole sorprendere se non con il fascino della riscoperta. Con la semplicità di una mela, buonissima, che avevi ormai dimenticato poichè data per scontato.
Ecco, ogni visita sarà un viaggio nel passato dove la sensazione sarà sempre quella di una giornata in campagna dai nonni, dove quel che la giornata ti concedeva ritrovavi nel piatto.


Falco

Osteria dall’Oste | Osteria slow food – Pellezzano (SA) – Tavolo Riservato

Osteria dall’Oste | Osteria slow food – Pellezzano (SA) – Tavolo Riservato

In un mondo della ristorazione basato sul frenetico, sul riciclo di tavoli e sulla fatturazione (sennò altrimenti come campi?) c’è un’isola felice due passi sopra Salerno, a Pellezzano.
L’Osteria dall’Oste, ridondanza voluta e cercata, perché le cose vanno messe in chiaro fin da subito, sembra fare un percorso inverso a tutti gli altri. Una naturalezza nella quale vien voglia di immergersi e una proposta gastronomica più che all’altezza. Vediamo nello specifico come è andata la nostra serata…

– Un’anteprima del tagliere


L’osteria dell’oste


Appena entrati, con un rapido colpo d’occhio ci si può fare già un’idea di come sarà la nostra serata.
Sulla sinistra si alternano prodotti biologici di alta qualità, un occhio attento (da alternare a quello “rapido” di cui sopra) riconoscerà sicuramente più di una marca nota. Davanti a noi invece c’è il cucinino dove si erge L’OSTE, Fabrizio. Un timido cenno del capo, un sorriso accennato sotto la mascherina, un ciao con la manina (manona!) e ritorna a concentrarsi sui fornelli mentre veniamo scortati al tavolo dal figlio. Uno dei figli, perché qui si fa tutto in famiglia.


L’interno è quello di una classica taverna (giusto per non ripetere ancora…osteria) con tovaglie a quadrettoni bianche e rosse (sono nate prima loro o le taverne?), degli interessanti tavoli che si sviluppano in lunghezza e dei paralumi ricavati da pentole in rame e bottiglie maxi di vino.
Altro particolare interessante è lo spiazzo di fronte il ristorante che lascia ben sperare all’arrivo delle prime calure estive. Non si combatte il caldo in un modo migliore che sedendosi all’aperto con un litro di vino, mi dicono.


Le proposte


Da navigati mangiatori ci dileguiamo con un “Fai tu”. Lasciamo tutto nelle gentili mani dei nostri ospiti, fiduciosi che al solito saranno di larghe maniche, o anche di mezze maniche, che comunque con un sughetto fatto bene ci stanno sempre. Non dobbiamo aspettare molto, in tavola arriva il tagliere.


Ha la sua presenza scenica. Ricavato praticamente dal tronco di un albero, con tanto di corteccia, occupa un coperto al tavolo. E non è l’ideale per chi ha una lavastoviglie da monolocale.
Su di esso troviamo una pancetta timidissima che suda già al primo occhiolino, diversi assaggi di soppressate, formaggi e quella che è la prima chicca dell’offerta Slow Food del locale, la mozzarella ind’à murtedda. La ricorderete sicuramente anche per l’omonima sagra di Novi Velia (SA).


Accompagnano il tagliere diverse damigelle sottolio in abiti di coccio. Da una mulignana a fungetiello molto apprezzata nel suo tipico pizzicore, ad un carciofo tenerissimo accompagnato da patate. Una zuppa di fave con la quale ho accompagnato la qualsiasi e dei peperoni friggitelli sporcati di sugo.
Dirvi tra questi qual era il migliore è veramente scelta ardua.
Forse le fave, per amore personale, ma ho fatto il bis di tutto, eccellenti, davvero.

– Mortadella alla brace


Conclude la lunga scelta di antipasti una mortadella arrostita con stracciata e pistacchio.
Considerato che ormai non puoi uscire di casa senza che qualcuno ti costringa a ingozzarti di burrata/stracciata & pistacchio va al tempo stesso sottolineato l’aromatica sfumatura di brace assunta dalla mortadella. Mi avessero detto qualsiasi panzana a proposito di come era stata profumata, con legni e braci d’altura, ci avrei creduto. Quell’aroma ne rappresentava l’intera identità.


Candele (anzi candelotti)


Siamo sul fotofinish per quanto riguarda la prima bottiglia di vino ormai praticamente andata (un blend di Barbera, San Giovese e Cabernet Sauvignon). Non mi dilungherò non avendone le competenze, ma mi ha piacevolmente sorpreso col suo corpo si leggero ma anche perfettamente amabile (no, non sto ricopiando quello che c’era scritto sull’etichetta), proveniente dalla nota Castel San Lorenzo (SA) ; e nel mentre giunge in tavola la genovese.


All’entrata c’erano delle candele grandi come i ceri della Madonna il giorno dell’Immacolata, con gran piacere ora riesco anche ad assaggiarli. Su di esse questa genovese fatta in casa con “12 ore di cottura e Cappello del prete incluso” (una parte eccellente del bovino, ideale per questo tipo di cotture) che chiede solo di essere mangiata. “Ai clienti piace”, ci apostrofa il nostro gentile cameriere e…come dargli torto?

Sarebbe stata buona in qualsiasi versione, su dei crostini, a cucchiaiate tipo gelato, ottima.
Se vi serve un punto di riferimento per un’ottima genovese, beh questa fa al caso vostro.
Siamo ancora estasiati quando ci viene detto che avremmo provato anche la carne.


L’osteria punta soprattutto sulla sua sezione alla brace (ma vi confido che tutte le proposte erano ottime, quindi che sia tagliere, che sia un primo…cascate in piedi) e ci tiene a farci provare qualche taglio.

Non fingiamo neanche di pensarci. Nel gran piatto centrale compaiono una scottona italiana (servita rigorosamente al sangue, decide Fabrizio, e io annuisco), un capocollo di maiale e salsiccia.
Complice il fatto che eravamo già un po’ satolli e che la carne tende facilmente a riempire, la mia lucidità e il mio linguaggio forbito sono andati scemando morso dopo morso, così come la complessità di queste descrizioni. Posso mettervi la mano sul fuoco a fiamma alta sulla qualità della scottona.
Insieme alla carne, delle patate tagliate e fritte a mano “con pacienz'”, come recita il menu.


Dolce e chiacchiere


Al solito, a fine serata, dopo un assaggio di dolce (tiramisù da me apprezzato perché ci va cauto con la dolcezza, anzi) Fabrizio riesce a liberarsi dalle efestiane fucine/cucine e ci raggiunge per un solare confronto. Ci racconta la sua idea di ristorazione, che mi pare molto chiara. Con un’osteria (era parecchio che non lo scrivevo) aperta 10 anni fa, portata avanti con tutta la famiglia (un piacere per gli occhi vedere l’intesa fra padre, figli e figlie acquisite) e concepita per chiunque voglia venire a concedersi una cena (ma occasionalmente sono aperti a pranzo, controllate i loro social, che linkerò più sotto) rilassata, dove godi non solo di ciò che mangi, ma del tempo che impieghi a farlo, e della convivialità di cui ti circondi nel durante. Abbiamo visto coppie, amici, famiglie con bambini (tra cui uno che simpaticamente mi spoilera urlando il risultato della partita registrata, con uno strillo tale che mi ricorda immediatamente di rinnovare l’appuntamento con quella vasectomia), tutti perfettamente in sintonia con l’ambiente.


Slow food


Ah, è importante, ma mi sono dilungato talmente tanto parlando di fave (“That’s what she said”) che non ho accennato alla scelta Slow Food. Immediatamente post pandemia sono state adottate diverse pietanze e vini che aderiscono a questa associazione di idee su una ristorazione sostenibile.
Conoscete sicuramente il marchio Slow Food e cosa implica, ma andava sottolineato!


Falco

– Link ai social del locale
La locandiera | Locanda – Canale di Serino (AV) – Tavolo Riservato

La locandiera | Locanda – Canale di Serino (AV) – Tavolo Riservato


Su questo portale troverete solo belle storie, riguardo i pranzi/cene in Irpinia (anche perché quelle poche volte che è andata male il racconto era più nello stile del Blu Notte di Lucarelli) e la giornata di oggi non ha fatto eccezione. Ci siamo ritrovati, dietro gradito invito, a La Locandiera, a Canale di Serino (AV), un luogo quasi magico che spunta per caso, incastonato tra le abitazioni della frazione.

– Chips!


Incastonato


Il locale ti sorprende fin dall’inzio, quando svolti l’angolino e ti ritrovi immerse nel sole queste fronde di edera che svolazzano leggermente, e che avvolgono l’intero arco che poi dà nella piazzetta-chiostro.
Muovi i primi passi e trovi l’accesso alle varie cantine, composte ognuna con un tocco diverso e che fungono da sale per il ristorante.


Ogni sala è letteralmente addobbata. La ricchezza di particolari alle pareti (o che pende dalle pareti, come ad esempio i vari ramoscelli e fronde che pendono dal soffitto e che vanno a formare il giardino capovolto, molto suggestivo) è varia e ricca di colori. La sensazione è che niente sia fuori posto e che ogni stanza abbia così una sua distinta personalità. Ogni fogliolina è stata posata personalmente da Laura Rocco, la proprietaria, ideatrice anche di Canalarte. E’ evidente che evento e locanda si influenzino a vicenda. Nelle sale stesse aleggia anche una musica vagamente fabiesca, medievale, ma che non stona mai nè tantomeno risulta eccessiva, anzi accompagna all’interno del viaggio, come ogni dettaglio che compone la locanda.


I piatti


Ci sediamo al nostro tavolo, in posizione ideale per rimanere al fresco, in un fascio di sole rassicurante e ci viene immediatamente portato in tavola l’antipasto.
Due bruschette ai pomodori, una panzanella di pane, l’antipasto della locandiera e uno sformatino.
Visivamente c’è già di che stupirsi, spiccano i colori brillanti dell’antipasto centrale e della panzanella.

– Panzanella

Quest’ultima è composta da saporite olive nere, quadrotti di pane, menta, sedano e zucchine marinate.
Questi tre elementi col loro sfizioso solleticare il palato rendevano il piatto gradevolmente estivo e spensierato.

– Ogni scrigno una geniale intuizione


Il tagliere invece contiene questi piccoli scrigni panati: Peperoni e verza ripieni (torna il caratteristico ripieno “dolce” provato anche a Caposele), torta rustica, prosciutto (particolarmente dolce e profumato), involtino di melanzana (buonissimo), crocchetta fredda di patate (ottima), formaggio al tartufo (fantastico), una ricottina aromatizzata al forno con note di limone e di miele (forse!) che non sto manco a dirvi quanto era buona e a chiudere la trilogia di portate…uno sformatino soffice estivo.

– Sformatino soffice


Ora, questo sformatino, nonostante la ricchezza degli altri piatti, è stato ciò che per me ha illuminato la giornata, o perlomeno la sezione antipasti. Adagiato su una fonduta di caciocavallo podolico si è rivelato davvero delicatissimo e suadente. L’ho plasmato ricoprendolo della sua stessa fonduta, godendomi ogni vellutato sentore che rilasciava. Fantastico davvero.


I primi


Un raviolo di un verde brillante ci viene portato in tavola. E’ un piccolo gioiello ricoperto di crema ai piselli, con guanciale croccante, tarallo sbriciolato e scaglie di formaggio.
Incredibilmente in teoria in questo piatto ci son ben due elementi che solitamente non apprezzo, cioè la crema di piselli e il tarallo sbriciolato, eppure il piatto è perfettamente bilanciato. La crema non è mai troppo dolce, il tarallo non infastidisce per nulla e la ricotta all’interno è ottima, perfettamente compattata in un raviolino sagacemente al dente.

– Crema di piselli, guanciale, tarallo sbriciolato e scaglie


Il secondo piatto è un abbondante spaghetto alla chitarra al ragù di carne e noci, con prosciutto crudo e olive verdi. Incredibilmente l’accostamento prosciutto crudo & olive è un altro elemento che solitamente tendo a gradire poco (si sottintenda che il mio “gradire poco” significa semplicemente che ci metto 40 secondi più del solito a finire il piatto) e infatti doppio Corvo, mi spazzolo via il piatto e lo lascio completamente intonso, dopo aver scarpettato quel sugo che “non mi piaceva”.
Anche in questo piatto, come nel primo, risalta la pasta molto al dente, particolare che invece gradisco e pure tanto.

– Spaghettone alla chitarra


Il secondo, con spettacolo


Lo chef ci concede 5 minuti di scuola di cucina quando con nostra apprezzata sorpresa ci raggiunge al tavolo per condire il baccalà. Distende una base di crema di zucchine, ci adagia il merluzzo, che ha subito precedentemente una lieve scottatura/gratinatura, pioggia di zucchine alla scapece e filo d’olio finale, a crudo. Tenta anche di darci qualche dettaglio in più ma viene travolto da due musicanti in filarmonica e tamburello che per qualche minuto creano un piacevole caos nella sala (e del resto, in pieno stile locanda!).

– Secondo consigliatissimo!


Questo piatto è accompagnato da delle chips (aka patane cu’ a cauzodda) che formano a mio parere un perfetto fish&chips nostrano. Mi diverto infatti a mescolare i vari sapori ricreando io stesso la composizione dello chef, ma in piccolo, sulle patate usate a mò di nachos.
Naturalmente la parte migliore è constatare come i diversi sapori e consistenze stiano perfettamente insieme, in ogni tipo di combinazione.


Dopo il secondo, terminato il vino, terminata la mela annurca e skippato il caffé, dopo delle pigre e compassate forchettate al dolce (una pastierina e un tiramisù della casa, molto particolari) abbiamo continuato a passeggiare tra le stanze della locanda fino praticamente alle 15.30, godendoci sia il sole di una giornata di grazia, sia il silenzio che veniva concesso alla piazzetta dalla sua posizione privilegiata, incastonata nel ventricolo destro di Canale, di Serino.


Falco

– Link alla pagina FB del locale
Valle Degli Ulivi | Agriturismo – Contursi Terme (SA) – Tavolo Riservato

Valle Degli Ulivi | Agriturismo – Contursi Terme (SA) – Tavolo Riservato


In una giornata di grazia concessaci dal clima di questi giorni ci siamo lanciati verso l’agriturismo e maneggio Valle Degli Ulivi, a Contursi Terme (SA) dove, in una vasta tenuta, si avvicendano attività all’aperto e una cucina genuina e molto tradizionale.

Valle degli ulivi, pasta e fagioli
– Piccola anteprima.


Com’era verde la mia valle


Avvicinandosi a destinazione si cominciano a scorgere ambo i lati della strada, che si fa sempre più piccina e tortuosa, avventurosi rigagnoli, che segnalano la presenza del Sele, e una solida e costante crescita di “verde”. Valle Degli Ulivi è infatti, come suggerisce il nome, immerso e incastonato nella sua vallata protetto da una solida muraglia di ulivi che si avvicendano a una serie di vitigni.
In questo florido spazio troviamo diverse attività alla portata di tutti. Dal maneggio, dove riposano i cavalli Maremmani di Nicola, che se ne occupa da 40 anni, alla piscina, passando per il b&b e soffermandosi, naturalmente, alle cucine dell’agriturismo.

Sorpresi dalla bella giornata a cui accennavo prima decidiamo eccezionalmente di non fracassarci immediatamente a tavola ma di fare un giro di perlustrazione sia dentro che fuori, per scattare qualche foto. Una delle cose che più mi colpiscono è il camino. Assopito docilmente al centro della stanza che fa da anticamera, preceduto da un altro forno, quello per le pizze, sembra costituito da levigati menhir e naturalmente è il perfetto punto d’appoggio per scaldarsi un po’ mentre si osservano e scorgono tutti i particolari della grande stanza.


Nonostante questa attività abbia già raggiunto i due decenni di lavoro tutta la struttura sembra restaurata di fresco, nel rispetto dell’opera originale. Apprezziamo molto il tetto in legno, le pareti in roccia e muratura e tutta una serie di dettagli “d’antiquariato” come una bilancia che a occhio sembrava complicatissima da usare e un parco amari purtroppo solo d’esposizione.
Amaro alla crema d’ananas fatto a Nola nel 1976? Come potrei non volerlo assaggiare?

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Il menu del giorno


La formula adottata da Valle Degli Ulivi questa domenica è quella del menu del giorno. Questo ci toglie dall’incombenza di ogni macchinazione possibile su cosa scegliere/ordinare e ci lascia nelle mani delle cucine, benissimo così.

Per cominciare un antipasto misto tra caldi e freddi. Tra i freddi & i cool, come me, troviamo un assaggio di salumi locali (ottimo il prosciutto che si fa subito notare nel suo essere tagliato spesso e per la sua dolcezza) e di formaggio fatto direttamente in azienda (Valle Degli Ulivi è intuitivamente anche azienda agricola). Seguono poi due parmigianine (rosse) e delle zucchine all’aceto.

Valle degli ulivi, menesta
menesta mmaretata

Chiude l’antipasto il vino della casa, naturalmente, e la menesta mmaretata.
La menesta è un piatto tradizionale della cucina napoletana, formato da foglie (cicoria, scarola, verza e volendo anche borragine) e carne di maiale. E’ un piatto tipicamente pasquale e contadino, con una lunga storia alle spalle. Molto saporita, alterna al rinfrancante sapore di minestra di verdure (all’antica ovviamente, con tutte le foglie ben distinte) la sapidità della carne di maiale (principalmente si usano parti della fronte e simili)


Bis di primi


I primi ad arrivare sono i ravioli. Ultimamente penso che abbiamo beccato almeno 10 primi consecutivi a base di ravioli, letteralmente nelle ultime 10 uscite, ma questi si fanno notare per una pasta spessa il giusto (che si sente al morso) al dente (come piace a me) e con un compatto ripieno di ricotta e formaggio. La forma leggermente minuta aiuta a finire il piatto rapidamente, molto apprezzati.

Ravioli
– Notare il raviolo tutt’altro che moscio, che si tiene su da sè


Subito dopo un piatto in apparenza semplice ma che va a colpo sicuro: una pasta e fagioli.
Curiosamente la pasta scelta per accompagnare i legumi è un’orecchietta fatta in casa.
Specifichiamo subito che, come nel caso del raviolo, la pasta fatta in casa è ottima. Si sente subito e spicca per la sua resistenza anche al morso. Nonostante l’abbinamento curioso l’orecchietta si rivela un sicuro giaciglio per il fagiolo e un po’ di forte rifinisce il tutto. Ottimo anche l’olio paesano (anche questo fatto in casa) che rifinisce il piatto.

Valle degli ulivi, orecchiette
– Guardate come sbrilluccica!


E’ fondamentale a questo punto aprire una parentesi sulla genuinità di questo menu.
Una cucina spiccatamente casalinga, e fin qui ci siamo, che non ha bisogno di brillare per originalità poiché ha la forza della materia prima. Paradossalmente all’inizio non abbiamo avuto modo di comunicare con nessuno e quindi non sapevamo con precisione quale fosse la particolarità di ogni piatto, ci siamo dunque affidati alle nostre sensazioni e costantemente, in questa e quella portata, il gusto naturale e definito del determinato ingrediente finiva sempre per spiccare o saltar fuori da sé. Vuoi la pasta al dente, vuoi il prosciutto dolce, vuoi la minestra perfettamente bilanciata tra carne e foglie, vuoi il fagiolo carnoso e cremoso, ad ogni cucchiaiata si alzava la testa del piatto per annuire e chiederci retoricamente “Oh, ma sto fagiolo?”, sostituendo di volta in volta il protagonista del piatto e della frase, con mantenuta e costante sorpresa.


Secondo, dolce e frutta, o viceversa


I secondi sono entrambi di carne, anche in questo caso un piatto molto semplice (pollo, taglio di vitello e patate) però ottimo. Il taglio di vitello è profumato, immagino che il metodo di cottura abbia “marinato” la sua stessa carne, mentre il pollo è ben farcito di erbe aromatiche e con precisa personalità.
Mi si permetta una parentesi anche sulle patate: delle pepite.

Ottime, lucide, con una fine corazza croccante che rivela un cuore morbido e una cottura perfetta, complimenti.

Proseguendo, frutta.
Stesso discorso.
Materia prima? Ottima.
Non ho assaggiato la mela ma il mandarino rivelava un interno rosa cipria che lo faceva rassomigliare ad un confetto e si sarebbe rivelato un’ottima bomboniera, nel caso.
Anche il kiwi, succoso, polposo…era inevitabile dare un morso a qualcosa random e dire in modo solenne “Eh ma si vede che questo lo fanno loro”, perchè era evidente.

Come dolce una zuppetta in due. Buona la crema, di un dolce che non stufa e piacevole la “sfoglia”, ancora una volta equilibrata.
L’amaro (limoncello fatto in casa) lo prendiamo chiacchierando con i proprietari, che avviciniamo in un momento di pausa dalle cucine, approfittandone per fare più domande che in un accertamento della Finanza, difatti poco dopo, a pasto finito, veniamo invitati ad “andare a vedere i cavalli”.


Ti intendi di ippica?


Chi avrebbe resistito dal fare un giretto a pancia piena, coccolati dalle fronde degli alberi e da un sole piacione ? Nessuno, soprattutto se intorno a voi, a metà tra una fortunata versione del Bosco Piccolo e dei Musicanti di Brema scorazzano liberi e felici una moltitudine di creature. Gatti, gattini, polli panciuti, cani di 5-6 razze di diverse che coesistono nella pace dei sensi. Una cornice bucolica e paradisiaca. Ci viene da invidiare quei polli che ciarlano tra le radici a vista degli ulivi, o che si nascondono nei cespugli di borragine.

E’ in questo spiazzo che ci raggiunge Nicola, intento a sellare alcuni cavalli per portare in giro qualche bambino ospite della struttura. Ci racconta della sua passione e delle piacevoli passeggiate lungo il fiume, in quello che si prospetta essere il periodo ideale dell’anno (sentito? Affrettatevi.), ci rende edotti sui cavalli, splendidi animali con cui non ho molto feeling e naturalmente, al momento dei saluti, ci invita a tornare, cosa che speriamo di fare presto.

Valle degli ulivi, maneggio
– Allungando bustarelle al campione in cambio di una dritta sulla prossima corsa


Postilla: Contaminato dalla serenità di questa oasi felice, sulla strada del ritorno, infatuatomi di alcune bianche orchidee selvatiche, mi accosto su una piazzola per coglierne alcune. Never again.
Una muta di cani incazzati come chi in fila alle poste vede arrivare quelli con la prenotazione online salta fuori da un’aia e comincia a bofonchiarmi epiteti intimidatori ai quali con professionalità e coscienza reagisco indietreggiando con rimessa rassegnazione, come si fa a quei posti di blocco che poi finiscono male e che senti in sottofondo a Un giorno in pretura. Ciò non basta. In modo canzonatorio, e aggiungerei anche vagamente sessista, uno dei cani (che tra l’altro ricordava un maestoso Bovaro del Bernese) mi pizzica con un morso il fondoschiena, invitandomi celermente a ritornarmene nella mia cittadina in quello che può essere anche visto come un’osservazione critica al nostro lavoro, ben più pungente, letteralmente, di qualche acido commento sul web.

Falco

Locale
– Link alla pagina FB dell’agriturismo


L’arte della pizza | Da Salvatore – Mercato San Severino (SA) – Tavolo Riservato

L’arte della pizza | Da Salvatore – Mercato San Severino (SA) – Tavolo Riservato


Oggi cuore e pancia ci portano in un locale storico e familiare di Mercato San Severino: L’arte della pizza (Da Salvatore), dove Salvatore, capofamiglia e capopizzaiolo, conduce con grande seguito di amici e clienti la sua attività da 25 anni.

– SPOILER!


L’arte di un vasto menu


Il tutto comincia molto prima di 25 anni fa quando il nonno di Salvatore maneggiava già con cura l’arte della panificazione nel suo mestiere da fornaio. L’esperienza diretta accanto al nonno e varie esperienze in vari settori della ristorazione (in varie parti d’Italia) formano la figura che oggi ci troviamo davanti e che ci accoglie in un piovoso giovedì sera.

Prendiamo posto guardandoci intorno, il locale rinnovato da poco ha una sala interna moderna, tassellata in legno, molto bene illuminata, con clientela varia (dalla famigliola al gruppo di amici) mentre all’entrata, dove troviamo il forno (rifinito con delle belle ceramiche bianche e blu) c’è un simpatico effetto rétro.

Sulla sinistra infatti, campeggia il vastissimo menu del locale, di fronte a noi c’è Salvatore che si dimena tra panetti e infornate e tutto intorno il legno crea un nostalgico effetto “condominio anni 70′” che funge da rassicurante introduzione all’esperienza culinaria. Insomma, il locale rispecchia il suo gestore e le sue idee.


Le specialità


Ci affidiamo ai guizzi di Salvatore e la prima pizza che arriva in tavola è una delle specialità della casa, la Vien’ Mo con mozzarella di bufala (che si fanno mandare da un caseificio amico), melanzane a fette (che arrivano dall’orto di papà), salame piccante (che spesso e volentieri è delle macellerie locali), macchiata di pomodoro, parmigiano e origano.

– Il fascino rustico della Vien’ Mo

Le parti sfiziose della pizza secondo me sono fondamentalmente due: il salame e l’origano.
Dico questo perché in qualche modo si ha l’idea di mangiare una rustica focaccia casalinga e abbiamo questa piacevole alternanza al palato di pomodoro / mozzarella / salame / origano, che quasi in realtà non ti aspetti, ma che convince.

– Si noti la pancetta arricciata

Subito dopo, seconda specialità, A’ pizz do’ monac, con mozzarella, pomodorino giallo, pancetta (locale), caciocavallo del monaco in uscita e tarallo sbriciolato.
Questa pizza è naturalmente ben più sapida e sfiziosa della precedente.
Molto dolce e caramellato il pomodorino, che contrasta in una piccola esplosione la striscia carnosa di pancetta e che si lega molto bene al tarallino.
Io non sono un fan del tarallo sbriciolato poiché solitamente il sapore è abbastanza forte e la consistenza resistente mi infastidisce e distrae, in questo caso però la sua presenza è accennata. Non è invadente, si sgretola facilmente e si amalgama alla pizza senza spiccare con prepotenza. Buon per me.


L’idea di pizza di Salvatore


Dalle immagini avrete potuto notare facilmente, se avete l’occhio allenato da mangioni professionisti, che questa pizza si discosta in modo abbastanza netto dalle pizze di oggi. In teoria sarebbe il contrario, perché sono le pizze odierne che si sono allontanate un po’ dalla retta via, secondo Salvatore.

Lui ha scelto un impasto e una cottura classica, familiare, da forno, come insegnava il nonno.
Abbiamo un impasto poco elastico, che tiene in cottura e che tende (solo in linea generale) al biscottato (ma la pizza è morbidissima, occhio), con una cottura più lenta, meno violenta, a una temperatura più bassa. Con l’aggiunta di una lievitazione dai tempi naturali la pizza risulta dunque ben lontana dal moderno-canotto-gourmet, ma è comunque perfettamente digeribile (dopo la 2° avrei potuto fare le capriole).

Altro fattore da riportare: il prezzo. E’ piacevole dopo tanto tempo osservare il menu e ritrovare prezzi umani, che vanno dal 5 al 6 €, e che permettono di alzarsi da tavola senza abbracciarsi il conto e piangere.

– PANUOZZO.

Per variare, altra specialità, stavolta stagionale e che siamo fortunati a beccare nella sua ultima settimana di programmazione: il panuozzo con mallone e salsiccia.

Poco da dire, saporito, soddisfacente, ancora una volta profumato di casa, rustico ma mai grezzo (si può definire un panino “grezzo” ?), croccante ma non troppo, fine ma non troppo…un gran panuozzo, ragazzi.


Dessert, amari e chiacchiere


Al solito sul finale, mentre picconiamo due fettone di torta (fatta in casa) ci fermiamo a scambiare due chiacchiere con Salvatore, che tra una parentesi e l’altra, a mezzanotte, ancora si alza e torna in cucina per sfornare pizze d’asporto e panuozzi per Nocera e Polla (!), con qualche polletto ogni tanto (perché a Mercato San Severino è d’obbligo, dopo l’exploit del 2008).



Nella lunga lista di cose da scegliere figurano anche pasta e secondi (“Noi fungiamo anche da osteria”), il che solitamente mi fa storcere il naso, preferisco quando un locale perfeziona un solo elemento, invece di dedicarsi a un intero menu, ma sagacemente Salvatore mi tira fuori un pacchero di Gragnano trafilato in bronzo con una vela di pancetta e pistacchio verso il quale alzo le mani con riverenza.
Non vi allego la foto, perché non ho provato e non posso giudicare, ma vi invito a visionare il piatto sui profili social della pizzeria (che al solito trovate di sotto).

– Io modello bradipo, e Salvatore


Ci salutiamo con un abbraccio e una foto di rito, è stato molto piacevole avere un riscontro fuori dal coro su una delle attività più chiacchierate dei nostri dintorni, l’arte della pizza, appunto, che come si specifica in modo inequivocabile in questo caso è…DA SALVATORE.


Falco

– Link alla pagina FB del locale